Ambiente. Disastro ambientale. Rinuncia ad essere parte civile
nel processo penale. Responsabilità contabile.
La Cassazione ha ribaltato la sentenza della Corte d'Appello di Venezia. Secondo quanto si è appreso sarebbe prevalsa la linea dura per cui sarebbe stata riconosciuta la responsabilità penale (ma i reati tuttavia nel frattempo si sono prescritti) sia dei direttori di centrale sia degli amministratori delegati di Enel. La diffusione di polveri nell'atmosfera rientra nella nozione di "versamento di cose" ai sensi della prima ipotesi dell'art. 674 cod. pen. e non in quella di "emissione di fumo" contemplata dalla seconda ipotesi, in quanto mentre il fumo è sempre prodotto della combustione, la polvere è prodotto di frantumazione e non di combustione. (Cass. Sez. 3^, sentenza n.16286 del 2009, Del Balzo). Tale principio opera a fortiori per il getto del particolato, della cui natura di "cosa" non può certo dubitarsi. Ciò significa che sia per il getto del particolato sia per l'emissione delle polveri che ricadevano sul terreno trova applicazione la prima parte dell'ipotesi prevista dall'art.674 c.p. e non debbono essere presi in esame ai fini della responsabilità gli ulteriori requisiti fissati dalla seconda parte del medesimo articolo. Fattispecie: getto di particolato con conseguenze dannose con riferimento alle autovetture, alle colture, ai materiali plastici.
La proposta di transazione di Enel rivolta alla giunta di Porto Tolle prevede la corresponsione di 130 mila euro in cambio di rinunciare ad essere parte civile nel processo penale per disastro ambientale che vede coinvolti i tecnici e i vertici del colosso energetico e rinunciare ad ulteriori procedimenti contro l’azienda.
Il mantenimento delle emissioni entro i limiti consentiti non è di per sé sufficiente ad escludere l'esistenza della contravvenzione contestata ex art. 674 c.p., potendo assumere rilevanza l'omessa adozione delle misure tecniche in grado di impedire il verificarsi di molestie alle persone (Cass. sentenza n.15734 del 2009, Bua). Sicché, anche in presenza di emissioni autorizzate e contenute nei limiti "residuano doveri di attenzione e di intervento del gestore dell'impianto industriale, il quale, in presenza di ricadute ulteriori e diverse dalle emissioni sull'ambiente e sulle persone, è chiamato ad adottare quegli accorgimenti tecnici ragionevolmente utilizzabili per un loro ulteriore abbattimento” (Cass. sentenza n.41582 del 2007, Saetti e altri). Pertanto, per le ricadute oleose sussiste la violazione dell'art.674 c.p. indipendentemente dal superamento delle soglie di emissione in atmosfera, posto che l'oggetto dell'art.674 c.p. (e cioè la tutela di cose e persone da molestie e imbrattamento) differisce da quello previsto dal d.P.R. n.203/88 (tutela dell'atmosfera e dell'ambiente). Inoltre, la frequenza delle emissioni anomale, la presenza di odori acri e di forti rumori comportino nel loro insieme quel turbamento della tranquillità e quelle molestie superiori alla normale tranquillità che la giurisprudenza considera sufficiente ad integrare la contravvenzione.CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 27/04/2011 (Ud. 11/01/2011) Sentenza n. 16422.
L'esatta quantificazione dei danni spetterà, ora, alla Corte d'Appello civile di Venezia. I reati imputati alla società erano di emissioni moleste, danneggiamento all'ambiente, al patrimonio pubblico e privato e la violazione della normativa in materia di inquinamento atmosferico.La proposta di transazione di Enel rivolta alla giunta di Porto Tolle prevede la corresponsione di 130 mila euro in cambio di rinunciare ad essere parte civile nel processo penale per disastro ambientale che vede coinvolti i tecnici e i vertici del colosso energetico e rinunciare ad ulteriori procedimenti contro l’azienda.
Sorge il problema se la Corte dei Conti dovrebbe esser
notiziata della rinuncia delle amministrazioni locali ad essere parte civile nel
processo penale di Disastro ambientale
Tale conclusione è evidente dopo che l’articolo 313, D.L.vo 152/2006, è stato
modificato dall’art. 25, comma 1, lettera i), della Legge 6 agosto 2013, n. 97.
La norma
dispone che qualora all'esito dell'istruttoria sia stato accertato un fatto che
abbia causato danno ambientale ed il responsabile non abbia attivato le
procedure di ripristino ai sensi del titolo V della parte quarta del presente
decreto oppure ai sensi degli articoli 304 e seguenti, il Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio, con ordinanza immediatamente esecutiva, ingiunge
a coloro che, in base al suddetto accertamento, siano risultati responsabili
del fatto il ripristino ambientale a titolo di risarcimento in forma specifica
entro un termine fissato.
Qualora il
responsabile del fatto che ha provocato danno ambientale non provveda in tutto
o in parte al ripristino nel termine ingiunto o all'adozione delle misure di
riparazione nei termini e modalità prescritti, il Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare determina i costi delle attività
necessarie a conseguire la completa attuazione delle misure anzidette e, al
fine di procedere alla realizzazione delle stesse, con ordinanza ingiunge il
pagamento, entro il termine di sessanta giorni dalla notifica, delle somme
corrispondenti.
Con riguardo
al risarcimento del danno in forma specifica, l'ordinanza è emessa nei
confronti del responsabile del fatto dannoso nonché, in solido, del soggetto
nel cui effettivo interesse il comportamento fonte del danno è stato tenuto o
che ne abbia obiettivamente tratto vantaggio sottraendosi, secondo
l'accertamento istruttorio intervenuto, all'onere economico necessario per
apprestare, in via preventiva, le opere, le attrezzature, le cautele e tenere i
comportamenti previsti come obbligatori dalle norme applicabili. L’ordinanza è
adottata nel termine perentorio di centottanta giorni decorrenti dalla
comunicazione ai soggetti di cui al comma 3 dell'avvio dell'istruttoria.
Nessun commento:
Posta un commento