venerdì 27 settembre 2013

Consigliere comunale Accesso al Procedimento amministrativo. Limiti.

Consigliere comunale Accesso al Procedimento amministrativo. Limiti.

L'art. 43 del TUEL prevede il diritto dei consiglieri comunali di ottenere dagli uffici tutte le notizie e informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del loro mandato.
Pertanto, la ratio della norma è nel principio democratico dell'autonomia locale e della rappresentanza esponenziale, sicchè tale diritto è direttamente funzionale non tanto all'interesse del consigliere comunale (o provinciale) ma alla cura dell'interesse pubblico connessa al mandato conferito, controllando il comportamento degli organi decisionali del Comune.
Quanto ai presupposti, si è osservato come non sia necessaria una connessione tra la conoscenza dei dati richiesti con l'attività espletata nel mandato di consigliere.
Il diritto di accesso dei Consiglieri comunali non è soggetto ad alcun onere motivazionale giacché diversamente opinando sarebbe introdotto una sorta di controllo dell'ente, attraverso i propri uffici, sull'esercizio del mandato del consigliere comunale. Gli unici limiti all'esercizio di tale diritto si rinvengono nel fatto che l'esercizio di tale diritto deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali e che non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche ovvero meramente emulative, fermo restando che la sussistenza di tali caratteri deve essere attentamente e approfonditamente vagliata in concreto al fine di non introdurre surrettiziamente inammissibili limitazione al diritto stesso ( Consiglio di Stato sez. V, 29 agosto 2011, n. 4829).
I consiglieri comunali hanno un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere di utilità all'espletamento del loro mandato, ciò anche al fine di permettere di valutare - con piena cognizione - la correttezza e l'efficacia dell'operato dell'Amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio, e per promuovere, anche nell'ambito del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale.
Sul consigliere comunale non può gravare alcun particolare onere di motivare le proprie richieste di accesso, atteso che diversamente opinando sarebbe introdotta una sorta di controllo dell'ente, attraverso i propri uffici, sull'esercizio del mandato del consigliere comunale; dal termine "utili", contenuto nell'articolo 43 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, non può conseguire alcuna limitazione al diritto di accesso dei consiglieri comunali, detto aggettivo garantendo in realtà l'estensione di tale diritto di accesso a qualsiasi atto ravvisato utile per l'esercizio del mandato (Consiglio Stato sez. V, 17 settembre 2010, n. 6963).
I consiglieri comunali hanno un diritto di accesso incondizionato - purché non invada l'ambito riservato all'apparato amministrativo e non integri però un abuso del diritto - a tutti gli atti che possano essere "utili" all'espletamento del loro mandato, anche al fine di permettere di valutare con piena cognizione la correttezza e l'efficacia dell'operato dell'amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio e per promuovere, anche nell'ambito del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale; sul consigliere comunale.
Dette conclusioni si appalesano stringenti ove ad azionare l'istituto siano consiglieri di minoranza, come nel caso di specie, cui i principi fondanti delle democrazie e la legge attribuiscono compiti di controllo dell'operato della maggioranza e, quindi, dell'esecutivo, qui inteso nella sua più larga accezione di apparato politico ed apparato amministrativo, se pur, si intende, da esplicarsi nel rispetto della legge, ovvero senza indebite incursioni in ambiti riservati all'apparato amministrativo dalla legge stessa e senza porre in essere atti e/o comportamenti qualificabili come abuso del diritto.
Il diritto di accesso dei consiglieri comunali quindi si atteggia quale latissimo diritto all'informazione al quale si contrappone l'obbligo degli uffici di fornire ai richiedenti tutte le notizie e informazioni in loro possesso, fermo il divieto di perseguire interessi personali o di tenere condotte emulative.
Nella fattispecie il Comune lamenta l'abuso del diritto, rappresentando come i tre istanti abbiano manifestato l'interesse alla conoscenza rispetto ad una generalizzata serie di atti e avverso varie delibere in serie, di modo che si debba dubitare della correttezza delle esigenze di informazione, dovendosi invece ravvisarsi un generalizzato e strumentale esercizio del diritto di informazione di cui all'art. 43 del TUEL.
