venerdì 5 aprile 2013

L'affare. La situazione precipita.


1.              Capitolo. La situazione precipita.


Si sa che le disgrazie non vengono mai da sole ma sempre in compagnia: una di seguito all’altra.
Il ripetuto trillo del telefono sveglia Presidente all’alba.
A lui l’alba non è mai piaciuta i colori sono tenui e il cielo è freddo anche d’estate.
A lui piace il tramonto, quando il sole saluta con tutte le sfumature del rosso la terra.
L’alba lo rende poi particolarmente nervoso specie se è svegliato mentre è immerso nei suoi sogni di gloria.
La sua mano si abbatte pesantemente, ancora intorpidita dal sonno, su quello squillare fastidioso e lo fa zittire.
"Presidente” esclama dall'altro capo del filo il Giovanni “xe successo un fato gravissimo: quattro persone xe all'ospeal con strane mace sul corpo e con febre alta.”
E’ stato Paolo, quello che fa il portantino in ospedale, a comunicarlo.
Sembra che i medici ritengano le mosche la causa della malattia.
I ricoverati provengono tutti dalla zona sud della città, nella prima periferia. Lì dicono vi siano alcuni vecchi allevamenti di suini.
Ghe xe pericolo, Presidente, xe già arrivada la stampa!"avvisa preoccupato Filisteo.
Presidente in cuor suo si aspettava quella notizia anche se con tutte le forze del ragionamento ha sempre cerca di esorcizzarla.
No xe possibile che quei quatro inseti posa recar dano!” si ripete “ xe quei che vol trovar sempre da lamentarse, che mena gramo!”
Al telefono resta zitto.
"Cosa se fa?" chiede Giovanni, scosso fortemente dalla notizia e, soprattutto, preoccupato che il male, qualunque ne sia la causa, possa diffondersi rapidamente.
"Sta calmo, non ghe xe da preocuparse" risponde pacatamente Presidente e dopo qualche altra frase di cortesia volta a tranquillizzarlo, mette giù la cornetta.
Ci vuole un po' di tempo prima che Presidente abbia modo di mettere a fuoco la notizia e di rendersi conto della situazione.
In un primo momento è quasi contento di quella catastrofe: pensa, infatti, al bel discorso che avrebbe potuto fare contro quelli che non sono in grado di risolvere i problemi.
Un bello sproloquio di critiche e di improperi a chi, dal banco del governo, non è in grado di fronteggiare le situazioni.
Un sollecito accorato a fare qualcosa, a muoversi, per concludere con una generosa offerta del suo contributo personale e dell'organizzazione per risolvere il problema.
Al massimo può fare un'autocritica, ma non gli sembra, in quel momento e con quei precedenti, la mossa giusta.
Gli altri, quelli che siedono nei banchi dell'opposizione, come avrebbero reagito? Sicuramente l'avrebbero attaccato duramente. Avrebbero messo in discussione il suo programma di azione.
Rischia che qualcuno della stessa Organizzazione metta in opera la sua stessa tecnica di attacco per indurlo alle dimissioni dalla Presidenza. Forse uno dei consiglieri di maggioranza aspira al suo posto e può utilizzare la notizia per cercare di affossarlo.
Le masse, quelli che credono in lui, nel suo operato, nella sua capacità di gestione, quelli che sono sempre accorsi ad ogni mobilitazione da lui promossa, invece, come si sarebbero comportati?
Certo sarebbe riuscito a convincerli, ma non per molto.
Presidente si rende conto che la situazione è seria, indubbiamente molto grave tale da compromettere anni di lavoro che l’hanno finalmente portato alla vetta del potere.
Deve assolutamente inventare qualcosa ed in fretta. Altrimenti avrebbe dovuto rinunciare, subito dopo averla assaporata, a quella sensazione inebriante che gli dà il potere, a quella sua tanto desiderata carica di presidente.
Vede chiaramente che il malcontento provocato dalla infezione può essere usato contro di lui, con la stessa logica con la quale lui, anche lui, ha gestito nella prima fase l'affare delle mosche.
Tuttavia si riprende subito da quella momentanea incertezza: l'abitudine al ragio-namento secondo le logiche degli indottrinamenti avuti negli anni di formazione nell'Or-ganizzazione ha il sopravvento e lo riporta subito all'impostazione del problema nella maniera più corretta.
Qui se c'è qualcosa che non va, è chiaro che non è solo lui che va a pallino, ma anche la stessa Organizzazione può essere coinvolta: e ciò non può assolutamente accadere.
Occorre dunque serrare i ranghi, chiamare tutti a raccolta per elaborare una strategia comune che possa contrastare lo smacco della infezione.
Qualcuno può pensare di convocare una riunione di tecnici, di medici, professoroni espertissimi nell'arte di Ippocrate, no: assolutamente questo a Presidente non frulla nemmeno nel cervello, perché equivale ad una ammissione indiretta di sconfitta.
Non bisogna mai affidare incarichi a terzi che possono indagare su fatti che mettano a nudo le nostre responsabilità, senza una necessaria mediazione da parte degli amici.
Solo gli accoliti possono mettere le cose nella giusta prospettiva ed indirizzarle verso la migliore soluzione.
Bisogna accelerare il programma, pronto da tempo per combattere finalmente le mosche, dedicando ad esso tutte le risorse disponibili, magari convincendo qualche boiardo ad aspettare l’ulteriore incarico e l’ennesima promozione.
E’ necessario, inoltre, trovare un responsabile del peggioramento della situazione che non può di certo imputarsi a lui e alla sua gestione.
Bisogna gestire quell’aggravamento della situazione di modo che Presidente ne ricavi un ulteriore prestigio per avere risolto una questione sempre più delicata.
Creare il problema e poi attribuirsi il merito di averlo risolto: è questa la soluzione più indicata.
Come no averghe pensà prima!” esclama Presidente che ha subito ritrovato, dopo un breve momento di panico, la grinta di sempre.



























