venerdì 5 aprile 2013

L'affare. temporeggiare.


1.              Capitolo. Temporeggiare.


Temporeggiare, temporeggiare, temporeggia-re.
Una delle specialità di Presidente è temporeg-giare.
Chi fa le robe in furia lavora el dopio” lo dice sempre il nostro eroe ed è una inconfutabile verità.
Volere cercare veloci soluzioni è contro-producente finché non te lo chiede qualcuno; rischi di spiazzare tutti e di rompere delicati equilibri di competenze.
Devi guardarti soprattutto dai tuoi superiori.
Loro sono gelosi!
I complimenti te li fanno semmai in privato per poterti criticare nelle sedi appropriate; se cresci troppo puoi diventare un concorrente pericoloso.
Se vuoi essere tempestivo aspetta almeno che qualcuno te lo chieda. La domanda non ti deve essere fatta una sola volta. Devi aspettare che ti sia sollecitata ripetutamente.
So drio a pensarghe” devi rispondere così fai la figura di chi ci ha ragionato sopra, di chi si è realmente impegnato.
Sono pochi quelli che riescono a capire che ti sei impegnato su di una questione difficile.
Quei pochi che riescono a capire la tua professionalità; la tua capacità di risolvere in fretta i problemi non interessa; anzi i tuoi colleghi ne sono invidiosi e tentano di demolirti perché non vogliono darti la dovuta soddisfazione.
Bisogna disegnare col lituo, come gli indovini, l’ampio spazio temporale entro cui decidere.
Appoggiarsi al bastone ricurvo degli auguri serve per prendere tempo. E’ il modo di fare più conveniente quello che di certo ti impegna meno.
Bisogna tergiversare sia nei confronti di chi fa delle richieste sia nei riguardi di chi si oppone.
Se decidi in tempi brevi tutti credono che sia stata una passeggiata, una cosa che tutti sono in grado di fare.
Se decidi in tempi lunghi può verificarsi che il problema si sia già risolto da solo, così fai la tua bella figura senza muovere un dito.
Procrastinando ogni decisione, riservandoti tutto il tempo, anche più di quello necessario, in ogni caso, dai la prova concreta che si tratta di un affare complicato che ti ha impegnato a lungo, che hai una preparazione adeguata per risolvere i problemi più complicati e che hai studiato approfonditamente la questione per non prendere decisioni affrettate.
Nei confronti di chi si oppone bisogna proporre un percorso di riunioni, di incontri, di dibattiti, per limare le divergenze per spiegare che i dati non sono così negativi, che il progresso esige delle scelte a volte anche impopolari, che c’è bisogno dell’intervento per risolvere i problemi, per dare impulso all’occupazione e per aumentare il prodotto interno lordo.
L’intervento ci farà stare tutti meglio, mentre staremmo tutti peggio nel caso di una assurda opposizione.
Bisogna frenare chi preme sull’acceleratore degli interventi affinché i tempi degli uni coincidano con i tempi degli altri. Si deve ben vedere che l’intervento di Presidente rappresenta una mediazione indispensabile.
Per questo lui si ferma al tavolo dei postulanti troppo pressanti solo per porgere i doverosi saluti.
I tempi delle sue fermate sono appositamente calcolati.
Dove non ci sono richieste si intrattiene a discutere tranquillamente mentre una sosta limitata nel tempo vuole mettere un freno alle domande troppo pressanti.
Una breve fermata significa che lui deve ancora pensare alla soluzione o che l’istanza non è stata formulata come si conviene e che bisogna riflette-re al fine di trovare la giusta scansione temporale.


