venerdì 5 aprile 2013

L'affare. presentazione


Presentazione.

Un'invasione di mosche mette in difficoltà una felice comunità.
Si incarica di risolvere il problema il Presidente esponente di spicco dell’Organizzazione che nella gestione di affari pubblici ha trovato il sistema di accumulare prestigio, potere e guadagni.
Il rapporto dei protagonisti col potere è il leif motiv di un racconto in cui l’esperienza quotidiana si coniuga con la fantasia.
Il Presidente ha uno straordinario seguito nella comunità.
Molti sperano di ottenere con la sua amicizia i suoi favori.
Lui naturalmente pensa solo a gratificare il suo un manipolo di boiardi.
I membri più fidati dell’Organizzazione sono messi a capo di ogni ente controllato.
La loro gestione ha l’unico fine di comandare per fare quattrini incuranti della sorte degli amministrati. Gli onesti subiscono, ma stanno zitti e non si indignano.
La situazione precipita solo quando la situazione igienica degenera. L'imbroglio è scoperto e gli arrivisti sono puniti.
C'è però qualcuno che pensa di ricominciare l'affare rimescolando le carte a proprio vantaggio.
L’autore


P.S. I personaggi sono di fantasia anche se i fatti come quelli raccontati accadono ogni giorno.








1.              Capitolo. La situazione.


Il dolce aprile del 2017 sta arrivando.
La stagione porta un po’ di tepore che mitiga i rigori dell'inverno.
E’ il mese che tutti attendono con maggiore simpatia.
Con la primavera arriva anche la gioia di vivere all'aria aperta, di muoversi, di sentirsi allegri e spensierati.
E’ il verde risveglio della natura.
E’ a tutti gradito starsene lì, seduti nei bar della grande piazza, a godersi i tiepidi raggi del sole.
La piazza è grande, quadrata. Tutta la vita della città confluisce in quella piazza.
Da essa si dipartono a raggiera le vie principali.
Da alcuni anni le strade di accesso alla piazza sono state chiuse al traffico.
Alle porte della città, in prossimità del Viale dei Tigli, quello che porta al grande ponte sul fiume, è stato realizzato un grande parcheggio coperto.
In primavera i tigli iniziano a fiorire ed il loro profumo satura l’aria e rende la vita più felice.
Per accedere all'area della piazza, ormai dominio incontrastato dei pedoni, è necessario inoltrarsi sulle rapide rampe d'accesso del parcheggio, spogliarsi dalla frenetica veste del conducente d'auto ed indossare la divisa del placido pedone.
Abbandonare il mezzo di trasporto anche per fare pochi metri, solo alcuni anni prima sarebbe stata una richiesta improponibile agli auto-mobilisti.
Coll’instaurazione da parte delle autorità cittadine del divieto d'accesso, gli automobili-dipendenti hanno dovuto staccarsi dal volante della loro vettura cui erano incollati per raggiungere la loro meta.
Prima parcheggiavano dappertutto, incuranti dei divieti di sosta, assalivano come uno stuolo di cavallette metalliche ogni angolo della piazza, diventata un grande parcheggio.
Era un ingorgo di macchine piazzate ovunque lungo i marciapiedi delle strade ed arrivavano anche lì, vicino alla balaustra di marmo nero della fontana.
La vista era mortificata, l'armonia geometrica della piazza era deturpata da quel groviglio rozzo e disarticolato di automobili.
Il fluire dei pieni e dei vuoti dei volumi dei porticati era interrotto dalle colonne di macchine parcheggiate nel modo più disordinato, la balaustra della fontana non si vedeva quasi più, praticamente invisibile coperta com’era dalle lamiere colorate.
Ora dopo la cura drastica dei divieti spicca la scultura centrale: un grande calice stilizzato di marmo bianco dal quale esce alto e sicuro lo zampillo d'acqua, scintillante di luci all'imbrunire.