2.              Capitolo. I clientes.


Sono accorsi tutti gli esponenti periferici dell’Organizzazione.
Gli infaticabili animatori della grandiosa mobilitazione, gli artefici della straordinaria vittoria di Presidente hanno mantenuto la loro grinta e la loro aggressività.
I clientes hanno ancora fiducia nelle sue idee e nelle sue promesse nonostante la situazione sia del tutto identica alla precedente gestione.
Pare impossibile, nulla è cambiato ma tutti i sostenitori dell’Organizzazione ancora credono in tutto quello che Presidente afferma.
Non sottopongono le loro meningi ad alcuno sforzo critico, rinunciano a vagliare criticamente i fatti, si fidano ciecamente nella validità di ogni direttiva del loro leader.
Forse credono perché non hanno altra possi-bilità.
Il loro lavoro, la loro carriera, la loro posizione sociale e tutto il loro futuro sono intimamente uniti alle sua sorte. Se lui crolla per loro è il disastro più completo.
Non vogliono neppure pensare che ciò possa accadere.
Antonio ha avuto un impiego in Comune, grazie al suo aiuto; deve esimersi dal portargli il suo sostegno quando il suo capo lo chiede?
Paolo ha avuto una lettera di raccomandazione per ottenere dopo due anni la pensione di invalidità, per via di una semplice artrosi alla caviglia che non lo disturba minimamente; non deve essere riconoscente?
Enrico ha un figlio disoccupato da due anni ed è nell’attesa di un lavoro che Presidente gli ha assicurato e che si può materializzare in breve tempo; non deve fare vedere che è in prima linea?
Francesco deve avere una consulenza; Riccardo vuole diventare boiardo.
Non sono più abituati ad essere artefici del loro destino, non distinguono più quelli che sono i loro diritti e quelli che sono i loro doveri.
Si sono adagiati ad aspettare che qualcuno dell’alto risolva nel modo più facile i loro problemi.
Senza sbattersi molto, senza impegnarsi pos-sono soddisfare tranquillamente i loro bisogni economici, basta solo sostenere Presidente.
Hanno la speranza di ottenere qualche beneficio o qualche privilegio. Tutti quelli che sono lì hanno delle aspirazioni latenti ma non hanno l’orgoglio di realizzarle da soli perché sono stati oramai abituati a ricorrere ad un interme-diario.
Presidente è il garante che quella speranza può concretizzarsi. Lui è pronto a sostenerla natural-mente solo per gli attivisti dell’Organizzazione.
E’ così che è diventato il genio benefico che esaudisce tutti i desideri.
La logica non è un elemento indispensabile dei loro ragionamenti, il sillogismo è un procedimento intellettuale del tutto sconosciuto, non analizzano mai se le promesse si basano su fatti attendibili o se sono solo parole al vento di quegli oratori inarrestabili.
Seguono solo gli slogan rinunciando ad utilizzare la propria testa per riflettere e per assumersi qualche responsabilità in più.
Vogliono abbattere nemici virtuali che rappresentano una società ingiusta per costruirne una nuova, così come disegnata dai discorsi di Presidente.
Non capiscono che solo pochi capipopolo possono ottenere cambiamenti sostanziali nella loro posizione sociale.
Loro avrebbero in ogni modo arraffato una briciola di favori. Quel poco, peraltro importante per il loro piccolo quotidiano, giustifica gli enormi privilegi che consentono di mantenere col loro consenso alla casta dei boiardi?
Non pensano che molti altri devono pagare a prezzo pieno e con gli interessi il fatto che le leve del comando siano in mano ad una classe dirigente incompetente.
Solo una palese sconfitta indiscussa, definitiva, perentoria, globale forse può scuoterli, farli ragionare e determinarli a mutare parere perché ormai l’Organizzazione li ha completamente plagiati.
Non vogliono che la gestione passi ad una classe di persone competenti, forse perché sono abituati alla presenza di persone supponenti che da sempre li intortano con mille discorsi privi di senso.
Sono certi di essere nel giusto che nessuno possa guidarli se non Presidente e l’Organiz-zazione.
E’ necessaria una maggiore autocritica, ma è solo una ristretta minoranza quella che ritiene siano necessario cambiare radicalmente.
Per la maggioranza l’Organizzazione è nel giusto.
Se ha espresso una linea di intervento nella lotta alle mosche bisogna seguirla senza discutere.
Presidente li conosce bene i suoi polli, sa come la pensano, sa come condurli per mano verso nuovi obiettivi.
Può con un po’ d’impegno portarli a conclu-sioni opposte di quanto ha affermato fino ad un minuto prima.
I fondi che si è procurato attraverso l’affare gli consentono ora di essere più potente nei confronti dei rappresentanti periferici.