2.              Capitolo. Il professore.


Cedendo, infine, ai ripetuti richiami, Presidente si fa trascinare di buon grado sul divano, non il più comodo, non il più grande, ma bello, di una sobria eleganza che ben si addice alla sua personalità e alla sua carica.
Non a caso ha scelto di sedersi con le signore più in, profumate e bellissime nei loro modelli esclusivi; esse stonano in quell’ambiente maschi-lista dove si parla solo d’affari. Su quel divano a forma di elle sono seduti anche alcuni profes-sionisti che vivono del loro sapere, senza doversi preoccupare di ricercare piaceri dal potere.
Pur essendo gente preparata non si interessano molto dell’attività dell’Organizzazione, ne colgo-no solo l’aspetto positivo. Tutti i benestanti, di fondo, sono filo governativi.
Stanno bene così, non vogliono rivoluzioni, sobbalzi che possano distoglierli dal loro tran tran quotidiano che li soddisfa pienamente dopo tanti anni di gavetta.
Verso Presidente hanno quindi un atteggia-mento di rispetto perché rappresenta chi comanda cui non esiste altra alternativa.
Il Professore, che è seduto fra di loro, si alza compiaciuto al suo passaggio felice di potere stringergli la mano e di dimostrare a tutti la sua familiarità con siffatto personaggio.
Ghe xe un fia de mosche in giro” si permette di osservare “so sicuro che se risolverà presto el problema” si corregge prontamente quasi scusandosi della pur lieve critica.
Presidente, che ha una grande stima del Professore, glissa via sulla critica (che detta da un altro avrebbe causato una secca risposta).
Il nuovo arrivato si sente subito a suo agio fra quel gruppo di sostenitori che non lo assillano con richieste e quella sera vuole prendersi almeno qualche minuto di relax. “Perché, caro Profesor, deve pensar che la politica non xe un mestier ma xe un ideal di vita” tronfio si pavoneggia “mi ghe go dedicà tuto el me tempo.
Giorno e note sono sempre pronto a veder tuti a parlar co tuti a partecipar a incontri o discussion nel più sperduto paese. So sempre disponibie a aiutar tuti co spirito de servizio”.
Con la sua veemenza Presidente impedisce all’interlocutore ogni possibile interferenza con la sua prepotenza verbale quasi ad eliminare tutti gli ostacoli che gli si possano porre innanzi.
Il dialogo diventa così un monologo.
E’ convinto che la forza delle sue argomentazioni dipenda anche dal modo di impostare la discussione.
Lui si comporta come se e parole acquistino una maggiore capacità di persuasione per il fatto che sono pronunciate con energia, una di seguito all’altra, come un grande fiume di sillabe e di suoni che può, anzi, deve travolgere tutto.
I contenuti per lui sono un optional pronto a modificare le più profonde convinzioni di ieri qualora le situazioni siano mutate. La sua voce si modula su toni più acuti ed incisivi appena l’ascoltatore dà un minimo segno di disattenzione ovvero se questi cerca di interrompere il discorso per correggere o modificare certe affermazioni oppure solo per discuterle.
L’altro tema caro a Presidente, oltre a quello dello spirito di servizio e della sua disponibilità verso gli altri, è quello del ruolo dell’opposizione.
Perché el vede” gli è caro questo nodo di iniziare e di continuare il discorso, facendo seguire una breve interruzione durante la quale fissa intensamente l’interlocutore, soprattutto per riconnettere le idee che va esponendo “deve pensar che l’Organizasion deve governar, deve cambiar sta nostra società. Dovemo rinovarse perché la società xe in movimento. E’ necessario crear una società più giusta dove tuti xemo uguali.”