In effetti, il Collegio osserva il riconoscimento da parte dell'articolo 43 del d.lg. 18 agosto 2000 n. 267 (Testo Unico sugli Enti Locali) di una particolare forma di accesso costituita dall'accesso del consigliere comunale per l'esercizio del mandato di cui è attributario, non può portare allo stravolgimento dei principi generali in materia di accesso ai documenti e non può comportare che il primo, servendosi del baluardo del mandato politico, ponga in essere strategie ostruzionistiche o di paralisi dell'attività amministrativa con istanze che a causa della loro continuità e numerosità determinino un aggravio notevole del lavoro negli uffici ai quali sono rivolte e determinino un sindacato generale sull'attività dell'amministrazione oramai vietato dall'art. 24, comma 3 della l. n. 241 del 1990.
Sulla base di tali considerazioni generali, l'appello dell'amministrazione non può che ritenersi fondato.
Pertanto, è legittimo il diniego opposto dall'amministrazione comunale alla richiesta rivolta dai consiglieri comunali diretta all'estrazione di copie in assenza di motivazione in ordine all'esistenza dei presupposti del diritto di accesso, soprattutto in presenza di numerose e reiterate istanze, che tendono ad ottenere la documentazione di tutti i settori dell'Amministrazione, apparendo così tendenti a compiere un sindacato generalizzato dell'attività degli organi decidenti, deliberanti e amministrativi dell'Ente che non all'esercizio del mandato politico finalizzato ad un organico progetto conoscitivo in relazione a singole problematiche che di volta in volta l'elettorato.
Il Collegio osserva però che, nella fattispecie, al di là delle valutazioni su una esagerata richiesta di conoscere e informarsi su tutti i settori dell'attività amministrativa da parte dei consiglieri comunali, in ogni caso, per l'accoglimento dell'appello è sufficiente prendere atto dell'attività eseguita dal Comune in ottemperanza alla richiesta di accesso, espletatasi sia nella trasmissione e ostensione dei documenti a disposizione, sia nell'apertura di nuovi procedimenti, intesi ad acquisire maggiori conoscenze, allo stato non disponibili.
Pertanto, in buona sostanza l'ostensione degli atti richiesti ed esistenti è già avvenuta; per il resto, non si può pretendere, secondo costante giurisprudenza di questo Consesso, che l'Amministrazione costruisca una documentazione allo stato non ancora esistente.
Anche a voler ritenere che la nozione di "notizie e informazioni" sia più lata della nozione di "documenti" ravvisabile nell'art. 22 della l.n.241 del 1990 - e cioè ogni elemento conoscitivo in possesso dell'amministrazione, anche non riferibile alle competenze del Consiglio Comunale, perché sempre inerente al munus rivestito e non solo i provvedimenti adottati, ma anche gli atti preparatori, anche di provenienza privata -, anche in tale situazione soggettiva speciale non può non valere il principio, affermato dalla Sezione (così Consiglio Stato sez. IV, 30 novembre 2010, n. 8359), secondo cui il rimedio dell' accesso non può essere utilizzato per indurre o costringere l'Amministrazione a formare atti nuovi rispetto ai documenti amministrativi già esistenti, ovvero a compiere un'attività di elaborazione di dati e documenti, potendo essere invocato esclusivamente al fine di ottenere il rilascio di copie di documenti già formati e materialmente esistenti presso gli archivi dell'Amministrazione che li possiede.
Nella specie l'amministrazione rappresentava che non vi erano ulteriori documenti da esibire, fornendo le possibili informazioni .
In corso di giudizio, anche se quindi successivamente alla introduzione del medesimo, il Comune ha anche depositato nota sindacale di impulso al responsabile dell'UTc e dell'area tecnica di effettuare un dettagliato sopralluogo al fine di censire i prefabbricati di proprietà del Comune, di verificare il numero dei prefabbricati non occupati, di verificare chi ne detiene il possesso.
E" evidente che pertanto il Comune ha soddisfatto le richieste di accesso dei consiglieri comunali e che, sulla base del principio secondo cui l'Amministrazione non può essere condannata a costruire documenti allo stato non disponibili, debba essere accolto l'appello e, in conseguenza, respinto il ricorso di primo grado, in riforma della appellata sentenza.

La condanna alle spese del doppio grado di giudizio segue il principio della soccombenza. Consiglio di Stato, sez. IV 12/02/2013 n. 846.

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