Quell'aprile tuttavia la piazza è stranamente deserta abbandonata anche dai pedoni.
Non vi sono più i soliti gruppi di persone che indugiano a chiacchierare e a bere qualcosa seduti al bar.
Manca la folla chiassosa e variopinta e con essa è assente l'allegria e la gioia di vivere.
Si possono vedere, invece, sciami neri di mosche che pattugliano con metodo scientifico le strade, senza farsene scappare alcuna.
Le mosche hanno occupato la piazza facendo della fontana la loro roccaforte.
Con simili nemici sparsi ormai in ogni angolo, la città sembra completamente paralizzata, gli spostamenti sono limitati allo stretto necessario, i luoghi di ritrovo all'aperto sono deserti.
Il traffico automobilistico è strettamente ridotto: ormai gli automobilisti osano infilarsi nell’abitacolo solo per raggiungere il luogo di lavoro poiché temono gli assalti degli insetti.
In quelle ore le strade sono di solito animate, ma quell’aprile tutto sembra irreale.
E’ una pena vedere la gente tutta infagottata, per evitare ogni possibile contatto con gli insetti, camminare con passo frettoloso per raggiungere al più presto un qualunque luogo chiuso che può fornire riparo sicuro da quel novello flagello.
Quell’anno le mosche sembra che siano inattaccabili da qualsiasi tipo di insetticida.
Ogni tentativo di debellarle è finora risultato vano.
L’invasione degli insetti è più insistente nelle zone periferiche dove il servizio di raccolta dei rifiuti è meno efficiente.
Il Presidente dall’interno della sua autovettura chiusa ermeticamente osserva preoccupato la situazione.
E’ lui che deve prendere le decisioni per sconfiggere il fenomeno.
Il Presidente è un politico affermato che da il suo contributo per risolvere i problemi del paese riuscendo a raggiungere una invidiabile posizione economica.
La sua statura di livello nazionale mal si concilia con quell’unico incarico cui è stato relegato, ma qualcosa gli dice che potrà ricavarne buon frutto.
Robusto, di corporatura media, l’uomo ha perso parte della sua capigliatura, ma non il suo vigore.
Gli ultimi capelli rimasti non riescono ad incorniciargli la fronte, ma stanno lì ritti, ribelli alla pressione del palmo della mano che tenta di farli appiattire sulla testa, come cavalli imbizzarriti.
E’ proprio na storia da fare venir i caveli dritti” dice a Toni l’autista che da una vita lo scorrazza in macchina per ogni dove.
Il Presidente è un uomo di 55 anni ben portati.
Lui indossa un foulard sulla camicia sbottonata che fa bella mostra di sé sbucando fuori dal giubbotto di pelle scamosciata, i pantaloni di gabardine tengono meravigliosamente la piega anche se lui passa tutto il giorno in macchina e sono in tinta col colore nocciola del giaccone.
L’abbigliamento, pur nella voluta praticità, è elegante e curato.
L’ultima ricognizione prima della riunione del consiglio dell’Ente per il controllo delle mosche è doverosa perché più volte ha promesso alla cittadinanza decisioni rapide che non sono mai arrivate.
Lui ha promesso di risolvere il problema in tempi brevi, ha promesso il suo interessamento per ottenere il massimo delle risorse per debellare quell’insolito fenomeno.
Il Consorzio per la Lotta alle Mosche ha, in effetti, svolto un’intensa attività di ricerca, convegni, incontri con la cittadinanza.
Gli amministratori del Consorzio hanno discusso molto, hanno cominciato ad assumere ma troppo poco per raggiungere la consistenza di un vero ente che faccia notizia. Anche le consulenze sono state poche perché lui non è riuscito ad incidere come si doveva per recuperare i fondi necessari. Il fenomeno non è stato valorizzato ai fini elettorali nella dovuta maniera.