3.              Capitolo. L’obiettivo.


“Ma qual è il suo obiettivo” gli chiede una giovane donna affascinata dalla foga del suo discorrere.
Il mio obietivo xe continuar cusì el mio lavoro a disposizion de la me gente.
Nella discussione tutto il corpo di Presidente si anima.
Gli occhi acquistano una luce nuova, brillante e viva; egli fissa i suoi interlocutori quasi voglia ipnotizzarli.
Lo stesso comportamento, di solito compassato, cambia.
Gesticola incessantemente con le mani, solo ne abbia la possibilità, da perfetto istrione.
Presidente si alza di scatto dalla sedia per portarsi dietro la spalliera ed appoggiarvisi, quasi ad accentuare il suo aspetto da tribuno.
Lo anima un inconsueto gusto per la lotta, per la battaglia personale, per imporre le sue idee agli interlocutori che devono finire travolti come gli avversari politici.
L’aggressione agli avversari ha la giusti-ficazione più ovvia.
La necessità di conservare la posizione di potere deve essere salvaguardata in ogni istante.
Tutti negano di stare comodamente sulla poltrona del potere, ma nessuno di quelli che hanno veramente voluto e conquistato lo scettro hanno mai lasciato volontariamente il signum magisterii.
Il potere è come una droga se sei abituato a farne uso è molto difficile smettere.
Il vero obiettivo di Presidente è difendere le posizioni acquisite e cercarne altre più importanti.
E’ un impegno che persegue scientificamente aumentando i contatti con tutti i suoi potenziali sostenitori.
Presente sempre è il suo motto.
La presenza è il suo modo per tenere le posizioni sul territorio, per fare vedere che è lì.
E’ sempre pronto a spendersi per tutti quelli che hanno bisogno di lui e che lo sostengono.
Non c’è riunione degli iscritti all’Orga-nizzazione o di una qualsiasi associazione economica, culturale, sportiva, di beneficenza o di assistenza sia cattolica che laica che non veda la presenza di Presidente.
E’ capace di partecipare anche a quattro cene per sera dividendo equamente i saluti con un gruppo, l’aperitivo con un altro, il pranzo con un terzo ed il dopo cena con un quarto.
Presidente è presente dappertutto.
Gli elettori sono la sua famiglia e i suoi affetti, il suo necessario sostegno per le battaglie politiche.
Sono la sua compagnia perché di fondo Presidente è solo: anche i boiardi più fidati non partecipano al suo forsennato giro.
La ricerca del consenso ha una regola precisa: devi essere solo.
Non devi condividere con nessuno i tuoi rapporti e le tue relazioni.
Tu devi essere l’unico referente.
Presidente non è lì per degli ideali.
Gli interessa poco dei problemi della nazione, dei suoi concittadini gliene importa ancora meno e non ha crociate da portare a termine.
Lui di idee, invece, ne ha molte, anche troppe.
I molti progetti che gli frullano per la testa sono soprattutto tesi a rendere concreto il suo sconfinato desiderio di emergere, di riscattare in qualche modo i suoi natali.
Proviene da un ambiente piccolo borghese che non ama.
Presidente ama vivere brillantemente in una grande casa, possedere delle macchine di grossa cilindrata, contare socialmente e frequentare amicizie influenti.
Non ha, però, un mestiere od una professione che gli consenta di conquistare una posizione nella società; l’unica cosa che sa fare è l’attivista nell’Organizzazione, non avendo mai lavorato in vita sua.
Brillante con gli umili e sottomesso ai potenti ha le carte in regola per fare una brillante carriera.
E’ molto difficile sentire parlare Presidente del suo vero modo di intendere la vita.
I suoi veri sentimenti sono sempre mascherati da una riserva inesauribile di frasi fatte, di espressioni convenzionali, che trae dagli articoli dei giornalisti più in voga e dai comunicati dell’Organizzazione che riporta fedelmente nei suoi discorsi.
Il suo è un parlare per slogan, ricaricato dalla sua formidabile carica aggressiva. E’ il principe dei luoghi comuni, delle frasi ovvie che ripete in ogni circostanza per una sua vocazione al presenzialismo perché per lui l’importante essere nella testa della gente per potere avere il consenso nei momenti opportuni.
Ad un certo punto Presidente, forse perché è lui stesso stanco dei suoi discorsi, ripetuti fino alla noia decine di volte, volge, e non a caso, gli occhi verso l’enorme divano di forma circolare che, nell’ampia sala, troneggia di fronte al camino.














