giovedì 31 ottobre 2013

Ambiente. Ordinanza . Annullamento.

Ambiente. Ordinanza . Annullamento.

Uno degli strumenti messi a disposizione per la bonifica e il ripristino di siti contaminati è quello dell'ordinanza da emanare ai sensi dell'art. 244 del d.lgs 152/06, la quale è stata appunto impiegata dalla amministrazione intimata .
L'asse portante del sistema normativo degli interventi in questione è costituito dal principio di matrice comunitaria " chi inquina paga", richiamato dalla norma che apre il titolo dedicato alla bonifica dei siti contaminati nel contesto del cd codice dell'ambiente.
Il principio chi inquina paga deve essere posto a base , in particolare, di interventi come quello divisato dall'amministrazione provinciale perché non può ammettersi un sistema sanzionatorio o anche di tipo preventivo il quale si apra ad ipotesi di responsabilità oggettiva o per fatto altrui.
È questo il senso della norma in forza della quale la provincia può emanare l'ordinanza ex art. 244 d.lgs 152/06 " dopo aver svolto opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell'evento di superamento ".
Il potere di ordinanza affidato all'ente provinciale poggia dunque sulla compiuta verifica delle responsabilità relative alla contaminazione di un sito, in linea con un sistema che annovera tra le sue funzioni anche quella sanzionatoria.
Esso non può dirigersi verso il proprietario incolpevole del sito perché ciò vuol dire aprire uno spiraglio ad un regime di autentica responsabilità oggettiva.
È dunque necessario che il proprietario del sito sia chiamato in causa solo quando emergono profili quantomeno di compartecipazione colposa alla condotta inquinante .
Nella specie è invece accaduto che l'ordine di attuare misure di prevenzione e di varare un piano di caratterizzazione è stato notificato al ricorrente " in qualità di soggetto titolare dell'area , in passato destinata ad attività estrattiva, all'interno della quale sono stati smaltiti , senza la prevista autorizzazione , rifiuti speciali e che, in relazione a quanto riportato in narrativa, che qui si intende interamente riportato, " hanno determinato una condizione di potenziale stato di inquinamento dell'area con particolare riferimento alle acque di falda"
Ma il riferimento alla titolarità passata di una attività estrattiva , sul quale l'amministrazione provinciale mostra di fare assegnamento per individuare la possibile fonte di corresponsabilità, non è assolutamente sufficiente .
Non si tiene conto, infatti, di alcune importanti circostanze che sono emerse nel corso della attività istruttoria : a) l'attività estrattiva mettente capo alla s.r.l. è stata dismessa da circa un decennio; la tipologia di rifiuto rinvenuta nel sito appare riconducibile ad altro genere di attività produttiva; c) i carabinieri , nel rapporto che ha dato origine alla attività amministrativa controversa , hanno evidenziato che i rifiuti sono stati rinvenuti lungo una scarpata posta al confine con un impianto di produzione di conglomerato bituminoso; d) l'inquinamento della sottostante falda acquifera appare, a sua volta, riconducibile, in relazione alla localizzazione del sito contaminato, a rifiuti ben diversi da quelli provenienti da una attività imputabile alla s.r.l.
Si può perciò ritenere che la s.r.l. sia stata chiamata in causa effettivamente a titolo di responsabilità solidale ma oggettiva e, cioè poggiante esclusivamente sulla qualità di ente proprietario del sito contaminato.
Ciò è però contrario ai principi e alle regole che , come si è cercato di spiegare, caratterizzano l'esercizio della potestà di ordinanza ex art. 244 del codice ambiente. Ne deriva che la stessa ordinanza impugnata è illegittima e va annullata. T.A.R. Puglia Lecce, sez. I 02/11/2011 n. 1901.

In base al disposto degli art. 242 e 244, d.lg. 3 aprile 2006 n. 152, l'obbligo di bonifica di un sito è posto in capo al responsabile dell'inquinamento, che le Autorità amministrative hanno l'onere di ricercare e di individuare, mentre il proprietario non responsabile dell'inquinamento o altri soggetti interessati hanno una mera “facoltà” di effettuare interventi di bonifica. Il nesso di causalità tra la condotta del responsabile e la contaminazione riscontrata deve essere accertato applicando la regola probatoria del "più probabile che non": pertanto, il suo positivo riscontro può basarsi anche su elementi indiziari, quali la tipica riconducibilità dell'inquinamento rilevato all'attività industriale condotta sul fondo. T.A.R. Abruzzo Pescara, sez. I, 13/05/2011, n. 318.

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