Nulla però che abbia potuto debellare il flagello delle mosche.
Niente disinfestazioni radicali, nessun provve-dimento per eliminare i cumuli di immondizia che si trovano ancora stoccati lungo le strade più periferiche. E’ vero, è stato assunto qualche operatore ecologico addetto al taglio dell’erba lungo i canali d’irrigazione, ma senza alcuna competenza relativa all’eliminazione dei rifiuti.
La situazione è esplosa durante lo sciopero dei netturbini che si lamentano di dovere operare all’aperto per rimuovere la spazzatura attaccati dalle mosche.
Il blocco dell’attività di rimozione ha provocato il conseguente ampliamento dei cumuli di immondizie lungo le vie della città.
Lo sciopero è rientrato, ma i mucchi di sacchet-ti di immondizie sono rimasti.
Effettivamente il complicarsi della situazione è un buon segno; il fenomeno mosche legato al fenomeno rifiuti può cominciare a dare buoni frutti. Bisogna lavorarci ancora molto, ma il Presidente sente che stavolta è sulla strada buona.  
I più pessimisti temono che la situazione possa assumere proporzioni allarmanti entro breve tempo, all’epoca del grande caldo.
I più allarmisti parlano di possibili epidemie collegate alla scarsa igiene.
Le mosche arrivate per caso hanno trovato nella città il loro habitat ideale.
La città si è come trasformata in un grande campo di battaglia.
E’ come vivere in un clima di guerra: tutti tengono costantemente una paletta ammazza mosche a portata di mano, non solo in casa, ma ovunque, anche sul posto di lavoro.
Le finestre degli edifici sia pubblici che privati sono incorniciate dai più diversi tipi di zanzariera.
Chi non si rifugia nelle case, presidiando porte e finestre con ogni più sofisticato mezzo di difesa, non ha via di scampo.
L’attacco di sciami di mosche è deciso e diretto ed il loro terribile ronzio ossessiona i malcapitati.
Ogni attività all’aria aperta è di fatto impedita.
Nessuno più gioca a tennis o si reca in piscina sia pure a prendere il sole di primavera.
Nessuno più si sposta in bicicletta o in ciclomotore.
La situazione è oramai intollerabile.
Il nemico si può debellare con l’uso degli efficacissimi d.d.t., ma quei prodotti sono stati messi al bando definitivamente: nel paese si sta sostenendo una grande battaglia per riportare tutti ad una migliore qualità di vita.
No agli sprechi, no alle macchine, no ai ritmi alienanti di una civiltà comoda basata sul tutto pronto, sul tutto facile.
Si deve ritornare ad una vita improntata ai ritmi naturali di un tempo.
Quindi no al d.d.t. e a tutti quei prodotti che possono inquinare l’ambiente, bisogna accettare le mosche come componenti dell’habitat e combatterle con rimedi naturali.
L’ambiente e la sua tutela è un buon tema elettorale e può valere molti consensi se gestito bene è anche una miniera di buoni affari se collegato con la green economy.
Certo che con tali rimedi non è facile sconfiggere neppure quel piccolo insetto, che è così diventato per tutti il nemico pubblico numero uno. La sua eliminazione è assolutamente prioritaria.
Con i suoi occhietti sfaccettati e rotanti che lo tengono sempre all’erta contro ogni tentativo di distruzione da parte dell’uomo, con le sue alucce trasparenti che lo rendono agilissimo in ogni subitaneo spostamento, con il suo corpo piccolo e peloso che dà una sensazione di sporco e di schifo, quel piccolo insetto è stato oggetto dei più attenti studi e delle più complesse ricerche da parte dei migliori esperti assunti dal Consorzio per la Lotta alle Mosche.
