4.              Capitolo. Donna Flavia.


Presidente sa che guardando verso il divano avrebbe inevitabilmente incontrato gli occhi di Donna Flavia.
La trova che conversa amabilmente e fuma avidamente, a lunghe boccate, una gitanes - la sua marca preferita - usando come il solito un lungo bocchino d’avorio.
Si scusa con la sua compagna di conversazione, si alza e si dirige risoluto verso quell’angolo della sala.
Donna Flavia lo accoglie con un amabile sorriso.
Anche quella sera, come sempre, è molto elegante. Indossa un vestito di un rosa pallidissimo, con un’ampia scollatura che mette in risalto le atletiche spalle abbronzate prima per la frequentazione dei campi di tennis del club più esclusivo della città ora, dopo l’invasione degli insetti, per la assidua pratica al club Abbronzatissima che assicura con l’uso delle lampade lo stesso effetto.
Gioca a tennis nel palazzetto solamente all’una invece di fare colazione così può sfoggiare sempre un fisico tonico e asciutto che fa sempre girare la testa agli uomini per ammirarla
Dopo averla salutata con un disinvolto: “Ciao cara” le prende con grande delicatezza la mano e si china verso di lei, dando dimostrazione di avere acquisito una grande abilità nell’arte di baciare le mani alle signore (anche se questa usanza viene considerata dai più del tutto superata).
Donna Flavia stravede per Presidente.
Il suo modo di approcciare, la sua capacità di aggredire a parole qualunque argomento e qualunque avversario, riducendolo a brandelli, e la sua abilità nel riuscire vincitore in ogni disputa verbale, la entusiasma.
Per questo è diventato ai suoi occhi il simbolo di un eroe, di un eroe moderno che non combatte con la spada, ma con le parole, che non doma focosi cavalli, ma che tiene ben stretto lo sterzo della sua fuori serie.
Un eroe comunque che non guarda in faccia nessuno per il raggiungimento dei suoi obiettivi.
Donna Flavia non ha mai fatto alcuno sforzo per ricercare quali siano gli obiettivi ideali che il nostro, anzi scusate il suo eroe segua, ma quali siano le nobili cause che Presidente sostiene, tutto sommato, non le importa.
Conta solo una cosa: che sia sempre vincitore.
Presidente, invece, di Donna Flavia ama soprattutto la indiscutibile bellezza, l’eleganza nel vestire, il modo appropriato di truccarsi ed il corpo snello e flessuoso.
E’ anche lei, nel suo genere, una vincitrice sulla bruttezza, sulla miseria, su di una vita senza emozioni.
Si siede vicino a lei e rimane con quella gradevole compagnia, cambiando però l’indirizzo dei suoi discorsi.
Presidente non è certo un play boy, ma, difficilmente, avrebbe resistito alla tentazione di un’avventura galante con Donna Flavia solo che se ne presentasse l’occasione.
Lui sa però che non può esserci alcuna storia fra di loro.
Donna Flavia è sentimentalmente legata a Commendatore.
Donna Flavia può essere una pedina importante nei suoi piani poiché vuole procurare a Commendatore una posizione di prestigio nell’ambito della Organizzazione, assicurandogli la vice presidenza del Consorzio.
Può essere una importante alleata cui vale la pena dedicare parte di una serata.
Il giro fra gli invitati è finito con una serie infinita di sorrisi; il nostro uomo non ha ancora avuto però i contatti desiderati.
Mentre sta seduto al tavolo Presidente nota un ospite che è entrato senza farsi notare, a differenza di altri, che hanno passato in rassegna tutti gli invitati prodigandosi in grandi manifestazioni di entusiasmo.
Per taluni è importante fare notare che conoscono gran parte degli ospiti.
Il nuovo entrato ha salutato educatamente i padroni di casa e solo pochi ospiti, poi ha occupato un posto a sedere e si è messo in posizione di attesa, come se aspettasse qualcuno
Si è accomodato su di una poltrona attorno al quarto tavolo a sinistra rispetto alla porta di ingresso.
Il tavolo è vuoto perché gli altri ospiti sanno che quel tavolo è riservato e ci si può sedere solo lui; l’uomo si è collocato nell’angolo opposto all’ingresso sedendosi nella poltrona contro il muro; è quella una posizione da cui si possono controllare tutti i movimenti che avvengono nella sala.
Il nuovo venuto non sta seduto da solo a lungo, perché Presidente si precipita al suo tavolo appena vede che si è accomandato al solito posto.
Lui accomodandosi non riesce trattenere un sorriso di soddisfazione per avere raggiunto l’obiettivo di parlare con un ospite così di riguardo.
Bonasera sior Amadio” gli dice.
Se vedemo doman qua ghe xe tropa gente che scolta” gli risponde con un cenno di saluto che pone fine ad ogni colloquio e alzatosi se ne va silenziosamente come è venuto.