Il denaro può aiutare nell’opera di proselitismo, finanziare i vari capipopolo, offrire delle gran cene di lavoro, fornire mezzi per fare propaganda, per favorire la mobilitazione o il trasporto di attivisti per la partecipazione a cortei, per sponsorizzare convegni, dibattiti, finanziare studi da presentare nella sala grande, chiamando a raccolta amici che avrebbero dato il giusto riconoscimento e la giusta diffusione ad ogni iniziativa.
In più ha già sistemato, per l’autorità che gli deriva dalla presidenza, gli attivisti più rappresentativi.
Il Consorzio, con l’avvento di Presidente, ha aumentato la sua struttura.
Gli organi di gestione sono raddoppiati in quanto il consiglio è affiancato da una com-missione nella quale trovano posto quasi tutti gli altri rappresentanti dell’Assemblea.
I dirigenti sono triplicati.
E’ stato semplicissimo; è bastato frazionare i servizi e porre a capo un dirigente per ogni servizio.
In tal modo Presidente ha potuto agevolmente assumere alcuni esponenti dell’Organizzazione che, in tal modo, consolidano il controllo sull’ente.
Spezzettando le mansioni è stato necessario triplicare il personale con gran soddisfazione di tutti i dipendenti.
Il budget non è un problema perché all’assem-blea che delibera i finanziamenti per il Consorzio partecipa un buon numero di amici di Politicante e con l’appoggio del Pattona è un gioco da ragazzi fare approvare il bilancio.
I buchi possono essere coperti per un po’ di tempo con le risorse accumulate negli anni poi qualcuno ci penserà.
Chi poderà meter su la strada tuti qui che go asunto?” una ipotesi al di fuori del buon senso per il nostro presidente.
Il non avere ottenuto dei risultati concreti non lo preoccupa minimamente, poiché lui sa di potere contare sul consenso dell’Organizzazione.
La linea seguita dai dirigenti dell’Organiz-zazione è un atto di fede che non ammette alcuna verifica.
I dirigenti sono per definizione rappresentanti di tutti gli aderenti.
Con questa delega di potere, se a livello periferico l’Organizzazione raccoglie capillar-mente il consenso sul programma da seguire, chi può mettere in discussione una linea di comportamento che ha contribuito a formare?
Di fatto, se i vari aderenti ed attivisti dell’Or-ganizzazione avessero pensato un solo istante, si sarebbero resi conto dell’equivoco insito nel ragionamento, poiché essi non contribuiscono a determinare alcunché.
Non fanno altro che ratificare decisioni già prese dalle oligarchie che reggono l’Organiz-zazione.
L’abilità di quelle oligarchie sta proprio nel far credere che le loro decisioni sono le aspirazioni, i bisogni, le necessità degli iscritti che contri-buiscono a determinarle.
In realtà, invece, tutto è deciso prima in ragione delle opportunità che il Comitato dell’Organiz-zazione ha deliberato.
L’impressione degli iscritti è quella di contare nelle decisioni da prendere anche se come una buona madre, i dirigenti correggono, modificano i primi passi dei loro bimbi; magari li sostengono sorreggendo il peso del corpo instabile sulle gambe, ma il fanciullino crede di camminare autonomamente e con un sorriso devoto compensa di tutto la buona madre.
Se l’invasione delle mosche non è diminuita si può sempre tirare per le lunghe, fare intravedere con statistiche alla mano che la presenza degli odiati insetti è calata di un buona percentuale e che i risultati sarebbero arrivati.
Ci vuole pazienza.
Si sono verificati fatti eccezionali come il caldo e l’afa.
Adesso la situazione sta veramente precipi-tando con fatti che non si possono più commentare perché la malattia incute paura anche ai sostenitori più fanatici.
Se poi al contagio e alla malattia può seguire la morte lo spauracchio è troppo grosso.
Esso è tale da costringere anche i cervelli più restii a funzionare, stimolati dall’istinto di sopravvivenza.
I membri dell’Organizzazione sono perplessi, disorientati e incapaci di avere quel sangue freddo, quella presenza di spirito che consente loro - nei tempi migliori - di avere sempre l’ultima parola.
Cominciano a temere che la gente possa a cominciare a considerarli solo come un apparato, una burocrazia asfissiante, pletorica, priva di significato che è tesa solo a perpetuarsi e ad ingi-gantirsi.
Una burocrazia che mira solo a conservare le cospicue rendite di posizione che derivano dalla gestione degli enti e delle cariche pubbliche.
I dirigenti in media guadagnano almeno dieci volte il salario di un lavoratore, oltre a tutte le altre agevolazioni che derivano dalla loro posizione.
I grandi amministratori, senza la copertura della Organizzazione, non sono capaci di trovare un lavoro.
Non hanno alcuna professionalità sanno gestire solo se vengono esentati da ogni responsabilità .
Non conoscono lavori che richiedano una preparazione professionale o manageriale né hanno voglia di impegnarsi in lavori umili alla loro portata abituati come sono a emolumenti da gran dirigente.