2.              Capitolo. L’invasione delle mosche.


Il Presidente non ha certo lesinato in spese per consulenze e ricerche per combattere l’invasione delle mosche.
L’abolizione dei sistemi più radicali ha però vanificato ogni tentativo di risolvere il problema con mezzi naturali.
Tecnici e amministrativi di ogni specialità hanno esaminato e studiato il problema sotto ogni aspetto anche il più insignificante. Gli esperti hanno prodotto studi enciclopedici.
Gli studiosi hanno sviscerato nel modo più analitico la storia del fenomeno; hanno analizzato le possibili cause che hanno ingenerato l’invasione di mosche; non hanno trascurato alcun dettaglio ed hanno fornito ogni plausibile motivazione.
Le soluzioni proposte sono numerose e contraddittorie.
La questione è stata esaminata sotto il profilo tecnico, ma non sono per questo stati trascurati gli studi che mettono in evidenza l’aspetto sociale del fenomeno.
Sono stati formulati e spediti migliaia di questionari la cui lettura e compilazione consentono anche al più sprovveduto lettore di essere aggiornato su ogni attività molesta dell’insetto.
Quante volte al giorno il dichiarante è stato, mediamente, punto da una mosca nell’ultima settimana?
Quante ne ha viste, mediamente nell’ultima settimana, in cucina, in soggiorno, in camera da letto ed in bagno?
E i discendenti, ossia i figli, e gli ascendenti, ossia i genitori, ed il coniuge, ossia la moglie, del dichiarante quante volte, sempre nell’ultima settimana, sono stati colpiti?
Chissà perché, ma probabilmente per la concezione tremendamente maschilista di quella società, il dichiarante, nel gergo burocratico dei questionari, è sempre il maschio di casa.
L’indagine scende poi nei particolari per definire di che specie sono gli insetti attaccanti, fornendo una idonea informazione sui tipi di quelli più diffusi.
Si tratta forse della mosca comune di piccole dimensioni, facile da trovare nei quartieri del centro della città.
Si tratta forse del moscone della carne, più grande delle normali mosche, riconoscibile per il ronzio provocato dalle grosse ali. Lo si può trovare nei luoghi di mercato e nelle macellerie, dove i negozianti hanno adottato un vero e proprio piano di difesa per impedirne l’entrata.
Si tratta forse dell’estro del cavallo o dell’estro bovino, che si trovano più di frequente nelle zone di campagna appena fuori dalla città, dove c’è ancora qualche cascina con delle stalle.
Si tratta forse della noiosa zanzara, terribile succhiatrice di sangue, che riesce a marchiare uomini, donne e bambini, con il suo implacabile pungiglione.
Si tratta forse delle formiche alate, che, nelle sere d’estate, si levano in volo con i loro compagni per l’ultimo volo di morte.
A cosa serve un questionario di tal fatta pochi forse l’hanno capito, o forse, pur capendolo, pochi osano avanzare dei dubbi o dichiararne pubblicamente l’inutilità.
Cosa serve far tanti studi?”
E’ stato detto da qualche piccolo gruppo di sprovveduti che non sanno che i fenomeni per essere risolti dalla radice devono essere studiati approfonditamente.
Quanti dibatti il Presidente ha dovuto affrontare per convincere i suoi interlocutori.
No basta ciapar qualche decision invece che far ricerca.
A cosa serve contar le mosche se no se pol eliminarle che co sto bacheta.”
Essi nel corso della discussione mostrano, alzando prepotentemente le mani, una fluttuante asticella di plastica non più lunga di quaranta centimetri che finisce con una paletta dello stesso materiale tutta bucherellata.
E’ lo strumento che il Consorzio ha distribuito a tutta la popolazione per risolvere il problema delle mosche in maniera poco impattante senza contaminare con gli insetticidi l’ambiente.
Volemo insetticidi” – reclamano – “volemo quei più potenti. No volemo sta roba” urlano agitando la paletta.
Il Presidente ha spiegato, invano, a questi sprovveduti come stanno le cose.
Poverini, costoro non capiscono la bontà delle scelte operate dal Consorzio per la Lotta alle Mosche.
Non si sono ancora convinti della necessità di cambiare metodo.
L’indagine preventiva è l’unico sistema da adoperare, se non si vuole rischiare grosso con gli insetticidi e assoggettare tutti ad un pericolo globale di inquinamento.
Basta solo un po' di pazienza.
Non è stato costituito, dopo un’ampia consultazione, un apposito Ente per il controllo delle mosche? Non vi hanno espresso tutti la massima adesione?
E allora bisogna solo aspettare!
Il meccanismo per risolvere il problema delle mosche è già stato innescato!
Mosche, spazzatura e tutela dell’ambiente possono creare un buon trampolino di lancio per l’ascesa politica del Presidente.