5.              Capitolo. Il Pattona.


Il sig. Amadio, ma tutti lo chiamano il Pattona è il vero padrone della città controlla tutto.
Lo chiamano Pattona per via della sua industria che produce farina di castagne.
Ha cominciato da piccolo a vendere castagne d’inverno, al freddo, scaldandosi al fuoco del braciere che cuoceva le caldarroste; il Pattona si è forgiato anche lui a quella fiamma come l’acciaio di Krupp.
E’ talmente abituato al freddo che d’inverno non mette mai il cappotto.
I primi tempi sono stati duri, ma il Pattona ha il fiuto degli affari ed ha cominciato prima a commerciare in castagne e poi ha inventato una ricetta particolare per produrre la pattona dalla farina di castagne aggiungendo un misto di marmellata al liquore di arancia e con la buccia grattugiata di limone.
La pattona è diventata il dolce più consumato nella città.
Questa attività gli ha consentito di diventare un uomo ricco e potente.
Egli ha imparato a diversificare e con le giuste amicizie ha cominciato la scalata ad una serie infinita di iniziative finanziarie impegnandosi in importanti affari.
E’ proprietario della ditta più grossa della città con il fatturato più rilevante, ma compra e vende di tutto.
La sua fortuna è esplosa da quando è entrato nell’Organizzazione.
Tutte le sere dopo avere curato gli affari correnti il Pattona frequenta tutte le occasioni di incontro che la città offre.
Se si ha l’opportunità di incontrare le persone giuste, nei posti adatti, si può discutere di tutto e quindi anche parlare di affari nel modo più rilassato.
Ogni attività deve essere autorizzata; c’è bisogno del consenso dell’Organizzazione per essere esercitata. Pattona è l’interlocutore privilegiato per entrare in contatto.
Riunione dopo riunione ha girato tutte le sezioni in città e nella provincia.
Congresso dopo congresso, voto dopo voto, oramai Pattona conosce e può facilmente controllare tutte le componenti della tela del ragno.
Gli affari che riesce a fare per mezzo dell’Organizzazione contribuiscono ad acquisire finanziamenti che vengono in parte tesaurizzati nelle sue attività ed in parte devoluti per fare vivere la complessa struttura dell’Organizzazione.
Oramai è diventato il maggiore sponsor, riesce persino a imporre i candidati o a mettere il veto su quelli meno graditi e ne sovvenziona la campagna elettorale.
In cambio del suo intervento economico mette le sue condizioni, impone le imprese di sua fiducia e dà le indicazioni nelle scelte più importanti.
E’ sponsor di circoli caritatevoli e di circoli culturali trovando così il sistema di fare digerire alla collettività anche certi suoi programmi al limite della compatibilità ambientale.
Tutti i suoi figli e molti suoi parenti ricoprono cariche importanti: uno è primario nell’Ospedale, l’altro è presidente della Banca cittadina, un altro ancora è Rettore dell’Università.
Il Sig. Amadio porta bene i suoi sessanta anni.
Ha un mento sporgente e la mascella volitiva e i peli gli escono numerosi dalla tromba di Eustachio.
Presidente così sicuro, così a suo agio a trattare con le persone, quando è a tu per tu con l’industriale, si sente soggiogato da quella indomabile personalità.
Prima ancora di sentire il motivo di quell’incontro il Pattona immagina le richieste che il suo interlocutore sta per avanzargli.
Il suo scopo è quello di trovare consensi nella stessa Organizzazione, per rimanere comodamente seduto nella poltrona di Presidente del Consorzio.
Presidente si è reso conto di non avere più i consensi necessari e che nell’ultima riunione del Consorzio il suo scranno ha cominciato a traballare.
E’ regola elementare che bisogna ricercare consensi quando vi sono difficoltà in vista.
Bisogna agire in fretta altrimenti l’Organizza-zione stavolta può negargli il consenso necessario e cambiare cavallo di razza.
E’ il momento buono per mettersi in mostra, per fare vedere a tutti che si è pronti a giungere ad una posizione più importante dopo tanti anni di paziente preparazione in anticamera del potere.
C’è poi evidente la necessità di procurare affari interessanti a qualche amico per consolidare la rete di protezione alla sua carica.
Sta soppesando mentalmente, per l’ultima volta, ogni parola dell’imminente intervento in quanto sa che da esso dipendono tutte le sue ambizioni.
La partita col destino si perde o si vince e basta poco per fare cambiare la tua strada.
Presidente sa che quella è la svolta decisiva.
Perché el vede” incomincia con il solito intercalare “mi penso che bisogna risolver el problema dele mosche fasendo tuti un sforzo de mobilitazion.
Già l’abituale logorrea ha coinvolto Presidente che si incammina naturalmente verso il solito comizio prima di arrivare al dunque.
Il suo interlocutore lo interrompe immediata-mente, mostrando di volere arrivare subito al noc-ciolo della richiesta, privandolo così del piacere di illustrare tutti i dettagli della sua articolata proposta.
Cosa ti vol” gli chiede tranquillamente.
Presidente si rilassa, trae un respiro più profondo, si liscia i capelli con la mano destra, prende insomma ancora qualche secondo di tempo, quasi non possa esprimersi prima dell’istante fatale.
Voio conservar la presidenza del Consorzio e far el salto verso un incarico più importante a Roma!” Pronuncia queste parole accentuando il movimento delle labbra, tanto che si sarebbe potuto capire il senso della richiesta anche se, per un bizzarro scherzo del destino, in quella occasione il fiato non gli fosse voluto uscire di gola o le corde vocali non avessero voluto vibrare.
Il Pattona non si meraviglia che una simile domanda sia rivolta proprio a lui, che è il maggiore elettore della circoscrizione.
Tutti sanno che tra lui ed il Presidente dopo l’elezione non sono intercorsi buoni rapporti.
Il Consorzio è rimasto troppo fermo per le sue abitudini movimentiste.
Pochi appalti, poche assunzioni e, soprattutto, poco movimento di denaro.
L’ente non dà all’Organizzazione nessuna buona occasione per fare vedere ai suoi sostenitori i successi ottenuti nella gestione e per fare entrare nuovi proventi nelle tasche dei boiardi.
L’Organizzazione non sta facendo una bella figura nell’amministrare il Consorzio, occorre proprio un nuovo intervento che dia un impulso alle iniziative dell’ente.
Presidente è l’uomo giusto per i piani di Pattona ma la sua figura deve essere rilanciata  e potenziata o deve scomparire.
Trae di tasca l’agenda e la fida parker d’oro massiccio e si mette a fare dei conti.
Ti ga bisogno de voti sicuri ” risponde “ in cambio ti devi meter un me omo nela comision gestion, che deve aver la vice presidenza del consorzio per garantir el bon esito de l’affar de le mosche. Per Roma se pol fare ma bisogna lavorar su altri affari più grossi.”
Presidente, prima ancora di essere soddisfatto di come si va profilando l’accordo, rimane esterrefatto da come quell’uomo abbia potuto conoscere l’affare delle mosche che - ci avrebbe giurato - è riservatissimo.
L’affare è stato prepa-rato con una cura meticolosa da alcuni mesi per imporre un prodotto non tossico che abbia l’assenso di tutti.
E’ la soluzione del problema nei modi e nei tempi tali da consentire i giusti guadagni.

































