lunedì 28 ottobre 2013

Ambiente. Legittimazione ad agire delle associazioni.

Ambiente. Legittimazione ad agire delle associazioni.

Nella fattispecie sono stati impugnati gli atti relativi all'approvazione del progetto definitivo della Centrale per la produzione di energia elettrica mediante gassificazione ad alta temperatura del CDR, sita nel Comune di Albano Laziale, località Cecchina, adottati dal Commissario Delegato per l'Emergenza Ambientale nella Regione Lazio, unitamente agli atti presupposti e conseguenziali (in particolare, il decreto commissariale in data 24.6.2008, recante "Stato di attuazione delle azioni volte al superamento della fase emergenziale dichiarata con d.P.C.M. del 19.2.1999, e successive modificazioni" e l'ordinanza del Presidente della Regione Lazio, in data 22 ottobre 2008, che ha autorizzato, in via provvisoria, l'avvio dei lavori relativi alla realizzazione della centrale).
Il ricorso risulta infatti promosso anche da due associazioni dichiaratamente costituite, in ambito locale, al fine di contrastare la realizzazione dell'impianto di cui si controverte.
La l. 8 luglio 1986, n. 349 ha attribuito la legittimazione ad agire in giudizio "per l'annullamento di atti illegittimi", (art. 18, comma 5) - e quindi avverso qualunque provvedimento che leda in modo diretto e immediato l'interesse ambientale - alle "associazioni individuate in base all'art. 13 della presente legge".
Si tratta delle associazioni di protezione ambientale nazionali, formalmente riconosciute (e non delle loro strutture o articolazioni territoriali - cfr., ex multis, Cons. St., sez. VI, 9 marzo 2010, n. 1403).
Tale assetto normativo è sostanzialmente rimasto immutato anche dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 152 del 2006, che rinvia alle norme ora citate negli artt. 309, comma 2, e 318, comma 2, lett. a).
La giurisprudenza è tuttavia concorde nel ritenere che la legittimazione ad agire può spettare anche ad associazioni di protezione ambientale diverse da quelle riconosciute formalmente con decreto ministeriale, purché effettivamente rappresentative dell'interesse pregiudicato dall'atto impugnato.
Il ricorso è cioè proponibile anche da associazioni prive di riconoscimento che perseguano statutariamente e non in maniera occasionale obiettivi di tutela ambientale, abbiano un elevato grado di stabilità e rappresentatività nonché un'area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene che si assume leso.
Il mero scopo associativo non è quindi sufficiente a personificare un interesse diffuso o adespota, facente capo alla popolazione nel suo complesso, quando tale scopo si risolva, senza mediazione alcuna di altre finalità, nell'utilizzazione di tutti i mezzi leciti per non consentire la realizzazione di un determinato progetto e, quindi, in definitiva, nella stessa finalità di proporre l'azione giurisdizionale.
È stato chiarito, ad esempio, che forme associative temporanee, volte alla protezione degli interessi dei soggetti che ne sono parte, non hanno legittimazione a ricorrere avverso atti di localizzazione di impianti ritenuti pregiudizievoli, essendo prive, oltre che del riconoscimento ministeriale di cui all'art. 13, l. n. 349 del 1986, del carattere di ente esponenziale in via stabile e continuativa di interessi diffusi radicati nel territorio.
La giurisprudenza amministrativa è parimenti unanime nel ritenere che la legittimazione al giudizio deve essere rigorosamente dimostrata dalla parte ricorrente per consentire al giudice di accertare, in via assolutamente preliminare, se sussistono tutte le condizioni sostanziali e processuali, necessarie per avviare il giudizio (Cons. St., sez. IV, 16 febbraio 2010, n. 885).
Nel caso di specie, se può convenirsi circa il collegamento tra le associazioni ricorrenti e il territorio nel quale è localizzato l'impianto di termovalorizzazione, non vi è tuttavia evidenza alcuna circa un loro preesistente radicamento nel medesimo territorio, nonché circa la sussistenza di un adeguato grado di rappresentatività e stabilità.
Esse, pertanto, in quanto prive del carattere di ente "esponenziale", quale sopra delineato, sono conseguentemente carenti di legittimazione ad agire e debbono essere estromesse dal presente giudizio.
Non vi è invece motivo di dubitare, a parere del Collegio, della legittimazione a ricorrere delle persone fisiche che dichiarano e documentano di essere residenti nel Comune di Albano.
Al riguardo, sia la Regione Lazio che il Consorzio controinteressato hanno invocato il criterio della c.d. "vicinitas", ed in particolare la giurisprudenza secondo cui la mera vicinanza di un'abitazione ad un impianto di discarica, ovvero di trattamento e smaltimento di rifiuti, non legittima sic et simpliciter il proprietario frontista ad insorgere avverso il provvedimento di approvazione dell'opera, essendo al riguardo necessario la prova del danno che da questo egli riceve nella sua sfera giuridica, o per il fatto che la localizzazione dell'impianto riduce il valore economico del fondo situato nelle sue vicinanze, o perché prescrizioni dettate dall'autorità competente in ordine alle modalità di gestione dell'impianto sono inidonee a salvaguardare la salute di chi vive nelle sue vicinanze; da ciò conseguendo che il mero collegamento di un fondo con il territorio sul quale è localizzato l'impianto non è da solo sufficiente a legittimare il proprietario a provocare "uti singulus" il sindacato di legittimità su qualsiasi provvedimento amministrativo preordinato alla tutela di interessi generali che nel territorio trovano la loro esplicazione (per tali considerazioni, cfr., in particolare, Cons. St., sez. V, 14 giugno 2007, n. 3192).
Laddove, inoltre, entri in gioco la tutela di interessi di carattere particolarmente sensibile (quali i diritti fondamentali), il giudizio deve essere orientato, nelle ipotesi dubbie, nel senso di estendere e non di limitare la legittimazione a ricorrere (così ancora, il TAR Lecce, sez. II, 29 dicembre 2008, n. 3758).
La legittimazione ad agire può spettare anche ad associazioni di protezione ambientale diverse da quelle riconosciute formalmente con decreto ministeriale, purché effettivamente rappresentative dell'interesse pregiudicato dall'atto impugnato. Il ricorso è cioè proponibile anche da associazioni prive di riconoscimento che perseguano statutariamente e non in maniera occasionale obiettivi di tutela ambientale, abbiano un elevato grado di stabilità e rappresentatività nonché un'area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene che si assume leso.

Il mero scopo associativo non è quindi sufficiente e personificare un interesse diffuso o adespota, facente capo alla popolazione nel suo complesso, quando tale scopo si risolva, senza mediazione alcuna di altre finalità, nell'utilizzazione di tutti i mezzi leciti per non consentire la realizzazione di un determinato progetto e, quindi, in definitiva, nella stessa finalità di proporre l'azione giurisdizionale Nel caso di specie, pur sussistendo un collegamento tra le associazioni ricorrenti e il territorio in cui era localizzato l'impianto di termovalorizzatore, tuttavia non vi era evidenza alcuna circa un loro preesistente radicamento nel medesimo territorio, nonché circa la sussistenza di un adeguato grado di rappresentatività e stabilità. T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 13/12/2010, n. 36088.

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