3.              Capitolo. La riunione del consiglio di amministrazione.


La riunione del Consorzio per la Lotta alle Mosche è fissata per le 17,00 del 17 aprile 2017.
Il Presidente che è un tantinello superstizioso è convinto che il 17 sia per lui un numero che porta fortuna.
Circa un’ora prima gli uscieri hanno incominciato i preparativi, come al solito con molta precisione.
Il tavolo rettangolare in mogano lucidissimo rispecchia il lampadario di vetro di Murano lavorato a mano, che troneggia in mezzo alla sala con i suoi colori tenui dal rosso all’azzurro pallido.
I portacenere, lavati accuratamente e perfet-tamente lucidati attendono con disgusto la cenere ed i mozziconi di sigarette che avrebbero inevi-tabilmente ospitato nel corso della riunione.
Le sedie sono allineate come tanti soldati sull’attenti.
Il condizionatore, acceso al massimo dà una piacevole sensazione di fresco abbassando di pochi gradi la temperatura primaverile nel tentativo di raffreddare gli animi.
Tutto è preparato con estrema accuratezza.
Anche le cartelle, ordinatamente disposte sui tavoli, gonfie di documentazione e di carta per appunti, fanno presagire che la seduta sarebbe stata importante.
D’altro canto l’attività del Consorzio per la Lotta alle Mosche è conosciuta da tutta la città.
L’intero consiglio di amministrazione si è pro-digato affinché il problema sia dibattuto ovunque.
Sui giornali a tiratura locale sono apparsi da tempo ampi spazi pubblicitari che illustrano quanto è stato fatto e i futuri programmi del Consorzio per la Lotta alle Mosche.
Gli opuscoli divulgativi sono a disposizione di chiunque voglia informarsi e dare il suo contributo per la battaglia; la lotta contro il comune nemico ha bisogno della mobilitazione di tutta la popolazione.
La riunione fa parte, minuscola particella in realtà, di quel grande programma di combatti-mento il cui unico scopo è quello di debellare definitivamente l'acerrimo nemico.
Gli argomenti all’ordine del giorno sono di grande rilevanza; poiché il Presidente ha in programma di illustrare il suo programma per debellare il flagello delle mosche; il clima si prospetta torrido.
Tutti sanno benissimo che il Consiglio è completamente spaccato sui rimedi da adottare ed una decisione finale che trovi tutti o almeno la maggioranza dei consiglieri disposti a sostenerla non è un facile obiettivo da raggiungere.
L’espressione dei componenti del Consiglio è impenetrabile, così che non è possibile intuire il loro pensiero, forse perché molti di loro non hanno le idee ben chiare.
I consiglieri entrano nella sala con passo sicuro, parlottando tra loro del più e del meno.
Gli uscieri, tirati a lucido ed impettiti, consci del loro ruolo, attendono in piedi, accanto alla imponente porta a vetri, l’arrivo dei loro santi patroni.
Ogni consigliere è, infatti, per i dipendenti del Consorzio un punto di riferimento per ogni grazia da chiedere. Tutto il loro avvenire lavorativo dipende da loro.