6.              Capitolo. La teoria del potere.


Presidente non lo sapeva ma Pattona ha bisogno di lui, di una persona come lui disposta a tutto per emergere.
C’è bisogno di persone che possano colpire senza alcun problema i loro amici i loro compagni di lavoro per favorire i loro interessi. Disposte a fare soffrire e complicare la vita degli altri per potere guadagnare di più con i propri affari.
Bisogna essere pronti a sacrificare tutto alla logica del guadagno senza alcuna legge morale senza alcuno scrupolo.
La filosofia del Pattona è semplice.
Per conservare il potere nella civiltà di massa che eleva la cultura dei popoli occorre render difficili  gli adempimenti di tutti i giorni affinché alla gente comune sia più laborioso metterli in pratica.
In tal modo la funzione della classe dirigente diventa indispensabile per semplificare ciò che essa stessa ha reso complicato.
Per fare questo ha bisogno di mediocri incapaci di gestire alcunché in tal modo che cose si ingarbugliano da sole  e così per lui è più facile trovare soluzioni che risolvano i problemi a suo vantaggio.
Lui ha bisogno di gente aggressiva che ripetano convinti poche affermazioni.
L’Organizzazione è la migliore , i suoi dirigenti sono i più bravi per definizione.
Goi altri sono inetti e cialtroni senza bisogno di dimostrazioni troppo complicate!
Pattona ha bisogno di gente come lui che creda a quello che l’Organizzazione afferma.
Gli affari che gli garantisce la provincia non gli vanno più bene, vuole arrivare con persone fidate nella capitale dove si possono congegnare attività molto più lucrose perché nelle aree metropolitane i solidi girano a ritmo vorticoso.
Più grossi sono gli affari ed i giri di denari e più è facile che una buona fetta resti attaccata alle mani di chi è lì per prenderli.
Presidente è il gregario giusto che può ripagare in misura congrua piccoli piaceri, come quello di confermare una Presidenza, che a lui non costano molto.
Dalla Capitale partono tutte le iniziative per erogare finanziamenti per gestire tutti i lavori più grossi
Stare lì significa essere in pole position per pilotare appalti e lucrare agevolazioni.
A Presidente che gli sta di fronte in reverente silenzio come un discepolo davanti al suo maestro sentenzia   “Caro amico la storia insegna che  ghe xe chi è destinato vincere e chi a perdere. Noialtri xe scritto vincemo! E po’ sta tento che un affar de provincia ben svolto pol portarte a la Capital.”
y:"Time� -6w R � ��( rif"'>Natale lo ricostruisce mentalmente ricompo-nendo con estrema facilita quel piccolo puzle.
E’ in grado di seguire mentalmente le fasi del restauro intuendo anche chi può essere il futuro proprietario fra i suoi affezionati clienti.
Unica eccezione alla sua raccolta sono i mobili nuovi in legno pressato dipinto con colori innaturali.
Xe mobili senz’anima” dice Natale “senza color, senza storia, nisun pol conoser da che pianta i provien”.
Se poi passa qualcuno disposto a portarsi via il mobile anche così concio per restaurarselo in proprio Natale è ben contento. In questa maniera ci ha guadagnato subito il giusto senza perdere tempo e può così essere libero di intraprendere un nuovo affare.
Nella bottega di Natale si può incontrare un universo di persone.
Amanti del fai da te che chiedono un consiglio, l’esercito degli scrocconi che chiede il piacere di avere in prestito una sgorbia o di un morsetto o di saldare con la colla di pesce un pezzo di legno.
Lui ha sempre sul fuoco la colla di pesce e se hai voglia di rispettare i suoi tempi non rimani deluso.
Natale ha una pazienza infinita: non dice di no a nessuno un po’ per eccesso di cortesia e un po’ perché non vuole perdere i clienti.
La bottega di Natale è anche un ritrovo dove chi non ha fretta può passare del tempo; si può vedere sempre un gruppo di persone.
Sono lì per discutere del più o del meno o per verificare se c’è della roba nuova da mettere in casa o da rivendere per lucrarci qualcosa.
Natale tiene banco per illustrare le qualità della merce nuova.
Con una lente d’ingrandimento controlla i particolari, specie se c’è da decifrare la storia del pezzo.
Natale con competenza ipotizza le soluzioni possibili per identificare l’autore.
Lui è un amante oltre che di mobili anche della pittura e della grafica.
Conosce i pittori e gli artisti della zona ed è in grado di stabilire con certezza anche il periodo in cui sono stati eseguite le opere. Individua la data di realizzazione dei quadri dal tipo della tela e della grafica o dei disegni dalla consistenza della carta .