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3.               Capitolo. Alla ricerca di una grande idea.


Gli amici di Presidente vogliono inventare qualcosa di nuovo, qualcosa che ricrei la fiducia in loro e rinnovi l’entusiasmo dei sostenitori.
Chi meglio di lui può dare loro nuovo impulso e vigore, chi più di lui può convincere, persuadere, blandire?
Chi più di lui può trovare nuovi scopi, nuovi obiettivi da raggiungere?
Chi più di lui può complicare le cose e intrecciare i fili di un inestricabile nodo gordiano, per poi con una semplice riunione trovare la soluzione più semplice, più lapalissiana che accontenti tutti dando ad ognuno ciò che si attende, mettendo tutti d’accordo?
I presenti aspettano con ansia l’entrata di Presidente, nella saletta delle riunioni dell’Orga-nizzazione, parlottando tra loro con grande foga.
La tensione accumulata con l’arrivo di quelle notizie disastrose sul contagio è giunta ormai al livello di guardia.
Lui è perfettamente conscio della gravità della situazione; la sua lunga esperienza gli ha inse-gnato che, più grosse sono le difficoltà, più eclatante deve essere il rimedio per avere un ritorno di consenso.
I voti di preferenza sono la sua linfa vitale, ci vuole una idea geniale per rinvigorirla.
L’antidoto deve essere almeno di pari forza della minaccia che avanza.
La mobilitazione ed i cortei ora non hanno ovviamente senso; le riunioni e le discussioni hanno, fino a quel momento, risolto la situazione, ma la furia della gente sta per scoppiare, non bastano le semplici chiacchiere a placarla.
Presidente deve a tutti i costi trovare una soluzione nuova.
Se tuta sta storia la ga inventada l'Organizzazion,” pensa il miglior cervello dell’Organizzazione “contro chi se pol protestar?
Lui stesso oramai è dentro al grande gioco del potere.
Presidente, per confermare il suo prestigio di leader, deve fare quadrare il cerchio con una soluzione credibile.
Lui che è stato fino a ieri abituato ad inveire contro tutte le scelte, senza avere presentato nessuna proposta concreta, si trova ora a dovere risolvere i problemi; deve dimostrare a sé stesso e agli altri che ne ha le capacità.
Effettivamente è entrato in tempi brevi in un ruolo tradizionalmente diverso dal suo: dalla protesta è passato alla proposta in un tempo così breve che non sa più che pesci pigliare.
Si trova come chi indossa un paio di scarpe nuove, magari quelle alla moda, con una forma non del tutto modellabile al piede, che deve ancora adattarsi ad esso. Chi infila le calzature per la prima volta si sente impacciato, quasi a disagio, e non si ritrova più persino a fare la cosa più semplice e naturale come camminare.
Accusare l’Opposizione che sta in minoranza è una mossa poco credibile e priva di ogni giustificazione; le alleanze nella gestione del potere si fanno e si disfano ma vanno rispettate le regole per evitare una rissa continua nella gestione quotidiana.
Di certo non si può fare una campagna contro le mosche.
Il noioso insetto è purtroppo insensibile ai discorsi anche ai più velenosi, alle urla, alle invettive e alle mobilitazioni generali.
Basta agire con il metodo, collaudato da sempre, del capro espiatorio.
Bisogna trovare qualcuno su cui fare ricadere le colpe dell’Organizzazione di modo che attraverso questa catarsi, effettuata su di un soggetto che è estraneo ad essa, il gruppo dirigente possa riprendere il controllo della situazione.
La strategia è quella giusta, basta solo adattarla alla situazione contingente.
Presidente è talmente sicuro di riuscire a controllare la situazione che non prova alcun senso di insicurezza, non vede alcun possibile contrasto: pensa che in ogni caso il suo controllo sull’Organizzazione sarebbe cresciuto.
































