mercoledì 30 ottobre 2013

Ambiente. Disastro ambientale. Misure cautelari personali. Applicabilità.

Ambiente. Disastro ambientale. Misure cautelari personali. Applicabilità.

In tema di misure cautelari personali, ai fini della valutazione del pericolo che l'imputato commetta ulteriori reati della stessa specie, il requisito della "concretezza", cui si richiama l'art. 274 comma 1 lett. c) c.p.p., non si identifica con quello di "attualità" derivante dalla riconosciuta esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati, dovendo, al contrario, essere riconosciuto alla sola condizione, necessaria e sufficiente, che esistano elementi "concreti" (cioè non meramente congetturali) sulla base dei quali possa affermarsi che l'imputato, verificandosi l'occasione, possa facilmente commettere reati che offendono lo stesso bene giuridico di quello per cui si procede. Cassazione penale, sez. I, 16/01/2013, n. 15667.
E' stato evidenziato, altresì, che il disastro ambientale era certamente riconducibile anche alla gestione successiva  quando il ricorrente è subentrato il gruppo Riva nella proprietà e nella gestione dello stabilimento siderurgico e che gli accertamenti effettuati hanno chiarito che l'inquinamento è attuale.
E' risultato che le concrete modalità di gestione dello stabilimento siderurgico dell'ILVA hanno determinato la contaminazione di terreni ed acque e di animali destinati all'alimentazione umana in un'area vastissima che comprende l'abitato di…. e di paesi vicini, nonchè, un'ampia zona rurale tra i territori di….
Tale contaminazione è tale da integrare, ad avviso del tribunale, i contestati reati di disastro doloso, omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro, avvelenamento di acque, posti in essere con condotta sia commissiva che omissiva, con coscienza e volontà per deliberata scelta della proprietà e dei gruppi dirigenti che si sono avvicendati alla guida dell'ILVA i quali hanno continuato a produrre massicciamente nella inosservanza delle norme di sicurezza con effetti destinati ad aggravarsi negli anni.
Rilevanti ai fini della valutazione in esame sono stati ritenuti, quindi, l'entità del danno e del pericolo cagionati all'ambiente e alla salute dei cittadini, nonchè, la continuità nel tempo dei fatti illeciti e la natura essenzialmente dolosa delle condotte, oltre ai notevoli profitti conseguiti omettendo quegli investimenti che dovevano essere realizzati per ridurre le emissioni inquinanti.
Quanto alla concretezza del pericolo di recidiva i giudici di merito hanno, invero, messo in luce i comportamenti posti in essere dai ricorrenti che palesano la reiterazione delle condotte illecite già da tempo accertate.
Si afferma nell'ordinanza impugnata che le emissioni che scaturivano dagli impianti, risultate immediatamente evidenti sin dall'insediamento nel 1995 del gruppo dirigente dello stabilimento ILVA, sono proseguite successivamente, come emerso in più occasioni, e l'azienda, pur avendo assunto di volta in volta l'impegno di provvedere alla riduzione delle emissioni nocive, ha dimostrato poi di non avere ottemperato.
Alla luce di ciò, il tribunale ha, quindi, sottolineato la pervicacia e la spregiudicatezza dimostrata da R.E. e dal C., ma anche da R.N., succeduto alla presidenza del consiglio di amministrazione in continuità con il padre, che hanno dato prova, nei rispettivi ruoli, di perseverare nelle condotte delittuose, nonostante la consapevolezza della gravissima offensività per la comunità e per i lavoratori delle condotte stesse e delle loro conseguenze penali e ad onta del susseguirsi di pronunzie amministrative e giudiziali che avevano già evidenziato il grave problema ambientale creato dalle immissioni dell'industria.


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