La sua bottega è una piccola Atene dove si discute di arte e di artisti che hanno saputo realizzare un dipinto, una scultura, un tavolo o un cassettone con grande maestria, di artisti magari non di grande successo ma che hanno saputo resistere con le opere alla cancellazione della loro memoria da parte del tempo inesorabile.
Natale coniuga questo suo amore per l’arte con la pratica commerciale.
Tutti possono portare da Natale mobili od oggetti da lasciare in conto vendita.
La stima la fa Natale che mantiene il prezzo entro limiti contenuti per consentire la vendita in tempi brevi secondo il motto “I schei meio pochi ma subito”.
La bottega non è molto grande; entrano Presidente e Politicante, gli altri rimangono in macchina poiché sono stati avvisati dal cellulare che la visita sarà breve.
Come va Natale con ste mosche” chiede Politicante.
Saluta poi Aurora, la moglie di Natale, che è un elemento fisso dell’arredamento della bottega.
Se ne sta lì gran parte del pomeriggio a guardare Natale che sta parlando con un cliente per illustrargli le caratteristiche di un tavolo.
Accortosi che la colla raffredda e che deve sal-dare con urgenza un’anta di una libreria l’attento restauratore si sposta rapidamente all’altro lato della bottega scusandosi col suo interlocutore.
Aurora non fa nulla salvo dare sfoggio della sua cultura sulla pittura locale affermando la sua passione soprattutto per i pittori che interpretano nelle loro tele il grande fiume; nel frattempo la figlia Beatrice si industria a colorare delle cornici.
Lei usa un tampone per dare dei colpi di colore disomogenei creando un effetto particolare. La figlia obbediente trova comunque il tempo per annuire alle affermazioni della madre.
Ama le tele che ritraggono le rive del grande fiume, i pioppi che popolano i terreni golenali, le cave di sabbia e il ritorno dei pescatori al tramonto dopo il duro lavoro.
Lei sì si lamenta delle mosche perché non è distratta da alcuna occupazione, Natale no.
Lui si è affrettato a mettere le zanzariere alle finestre e alla porta ed ha collocato una bussola che impedisce, almeno in parte, che con l’ingresso delle persone entrino anche le mosche.
Natale è tutto intento al restauro di un vecchio pavimento a quadroni che deve arredare la sua nuova casa e non può preoccuparsi, dato il suo elevato livello di concentrazione, dell’indubbio fastidio che gli insetti provocano.
Ha accuratamente smontato un parquet proveniente da una demolizione: ogni riquadro è realizzato con legni diversi che compongono un quadrato.
I legni sono di spessore diverso e non coincidono perfettamente fra di loro.
Natale li ha lavati, asciugati e piallati per ridurli allo stesso spessore e ha ricomposto con pazienza infinita il disegno avendo cura che i pezzi si incastrino perfettamente.
Ha realizzato una vernice inodore a base di essenza di trementina che emana un odore piace-vole invece della puzza che di solito lasciano le vernici più dure da parquet poiché l’appartamento è già in parte abitato.
Questo restauro lo assorbe completamente.
I problemi risolti per recuperare il parquet lo entusiasmano.
Ti ga visto che spetacolo sto pavimento” dice al Presidente appena lo vede incurante del fastidio che le mosche gli procurano “Piallar, lavar e meter in sesto sti quadrati me ga fato girar la testa.”
Con la bussola e la carta moschicida, che penzola dal soffitto della bottega, Natale ha ridotto in maniera rilevante il numero di mosche in circolazione nel suo locale. Quelle residue gli girano intorno alla testa come un’aureola, ma non gli danno eccessivo fastidio.
Gli insetti sicuramente disturbano di più Presidente abituato a locali resi sterili dall’aria condizionata a tutto volume.
Natale è talmente preso del suo lavoro che non si accorge neppure del ronzio, salvo a scacciarlo con un gesto meccanico della mano.
E’ come un gatto sornione che controlla il suo territorio e ogni tanto alza la zampa per allontanare un noioso intruso. Vive nel suo mondo, felice di fare rivivere vecchi mobili e di godersi il piacere di ammirare pitture e stampe, del resto non gli importa granché.
Presidente invidia la sua grande serenità.
Non può fare le solite paternali o discorsoni; nel mondo di Natale non hanno senso.
Ti sta ben ti al mondo, Natale” gli dice e se ne va.






