4.              Capitolo. L’untore.


Presidente rimugina questi pensieri alla ricerca di una strategia vincente, non ode quasi il mormorio che via via aumenta nella sala.
Quando però lui prende posto sulla sedia a capotavola, per dirigere i lavori della riunione, come per incanto il silenzio cala di colpo nella sala.
Tutti attendono.
Non è il caso di iniziare il discorso dicendo “No se sente volar una mosca” poiché le mosche sono persino riuscite a penetrare nella sala ed il loro ronzare contribuisce a rendere più agitati gli animi.
Mentre gli uscieri sono impegnati ad eliminare la presenza molesta degli insetti anche le mani dei consiglieri si muovono convulsamente nel tenta-tivo di scacciarli, sembrano un segno esteriore del nervosismo crescente.
Nei loro volti c’è un interrogativo angoscioso ”non gavemo sbaglia tuto” pensano.
La fiducia cieca nel potere carismatico del loro capo impedisce che quelle idee, che frullano in testa, possano prendere la consistenza di un progetto.
Esse si limitano a rincorrersi fra gli anfratti del cervello; questi pensieri non fanno dormire di notte, riappaiono ad ogni ora della giornata costringendo il loro cervello ad ogni tipo di con-gettura per ipotizzare lo scenario più plausibile.
Il dubbio che una loro proposta possa essere intesa come un tradimento nei confronti dell’Or-ganizzazione li blocca.
Sarebbe stato, infatti, un tradimento mettere in discussione i vertici dell’Organizzazione poiché essi interpretando il sentire di tutti i membri sono nel giusto.
L’Organizzazione dà solo certezze ai suoi adepti: affermare che possa sbagliare vuole dire mettere in discussione la sua stessa capacità di guida, il carisma dei suoi capi.
E’ sicuramente la peggiore soluzione.
Presidente lo sa benissimo e non si è quindi meravigliato quando i vertici massimi dell’Or-ganizzazione gli hanno comunicato l’ultimo ordine: “Provvedi a risolver come ti credi el problema, trova subito chi ga colpa”.
E’ della massima urgenza trovare un colpevole da dare in pasto agli iscritti per non perdere il loro consenso.
Si è meravigliato invece del fatto che gli ordini non siano più precisi.
Qualcosa gli dice che deve fare presto, egli ha il presentimento che, se non trovasse un capro espiatorio in breve tempo, sarebbe stato immolato lui stesso sull’altare sacrificale per il bene dell’Organizzazione.
Il testo dell’ordine è, infatti, chiaro.
Lui solo ha il compito di individuare il colpevole e quindi, se non lo trova, il responsabile è lui.
Il ragionamento non fa una grinza.
Il problema, in ogni caso, non gli sembra di difficile soluzione: si tratta solo di trovare una persona, la più debole, su cui infierire.
L’unica cosa importante è fare presto.
Non bisogna dare adito a qualcuno dei vertici di pensare che Presidente non è efficiente.
Non si deve neppure pensare che lui non sia all’altezza di risolvere il problema.
L’importante è organizzare bene la caccia al responsabile e dare direttive precise ai delegati periferici di modo che lo individuino.
Se un responsabile fisicamente non c’è, come si fa ad individuare il bersaglio dell’ira che cresce?
Qualcuno dell’Organizzazione?
No, non è possibile, perché sono loro che lo sostengono e non possono essere i responsabili, anche se non è scartabile l’idea di colpirne uno, magari il più debole, il meno protetto.
Oppure il popolo stesso che non collabora a sufficienza?
Questa idea è nettamente più brillante e sicuramente più logica.
Chi non collabora è sempre un potenziale nemico.
Soprattutto se segnala a tutti il pericolo del contagio favorendo il suo espandersi.
Ma come non averci pensato prima!
Bisogna dare la caccia a questi nemici invisibili, alleati delle mosche che nascondono i loro nidi, aiutano la loro proliferazione, le proteggono.
Basta dare in pasto alla popolazione furente questi veri nemici per conservare all’Orga-nizzazione il suo ruolo per aumentare il suo prestigio.
L’Organizzazione sarebbe stata la principale accusatrice di questi potenziali nemici.
Tutti i suoi dirigenti periferici avrebbero col-laborato attivamente ad individuarli e a consegnarli alla giustizia.
Bisogna identificare l’untore che diffonde il proliferarsi degli insetti.
E’ sua la colpa degli insuccessi nella battaglia contro le mosche.















