Ambiente. Legittimazione ad agire
delle associazioni.
Nella
fattispecie sono stati impugnati gli atti relativi all'approvazione del
progetto definitivo della Centrale per la produzione di energia elettrica
mediante gassificazione ad alta temperatura del CDR, sita nel Comune di Albano
Laziale, località Cecchina, adottati dal Commissario Delegato per l'Emergenza
Ambientale nella Regione Lazio, unitamente agli atti presupposti e
conseguenziali (in particolare, il decreto commissariale in data 24.6.2008,
recante "Stato di attuazione delle azioni volte al superamento della fase
emergenziale dichiarata con d.P.C.M. del 19.2.1999, e successive
modificazioni" e l'ordinanza del Presidente della Regione Lazio, in data
22 ottobre 2008, che ha autorizzato, in via provvisoria, l'avvio dei lavori
relativi alla realizzazione della centrale).
Il
ricorso risulta infatti promosso anche da due associazioni dichiaratamente
costituite, in ambito locale, al fine di contrastare la realizzazione
dell'impianto di cui si controverte.
La
l. 8 luglio 1986, n. 349 ha attribuito la legittimazione ad agire in giudizio
"per l'annullamento di atti illegittimi", (art. 18, comma 5) - e
quindi avverso qualunque provvedimento che leda in modo diretto e immediato
l'interesse ambientale - alle "associazioni individuate in base all'art.
13 della presente legge".
Si
tratta delle associazioni di protezione ambientale nazionali, formalmente
riconosciute (e non delle loro strutture o articolazioni territoriali - cfr.,
ex multis, Cons. St., sez. VI, 9 marzo 2010, n. 1403).
Tale
assetto normativo è sostanzialmente rimasto immutato anche dopo l'entrata in
vigore del d.lgs. n. 152 del 2006, che rinvia alle norme ora citate negli artt.
309, comma 2, e 318, comma 2, lett. a).
La
giurisprudenza è tuttavia concorde nel ritenere che la legittimazione ad agire
può spettare anche ad associazioni di protezione ambientale diverse da quelle
riconosciute formalmente con decreto ministeriale, purché effettivamente
rappresentative dell'interesse pregiudicato dall'atto impugnato.
Il
ricorso è cioè proponibile anche da associazioni prive di riconoscimento che
perseguano statutariamente e non in maniera occasionale obiettivi di tutela
ambientale, abbiano un elevato grado di stabilità e rappresentatività nonché
un'area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene che si
assume leso.
Il
mero scopo associativo non è quindi sufficiente a personificare un interesse
diffuso o adespota, facente capo alla popolazione nel suo complesso, quando
tale scopo si risolva, senza mediazione alcuna di altre finalità,
nell'utilizzazione di tutti i mezzi leciti per non consentire la realizzazione
di un determinato progetto e, quindi, in definitiva, nella stessa finalità di
proporre l'azione giurisdizionale.
È
stato chiarito, ad esempio, che forme associative temporanee, volte alla
protezione degli interessi dei soggetti che ne sono parte, non hanno
legittimazione a ricorrere avverso atti di localizzazione di impianti ritenuti
pregiudizievoli, essendo prive, oltre che del riconoscimento ministeriale di
cui all'art. 13, l. n. 349 del 1986, del carattere di ente esponenziale in via
stabile e continuativa di interessi diffusi radicati nel territorio.
La
giurisprudenza amministrativa è parimenti unanime nel ritenere che la
legittimazione al giudizio deve essere rigorosamente dimostrata dalla parte
ricorrente per consentire al giudice di accertare, in via assolutamente
preliminare, se sussistono tutte le condizioni sostanziali e processuali,
necessarie per avviare il giudizio (Cons. St., sez. IV, 16 febbraio 2010, n.
885).
Nel
caso di specie, se può convenirsi circa il collegamento tra le associazioni
ricorrenti e il territorio nel quale è localizzato l'impianto di
termovalorizzazione, non vi è tuttavia evidenza alcuna circa un loro
preesistente radicamento nel medesimo territorio, nonché circa la sussistenza
di un adeguato grado di rappresentatività e stabilità.
Esse,
pertanto, in quanto prive del carattere di ente "esponenziale", quale
sopra delineato, sono conseguentemente carenti di legittimazione ad agire e
debbono essere estromesse dal presente giudizio.
Non
vi è invece motivo di dubitare, a parere del Collegio, della legittimazione a
ricorrere delle persone fisiche che dichiarano e documentano di essere
residenti nel Comune di Albano.
Al
riguardo, sia la Regione Lazio che il Consorzio controinteressato hanno
invocato il criterio della c.d. "vicinitas", ed in particolare la
giurisprudenza secondo cui la mera vicinanza di un'abitazione ad un impianto di
discarica, ovvero di trattamento e smaltimento di rifiuti, non legittima sic et
simpliciter il proprietario frontista ad insorgere avverso il provvedimento di
approvazione dell'opera, essendo al riguardo necessario la prova del danno che
da questo egli riceve nella sua sfera giuridica, o per il fatto che la
localizzazione dell'impianto riduce il valore economico del fondo situato nelle
sue vicinanze, o perché prescrizioni dettate dall'autorità competente in ordine
alle modalità di gestione dell'impianto sono inidonee a salvaguardare la salute
di chi vive nelle sue vicinanze; da ciò conseguendo che il mero collegamento di
un fondo con il territorio sul quale è localizzato l'impianto non è da solo
sufficiente a legittimare il proprietario a provocare "uti singulus"
il sindacato di legittimità su qualsiasi provvedimento amministrativo
preordinato alla tutela di interessi generali che nel territorio trovano la
loro esplicazione (per tali considerazioni, cfr., in particolare, Cons. St.,
sez. V, 14 giugno 2007, n. 3192).
Laddove,
inoltre, entri in gioco la tutela di interessi di carattere particolarmente
sensibile (quali i diritti fondamentali), il giudizio deve essere orientato,
nelle ipotesi dubbie, nel senso di estendere e non di limitare la
legittimazione a ricorrere (così ancora, il TAR Lecce, sez. II, 29 dicembre
2008, n. 3758).
La
legittimazione ad agire può spettare anche ad associazioni di protezione
ambientale diverse da quelle riconosciute formalmente con decreto ministeriale,
purché effettivamente rappresentative dell'interesse pregiudicato dall'atto
impugnato. Il ricorso è cioè proponibile anche da associazioni prive di
riconoscimento che perseguano statutariamente e non in maniera occasionale
obiettivi di tutela ambientale, abbiano un elevato grado di stabilità e rappresentatività
nonché un'area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene
che si assume leso.
Il
mero scopo associativo non è quindi sufficiente e personificare un interesse
diffuso o adespota, facente capo alla popolazione nel suo complesso, quando
tale scopo si risolva, senza mediazione alcuna di altre finalità,
nell'utilizzazione di tutti i mezzi leciti per non consentire la realizzazione
di un determinato progetto e, quindi, in definitiva, nella stessa finalità di
proporre l'azione giurisdizionale Nel caso di specie, pur sussistendo un
collegamento tra le associazioni ricorrenti e il territorio in cui era
localizzato l'impianto di termovalorizzatore, tuttavia non vi era evidenza
alcuna circa un loro preesistente radicamento nel medesimo territorio, nonché
circa la sussistenza di un adeguato grado di rappresentatività e stabilità.
T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 13/12/2010, n. 36088.
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