Il compito principale degli uscieri, data l’attuale situazione, è quello di richiudere precipi-tosamente la porta facendo bene attenzione che con i consiglieri non entri nella sala anche l’odiato nemico.
Dopo essersi sincerati che nessuna mosca è riuscita ad infiltrarsi, solo allora, come solerti padroni di casa, salutano distintamente col doveroso.
Bongiorno Cavalier” “Bongiorno Commen-dator.
Tutti i consiglieri sono, infatti, Cavalieri o Commendatori e Dio sa se l’hanno sudata quella onorificenza.
Solo il Presidente non ha titoli, lui viene, infatti, da una esperienza di dura gavetta, tratta gli uscieri con grande familiarità sentendosi molto vicino anche a chi presta l’opera più umile.
Lui ha sempre per loro un saluto più caloroso degli altri, accompagnato spesso da una battuta o da una domanda cortese.
Fra gli uscieri gli è simpatico Filisteo dalla voce profonda e grave. Una voce che pare uscire dall’oltretomba e che rende importante anche le parole più insignificanti da lui pronunciate.
Sarebbe potuto diventare un buon baritono, solo se avesse ascoltato i consigli di suo padre melomane convinto.
Tutti si accorgono del suo saluto anche se non si fa mai incontro alle persone.
Per quanto cerchi di avanzare spedito deve trascinare pur sempre la sua gamba cui la paralisi ha bloccato la crescita quando era bambino.
Filisteo non se ne fa un problema.
E’ un saggio come tutti i pescatori. Lanciare con grande maestria l’amo nel mezzo del fiume è il suo più grande divertimento. Quando può è lì in riva al fiume a due passi dalla città con il suo inseparabile motorino.
Da quando c’è l’invasione delle mosche ha dovuto interrompere la pesca perché gli insetti, se stai fermo, ti avvolgono in un abbraccio impos-sibile.
La sala si è riempita alla spicciolata, oramai sono arrivati tutti.
Manca solo lui: il Presidente.
Lui si presenta immancabilmente in ritardo non tanto perché voglia fare pesare l’importanza della carica, ma per il suo temperamento svagato, assorto, abituato a pensare contemporaneamente a cento argomenti, pronto a fermarsi a discutere con chiunque per finire, di preferenza, in un bar davanti ad un’ombra di vino, purché genuino, s’intende!
Il Presidente entra con passo sicuro tenendo fra le labbra carnose un puzzolente sigaro toscano.
Il sigaro scorre da un lato all’altro delle labbra con estrema destrezza e, pur tenendolo ben fermo, dà l’impressione che sia lì appiccicato quasi per caso.
L’acre profumo impregna la stanza e supera l’odore di fumo delle numerose sigarette dei consiglieri, ma nessuno si azzarda a protestare per quella intollerabile atmosfera da camera a gas.
Il Presidente, da buon padre di famiglia, saluta molto calorosamente gli uscieri e si introduce nella sala.
Prende posto nella poltrona più ampia e comoda, in testa all’enorme tavolo di mogano lucente.
I consiglieri sono già tutti presenti.




