5.              Capitolo. La ricerca dell’untore.


Presidente è giustamente soddisfatto: ha ottenuto la Presidenza del Consorzio impedendo col suo tergiversare che la precedente ammini-strazione avesse degli effettivi risultati già da tempo, è riuscito a costruire una macchina di potere sistemando i suoi collaboratori nei posti di governo, ha la possibilità di concludere un’ope-razione che si preannunciava svantaggiosa per non dire catastrofica.
La nuova strategia che ha identificato i criteri con cui individuare il colpevole della situazione promette un sicuro successo.
Chi ha la maggiore possibilità di trovare i propagatori del contagio se non gli stessi contagiati?
Bisogna inventarse una granda campagna de informazion!” suggerisce Presidente ai suoi fidi boiardi riuniti in conclave.
L’idea è salutata con un’esplosione di applausi, liberatoria della paura di dovere soccombere di fronte all’emergenza sanitaria.
“Attenzione all’untore.” Grandi cartelli invi-tano tutti al controllo e alla ricerca degli individui sospetti.
L’opinione pubblica deve avere in pasto a tutti i costi un colpevole come ricompensa delle soffe-renze patite.
L’importante è sapere che c’è un nemico: ora si tratta solo di individuarlo, con un nome ed una faccia.
Ha scarsa rilevanza anche il fatto che l’untore non sia stato subito trovato; tutti, infatti, lo stanno cercando ed il fenomeno non è più un oscuro flagello senza spiegazioni.
L’ipotesi di questo nemico del popolo che attenta alla salute di tutti è rassicurante poiché individua una possibile spiegazione del fenomeno e consente di porlo sotto controllo dell’autorità.
Presidente ha così ottenuto il massimo consenso per gestire l’operazione e risolvere il problema, consentendo a chi lo ha sostenuto di ottenere un enorme vantaggio.
Lui si mette subito all’opera convocando delle squadre di volontari.
Sono tutti amici e aderenti all’Organizzazione che si prestano a fare da cassa di risonanza.
Barbino è in prima fila a cercare adepti e ad infervorare gli animi di chi, oramai avvezzo ad ogni invenzione atta a mistificare la realtà, non ha una grande fiducia in quest’ultima scoperta.
L’entusiasmo non è ancora obbligatorio per chi fa parte dell’Organizzazione anche se a dimo-strarne poco si rischia di essere emarginati.
Sono tutti pronti ad andare in giro per la città alla ricerca dell’untore.
Non vogliono certo sostituirsi alle forze dell’ordine della città ma, si sa, cento occhi vedono meglio di due e così su e giù per i quartieri, alla ricerca di chi ha una faccia sospetta e può essere indiziato per propagare il contagio.
Presidente guida personalmente le squadre, si fa vedere dappertutto incurante delle mosche che continuano a ronzare imperterrite per nulla disturbate dalla perlustrazione delle squadre.
Hanno consegnato alla polizia un paio di barboni che sono stati trovati intenti a frugare nella spazzatura.
Il giornale locale ha dato una giusta rilevanza alla notizia.
Il direttore fa parte dell’Organizzazione e non può esimersi di mettere nel giusto rilievo le iniziative che, come in questo caso, hanno subito dato i primi risultati.
La ricerca dell’untore è stata una delle idee più geniali.
La formazione delle squadre e le iniziative da queste messe in atto hanno consentito di allentare la tensione dovuta all’espandersi delle infezioni.
Una pausa che ha dato modo all’Organiz-zazione di disporre dei tempi necessari per porre un rimedio alle febbri stemperando l’iniziale tensione.
I seguaci dell’Organizzazione hanno anche trovato la possibilità di racimolare qualcosa prestando servizio nelle squadre.
Il volontario è più disponibile se è remunerato.
Non è detto poi che queste squadre non divengano a servizio stabile della città.
Cosa può volere i più Presidente se non avviare finalmente una soluzione dopo avere sistemato per bene alcuni amici dell’Orga-nizzazione?




























