mercoledì 11 settembre 2013

La carica a S.Elena.


 

La carica a S.Elena.


 

In quegli anni la squadra di calcio del Venezia milita in serie A,.

L’entusiasmo è alla stelle gli amici di S. Silvestro si sono organizzati con striscioni tamburi e trombette per andare a fare il tifo a sostegno della squadra.

Non mi sono mai occupato di calcio ho dovuto dire a forza che tifo per il Milan perché sembra impossibile che un ragazzo non tifi per una squadra di calcio.

“Non sarò mica anormale fuori dal modi di pensare collettivo?”

Non mi costa molto peraltro questa affermazione e poi mi piacciono i colori rosso e nero fanno allegria.

Mi rifiuto di bardarmi con fasce e cappelli  grigio verde e mi metto al seguito della allegra brigata.

Quella domenica il Venezia incontra l’Inter.

Da rialto a S. Elena è una marcia che si fa rigorosamente a piedi sia per risparmiare i soldi del vaporetto sia per approfittare del tempo del percorso per provare cori  o per suscitare nei veneziani che non vengono allo stadio un giusto entusiasmo a sostegno della loro squadra.

Da Rialto a S. Elena ci vuole una buona oretta e giungiamo allo stadio felici anche se po’ sgolati.

Il campo da calcio in un giorno tiepido - come lo sono i giorni di aprile con il sole che fa luccicare il verde del tappeto erboso - è veramente di per sé un no spettacolo per un ragazzo di Venezia che di verde ne vede assai poco.

Vedere una partita è divertente non tanto per il gioco di cui non mi interessa molto ma per le persone i frizzi i motti che vengono riversati sugli avversari per deriderli sempre molto sportivamente.

L’arbitro poverino no!

Lui ha tutte le colpe perché non vede un fallo degli avversari e fischia sempre contro di noi.

Le male parole che si è preso quella domenica sono state veramente tante.

Nella foca anch’io partecipavo ad inventare ingiurie sempre più colorite.

Un boato acclama il goal del Venezia.

Su cross di Pochissimo, Ruffin aggancia il pallone con un tocco magico e insacca!

Ma perché  l’arbitro non fa mettar la bala in centro campo perché el che discute?” chiedo meravigliato.

 I giocatori del Venezia sembrano infuriati ma cosa sta succedendo.

No ti capisi niente de calcio!” mi dice Nane scuotendo la testa sconsolato.

No ti vedi che el ga fiscia fuorigioco!

Io a dire la verità la regola del fuorigioco non la ho mai capita .

Anche perché tracciare una linea fra i due ultimi difensori per verificare che l’attaccante non la superi mentre sta correndo verso la porta avversaria mi sembra un po’ troppo complicata da fare e soprattutto da vedere.

Vedo infatti che anche l’arbitro ed i due guardalinee sono di fatto della mia idea perché discutono animatamente.

Quel fuori gioco è effettivamente contestato anche fra di loro.

I tifosi veneziani no!

Per loro il fuori gioco non c’è stato.

Se nessuno lo ha visto di noi tifosi del Venezia  come l’arbitro lo può concedere con tanta sicurezza.

Arbitro cornuto xe vedemo fora!

E’ questo l’epiteto più gentile figuriamoci gli altri che commentano poco garbatamente i comportamenti dei suoi familiari.

Effettivamente i tifosi peccano per mancanza di stile , ma questo arbitro se la è proprio voluta cercare annullare un goal alla squadra di casa non è una soluzione molto giusta soprattutto in un caso per lo meno dubbio come quello.

Lo dice anche il proverbio: in dubbio pro Venezia!

Cosa  vorà dir: te spetemo fora!

Forse vorranno discutere con l’arbitro per chiedergli i motivi del fuorigioco magari molto garbatamente facendosi ricevere in delegazione.

Nane risolve prontamente i miei dubbi.

Lo spetemo e ghe ne demo tante!

La cosa mi preoccupa un po’ , vista la mia innata prudenza.

Penso, però, che di cose se ne dicono tante ma che tra il dire ed il fare ne corre….

Mi sbaglio di grosso perché i tifosi hanno memoria buona e  se sono inviperiti verso l’arbitro non c’è modo di fargli cambiare idea.

Il Venezia perde quella domenica e la rabbia dei tifosi nel dopo partita si accende.

L’uscita dal campo procede regolare ma la gente invece di tornarsene a casa si accalca appena fuori dallo stadio.

Lo stadio di Venezia come tutto nella città è costruito su un’isola collegata ad altre isole per mezzo di ponti.

Per accedere od uscire allo stadio i ponti logicamente  creano una sorta di tappo al defluire normale dei numerosi spettatori.

Le grida minacciose dei tifosi che vogliono rientrare negli spogliatoi per discutere amabilmente con l’arbitro per chiedergli ragione di questo maledetto fuorigioco.

El ghe a dada vinta all’Intere perché i ga i schei!” commentano i tifosi sempre più surriscaldati dalle loro stesse urla.

Io propongo di tornare a casa perché la partita e finita e non ricordo bene la strada del ritorno.

Non ci sono ragioni tutti gli altri vogliono rimanere.

Devo fare proprio il crumiro. Mi fermo anch’io.

Non resisto all’occhiata di scherno che mi lancia Nane al solo accenno di tornare senza vedere come va a finire.

E? facile intuire come va a finire quando come d’incanto fuori dalle porte dello stadio appare la Celere.

Quella che a Genova qualche anno prima ha dimostrato di essere in gran forma col manganello.

Gli agenti sono già bardati in divisa antisommossa.

Casco e manganello.

Come volete che vada a finire?

A legnate.

Scampemo, scampemo!” urlano i coraggiosi di un minuto prima.

Per fortuna che non siamo in prima fila perché la folla viene spinta al suon di manganelli verso le strettoia dei ponti impedendole di ritirarsi in buon ordine.

Tutti quelli che prontamente al suono dei tre fischi della Celere vogliono ritirarsi in buon ordine hanno una certa difficoltà si accalcano, cadono si rialzano, prendono la loro dose di randellate e scappano mettendosi le mani sulla testa per cercare rifugio.

Per fortuna che siamo più veloci della luce ed essendo già sul ponte riusciamo a porre in essere una ritirata strategica che ha impedito al gruppo di prendere la sua dose.

Stavolta xe andada ben!” sono soddisfatto anche se il Venezia ha perso almeno non ho preso delle bastonate.

 

 

 

 

 

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