4.              Capitolo. Il dott. Rossi.


E’ giunto anche il segretario.
Il dott. Rossi è ancora trafelato per l’ultima cor-sa da un ufficio all’altro per racimolare le ulti-me carte da portare in consiglio di amministrazione.
E’ un vecchio dirigente amministrativo aduso a tutte le astuzie.
E’ riuscito con mille intrallazzi ad ottenere un unanime consenso per quell’importante incarico.
Amicizie e frequentazioni con importanti diri-genti dell’Organizzazione centrale hanno suppor-tato la sua nomina in periferia
Non è particolarmente esperto dei problemi tecnici che la battaglia contro le mosche impone.
La sua professionalità consiste soprattutto nella grossa capacità di sapere trovare collegamenti a tutti i livelli.
Passa gran parte del suo tempo a garantire la sua massima disponibilità a favore dell’Organiz-zazione.
Serve un aiuto per un’assunzione?
C’è da fare un piacere a qualche simpatizzante?
C’è da organizzare un convegno?
Sempre a disposizione senza nulla chiedere.
Il dott. Rossi è sempre al telefono a raggua-gliare di ogni piccolo particolare i suoi referenti per tenerli informati di ogni possibile sviluppo e per fare vedere la sua disponibilità al servizio.
La sua filosofia è molto semplice: cercare di essere accomodante con chi comanda, essere arrogante e strafottente con i suoi sottoposti.
Effettivamente è un sistema collaudato per cer-care di rimanere al suo posto il maggior tempo possibile.
Il suo aspetto fisico denota questa sua indiscutibile capacità.
E’ alto e piuttosto magro.
Le gambe e soprattutto le braccia appaiono straordinariamente lunghe rispetto al tronco.
Le braccia poi si muovono in continuazione e, soprattutto, è a loro familiare e consueto l’alzarsi fino all’altezza delle spalle e abbracciare, con bonarie pacche sulla schiena, l’interlocutore quasi a volere captare la sua benevolenza.
E’ il modo pratico di tradursi di una ostentata familiarità che, a dire il vero, però non si manifesta mai con i suoi subalterni, ma solo con coloro che possono essergli utili.
Di solito, con le persone che collaborano con lui in un rapporto di chiara subordinazione, il dott. Rossi è rigido e poco cordiale e non ama indulgere ad alcuna familiarità anzi si diverte a tenerli sotto pressione, non dimostrandosi mai soddisfatto del loro lavoro.
La stanza è luminosa.
Tre ampie vetrate si aprono verso ovest e, dall’alto del decimo piano, chi vi si affaccia può godere di una vista meravigliosa; specie al tramonto quando il sole, giunto al tetto dei palazzi di fronte, tinge di rosso il cielo.
E’ un quadro naturale offerto dall’ammini-strazione per la maggiore delizia dei potenti che frequentano la sala delle riunioni.
Il grattacielo è stato costruito negli anni 50 e incombe su di un giardino dove gli anziani si godono un sonnolento riposo seduti sulle panchine ed i bambini giocano sotto gli occhi delle madri.
Ora il giardino è deserto perché le mosche impediscono una sosta tranquilla.
Anche i bambini non resistono e dopo in po’ piangono infastiditi dal continuo ronzio e dagli attacchi delle mosche che li importunano; le madri, non potendo difendere le loro creature all’aperto, preferiscono ritirarsi all’interno delle abitazioni.
E’ questo l’unico spazio verde sito nel cuore della città di recente liberato dalle macchine che prima continuavano imperterrite a girare sempre alla ricerca di un introvabile parcheggio.
La vista del verde degli alberi combatte la sua battaglia per vincere il colore grigio del cemento delle nuove costruzioni.
I consiglieri non si curano, però, di ammirare il panorama; essi sono lì, sprofondati nelle loro poltrone dirigenziali, pronti a dare il loro contri-buto sofferto, ma utile.
Se ne stanno attorno al grande tavolo di mogano lucente di forma ovale che troneggia imponente nel bel mezzo della sala.
Se invece che di forma ovale fosse stato un tavolo rotondo il paragone con i mitici cavalieri dalle nobili gesta sarebbe balzato evidente alla mente di chiunque.
Che differenza può esserci se invece di tenere saldamente nelle mani le redini di indomiti destrieri, per combattere contro ogni pericolo, i consiglieri sono saldamente aggrappati ai braccioli delle loro poltrone per combattere il nuovo flagello?
Si tratta, però, di un tavolo ovale!
Ognuno ha dinanzi una cartella di similpelle nera, lucida anch’essa, come il tavolo, ripiena di ogni sorta di cancelleria: gomme, matite, penne biro e fogli per appunti.
E’ un piccolo corredo che avrebbe fatto gola ad un bambino ansioso di tracciare sui fogli di carta bianchi dei disegni infantili.
Forse per questo le cartelle devono, il più delle volte, essere sostituite.
I posacenere sono accuratamente lavati e luccicano al riflesso della luce artificiale.
L’atmosfera è carica di energia, si avverte che non si tratta di una delle solite riunioni dedicate all’ordinaria amministrazione, qualcosa di impor-tante sta per accadere.
Anche l’ora nella quale è stato convocato il consiglio - le diciassette – è insolitamente tarda rispetto alle normali riunioni che si svolgono all’inizio del pomeriggio e lascia presagire che qualcosa di nuovo sarebbe accaduto.
Quell'ora stanca e pigra del crepuscolo si trasforma anch’essa in una piccola tessera che deve servire a completare il mosaico di questo importante avvenimento.
Tutto sembra fermo, immobile, in attesa.
Una strana quiete prima della tempesta.
Tutti quelli che contano nel Consorzio sono presenti alla riunione.
Il dott. Bianchi no.
Lui è semplicemente vice segretario aggiunto.