6.              Capitolo. La soluzione.


La soluzione è già pronta da tempo ma è necessario dosarla nei tempi previsti per ottenere il massimo vantaggio.
Basta supportare l’azione meccanica dell’Eli-mina Mosche con un insetticida confezionato con elementi naturali come il Moscfior.
La fabbricazione è iniziata da tempo.
La produzione è limitata e poco conosciuta.
Una campagna di informazione pilotata da Presidente ha messo in guardia i consumatori dagli insetticidi con effetti tossici.
Stampa e televisione hanno continuato a mettente in evidenza il pericolo.
“Per combattere il flagello delle mosche non usate prodotti nocivi per l’ambiente” titolano.
Equiparando ad arte ogni tipo di insetticida si è evitato che la calamità possa finire troppo alla svelta.
Pattona, che prevede l’evoluzione delle situa-zioni, ha annusato le situazioni che gli possono portare degli utili. Lui ha già l’esclusiva per la fabbricazione del prodotto naturale, non inqui-nante e perfettamente compatibile con la tutela dell’ambiente.
Finalmente si sono verificati tutti i presupposti per procedere ad una campagna d’appalto nelle condizioni più favorevoli.
La maggioranza è più salda.
Il rimedio non è stato contestato da nessuno.
Sotto il profilo finanziario, il budget è illimitato perché la soluzione tanto desiderata adesso è lì a portata di mano ed è noto che l’urgenza serve proprio per legittimare lo sforzo finanziario.
A Presidente non rimane che concordare con Pattona i dettagli dell’operazione; essa deve essere faraonica.
Per avere successo l’Organizzazione non deve risolvere i problemi con mezzi semplici con una spesa ridicola.
La soluzione sarebbe poco apprezzata.
Se il rimedio costa poco, se non c’è una mobilitazione spropositata di persone e mezzi vuol dire che il problema è di facile soluzione e tutti possono risolverlo con facilità.
Un dispiegamento di mezzi e di persone serve a dare il segno dell’impegno profuso.
Potere disporre di somme ingenti di denari serve a dare a tutti gli amici un segno tangibile di quello che la nuova coppia può realizzare per loro.
Tuto quelo che se deve far bisogna farlo spendendo de più; bisogna trovar el nostro tornaconto.”
Questo è il motto di Presidente e su questi principi sta creando la sua fortuna.
L’affare delle mosche deve ingigantirsi coinvolgendo tutto e tutti.
La stampa e la televisione devono parlarne fino alla nausea.
Le iniziative di Presidente devono essere sempre al centro delle notizie.
Il Consorzio può così trovare l’occasione per organizzare un’attività di informazione degli interventi da effettuare sul territorio e un’attività di consulenza per ottenere il meglio di quello che il mercato può offrire per risolvere il problema definitivamente.
Solo realizzando questo percorso completo in tutti i suoi pur minimi dettagli Presidente può avere il giusto riconoscimento del suo impegno.
Gli amici dell’Organizzazione possono trovare lavoro e successo personale.