6.              Capitolo. La casa della musica.


E’ giunta la sera e Presidente, riaccompagnati a casa i compagni di viaggio, rimane solo con l’autista; per finire la giornata in allegria decide di distrarsi andando a trovare un altro vecchio amico.
La giornata è stata particolarmente lunga e faticosa.
Giungono, appena fuori dalla città, in una grande casa padronale che si affaccia su una grande aia chiusa da un recinto.
A fianco dell’abitazione principale sono collocate delle case coloniche da una parte e dei barchessali dall’altra.
Nei barchessali riposano alcune macchine agricole che hanno smesso da tempo di fare il loro mestiere.
Viene loro incontro un cane festoso che scodinzola allegro come se li conoscesse da sempre.
Con la coda riesce a scacciare un numero esiguo di mosche, le altre lo seguono, ma deve esserci abituato e non gli danno fastidio più di tanto.
Dalla casa provengono i suoni festosi di un gruppo di musicisti.
E’ la casa della musica di Antonio Zameldi.
La casa è grande, ci sono una serie di stanze una dentro l’altra; Antonio ha sacrificato le prime due per potere isolare le mosche che entrano con i suoi numerosi visitatori.
Antonio è ingegnoso ed ha, inoltre, limitato il problema dell’entrata degli insetti ponendo dinanzi alle porte di ingresso dei filamenti di plastica che scendono fino a terra.
I filamenti sono sottili e spessi come una cortina morbida che avvolge gli ospiti che spariscono entro di essi con una leggera pressione del corpo mentre le mosche non riescono a passare non potendo spingere quella massa.
Ti ga visto come gavemo risolto il problema dele mosche con un poco de fantasia” gli dice Antonio che non perde mai la sua calma ed il suo buon umore anche nelle situazioni più complicate.
E’ forse uno dei pochi che non si lamenta anche se le mosche gli danno molto fastidio.
Vive quasi sempre rintanato in casa, ma ciò gli dà piacere.
La forzata immobilità, infatti, gli ha fatto aumentare la voglia di fare musica.
La casa è grande e mai come in quel periodo è invasa da musicisti che passano gran parte del giorno a mangiare, bere e suonare.
E’ un continuo andare e venire di amici che all’imbrunire, finito il lavoro, lascia ogni altra occupazione all’aperto, impossibile da svolgersi in quelle condizioni, per arrivare da Antonio.
Entrano di corsa affrontando con allegria lo sciame delle mosche che in campagna aumenta di intensità
Arrivano carichi di ogni ben di Dio.
Culatelli, salami, polli, uova e torte: tutto quello che serve per continuare quella kermesse musicale. La colazione è gentilmente offerta ai musici che si alternano agli strumenti.
Chi non è capace di suonare canta e, se è stonato in maniera esagerata, si limita a fare coro.
Presidente non può fare a meno di complimentarsi con chi ha trasformato l’invasione delle mosche in un’occasione per divertirsi.
Bravo Toni sona per mi: Non ti fidar ” gli sussurra avvicinandosi e dimenticando per un momento le tensioni della battaglia contro le mosche.
Ama molto quel motivo che nei tempi in cui l’Organizzazione gli lasciava dei momenti liberi cantava facendo la seconda voce.
Non sa resistere e si mette, con i boiardi che sono entrati con lui, a cantare.
E’ difficile resistere alla forza travolgente delle note che escono dagli strumenti degli scatenati amici di Antonio.
E’ lui il gran cerimoniere della Musa che celebra i suoi riti con tutti gli altri che gli fanno corona.
Lui suona e canta; nei momenti di raro inter-vallo racconta barzellette per fare riprendere fiato ai suoi scatenati suonatori.
Antonio trasmette allegria e buon umore a tutti i commensali; essi sorridono felici, scordano persino l’attacco delle mosche che devono affrontare ancora all’uscita.
Antonio ha dimostrato ancora una volta la sua grande saggezza nell’affrontare la vita per il suo verso.
Ha trasformato in allegro un avvenimento ciò che per altri è fonte di angoscia.
Ancora un paio di canzonette e Presidente esce dal sogno di una vita spensierata per rituffarsi nei suoi obblighi pubblici.
Deve ritornare a fare la persona seria e ad interessarsi di problemi seri.
“Ciao Antonio” saluta e con un tenue rimpianto ritorna a fare il capopopolo.

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