5.              Capitolo. Il dott. Bianchi.


Il dott. Bianchi è vice segretario aggiunto pre-posto alla ricerca scientifica.
Per lui, particolarmente legato a schemi buro-cratici, la carriera è un modo di affermare la sua personalità.
Legittimista ad oltranza, il solerte funzionario ritiene di potere raggiungere posizioni di vertice senza andare a proporsi ai potenti, soprattutto senza richiedere la loro protezione.
Il dott. Bianchi non ha santi patroni in consiglio.
Lui è uno dei pochi che al Consorzio per il controllo delle mosche è arrivato con un regolare concorso.
Uno degli ultimi concorsi banditi per errore contravvenendo alla regola imperante che gli amministratori devono scegliere i loro dirigenti
E’ proprio per questo che è inviso ai consiglieri perché è arrivato a quella posizione senza avere avuto bisogno di nessuno.
Chi no ga bisogno de nissun, nol fa piaseri a nissun” ripete spesso il Presidente che ha più volte sondato il dott. Bianchi per verificare una sua collaborazione alla gestione del Consorzio, se per caso col tempo la situazione dovesse evolvere.
Scuote la testa pensando ai problemi che il dott. Bianchi può creare se solo lo si metta in una posizione autonoma che gli consenta di affrontare le difficoltà.
Il problema delle mosche può essere risolto in tempi rapidi con una spesa modesta ed in fretta.
Una vera disdetta che bisogna contrastare con tutti i mezzi.
La spazzatura è un’opportunità da valorizzare lo sciopero dei netturbini è venuto a pennello ad accrescere un problema che può portare tanti soldi se gestito bene.
Sono pericolosissime le persone che hanno competenze proprie e sanno lavorare senza bisogna di coperture e soprattutto quelle che non riescono a vedere le possibilità di fare denari creando proseliti e rendite agli amici dell’Organiz-zazione.
Se l’Organizzazione non è intervenuta  per costruire la carriera di questi presuntuosi la sua stessa autorità è irrimediabilmente minata.
Chi è assunto senza bisogno di padrini ritiene di potere fare tutto da solo senza rispondere alle indicazioni dell’Organizzazione.
Quello che ha portato alla assunzione del dott. Bianchi sarebbe rimasto l’ultimo concorso.
D’ora in poi le persone le avrebbero selezionate loro secondo il loro indice di gradimento.
Quante tessere hanno recuperato all’Organizza-zione?
Rispondono alle indicazioni?
Hanno risolto i problemi nei tempi e con le modalità fissate dall’Organizzazione.
Bandiscono dal loro operare inutili personali-smi e colpi di testa.
Questi sono i parametri di selezione per l’assunzione di un dipendente del Consorzio!
Il dott. Bianchi studia, studia, scrive, scrive; lui sa tutto sul modo di vivere delle mosche e su come combatterle fino a distruggerle comple-tamente.
Ha fatto studi accurati sugli insetticidi. Distingue quelli che hanno forti presenze di sostanze velenose; cerca di mettere in guardia i consiglieri dai loro effetti negativi.
Teme, infatti, che il loro deposito nel suolo li ponga nel ciclo vitale della alimentazione umana, cosa estremamente pericolosa poiché attraverso gli alimenti possono essere assunti dalle persone e provocare danni irreversibili.
Predilige per la lotta alle mosche prodotti con componenti naturali, magari meno efficaci, ma che per lo meno producono la scomparsa delle mosche senza creare effetti secondari o quelli che agiscono sul sistema di riproduzione delle mosche, facendo in modo che gli acerrimi nemici non possano procreare.
Il dott. Bianchi è un illuso.
Egli pensa di risolvere i problemi attraverso conoscenze tecniche! Vuole fare carriera attra-verso la sua preparazione professionale senza cercare agganci con nessuno!
Inaudito!
Se ne sta lontano da riunioni e convegni che non siano prettamente scientifici, disdegna persino il ricco buffet che segue ritualmente la fine del convegno.
Chi non prosegue la discusion magnando na tartina xe un maleducato e dimostra de aver poca vogia de far ben!” Sentenzia il dott. Rossi addentando una tartina al salmone.
Delisiosa” replica mentre il Presidente ripete che la lotta alle mosche, a suo avviso, è a buon punto e che i problemi sono in via di soluzione.
Il dott. Bianchi preferisce passare il suo tempo tra studi ed esperimenti.
Questo suo modo di fare è sgradito a tutti perché o considerano un piantagrane saputo che non sa comportarsi e rispettare stando zitto le scelte degli amministratori.
Il dott. Rossi lo detesta perché ha una buona preparazione e le poche volte in cui può prendere la parola in consiglio dice delle cose sensate che possono mettere in secondo piano la sua incon-testata capacità dirigenziale.
Non ha nemmeno il pudore di stare zitto quando parla qualcuno più importante di lui.
Il dott. Bianchi fa, magari delle precisazioni utili, ma che fanno apparire l’oratore meno preparato di uno appena laureato che manca di esperienza di gestione.
E’ meglio sostenere dei collaboratori un po’ insulsi che combinano magari qualche pasticcio.
Questi somari, almeno, possono dare ai  consiglieri la possibilità di fare bella buona figura suggerendo qualche facile rimedio.
I collaboratori peggiori sono i tuoi sostenitori migliori.
Sono loro quelli che ti affiancano e sostengono quando occorre nelle campagne elettorali a raccogliere i consensi!
Il dott. Bianchi poi ha la mania di suggerire delle soluzioni innovative molto efficaci ma poco costose. Esse non consentono di fare grossi appalti e muovere conseguentemente grosse somme.
Una disdetta insomma per ogni buon ammini-stratore che si rispetti!
Il dott. Rossi lo giudica come un saccente che vuole risolvere i problemi ignorando comple-tamente l’apporto del Consiglio; come se la com-petenza degli amministratori alla soluzione alla battaglia contro le mosche non sia determinante.
Questo comportamento è per lui intollerabile e prima o poi gliela avrebbe fatta pagare.
















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