Con l’attività di informazione e di consulenza Presidente sa di avere la possibilità di accon-tentare i consiglieri e i supporter più importanti.
L’attività principale che comporta la solu-zione del problema consente di realizzare l’affidamento dell’appalto per la realizzazione degli strumenti per combattere il fenomeno: le palette e il Moscfior.
Lui e Pattona possono in tal modo, tra il consenso generale, gestire la parte più interessante dell’operazione: l’appalto delle palette e della produzione e distribuzione del Moscfior.
ft:1.0� BDa g `p' 0�) :.0001pt;text-indent:12.75pt;line-height:normal'>I suoi proventi sono tutti documentati.
E’ vero, ingenti somme derivano da consulenze un po’ dubbie.
Effettivamente non si capisce perché siano stati dati così tanti denari per prestazioni di così poco conto.
Ogni prestazione, però, è stata regolarmente fatturata.
Come può un abile investigatore non accorgersi che è stato fatturato il fumo, il niente, che sono stati dati dei soldi veri per delle bufale?
Fare i controlli di sostanza è però difficile.
Ci vuole gente preparata che magari è stata ri-mossa tanto tempo prima perché non possa dare troppo fastidio.
E’ più facile controllare i timbri, che siano stati messi tutti i visti necessari che la fattura sia stata regolarmente annotata.
Verificare che si è fatturato il nulla è più complicato, seguire il percorso tortuoso del denaro è difficile e poi ci sono i cavilli procedurali.
La strada del giusto è irta di difficoltà è molto più facile realizzare degli imbrogli che provare che sono stati commessi.
Pattona non ha commesso il più piccolo errore formale, non ha trascurato nessun dettaglio ed è per questo che è lì a salutare gli altri che vanno verso il meritato castigo.
Lui forse che lo merita più di loro, è lì pronto a ricominciare il gioco.
Bisogna rifondar un novissimo Movimento per i diritti de tuti” dice Pattona.
Guarda gli ultimi seguaci rimasti fuori dalla bufera come per vedere se c'è qualcuno che possa rimpiazzare i suoi fidi oramai caduti sul campo.
Fa un sorriso di saluto a Giovanni.
So pronto.” gli risponde manifestando il suo impegno per ricominciare.
E’ necessario trovare una nuova faccia pulita che non sia stata minimamente toccata dall’av-ventura precedente.
Sta a lui plasmare questo nuovo adepto ad immagine di Presidente o di Commendatore.
C’è sempre qualcuno disposto a ricominciare il gioco dei potenti.
L'adrenalina che ti dà il potere, il sottile piacere di comandare, di comprare col denaro quello che vuoi è un sogno di onnipotenza che travolge e anima molti verso nuove avventure.
A chi ha poco e vuole avere di più non interessa il mezzo con cui può raggiungere una posizione al sole.















6.              Capitolo. Alla Capitale.


L’onda di piena arriva, ma poi passa.
Il fiume cattivo che tutto travolge e non trova nessun ostacolo in grado di fermarlo poi si quieta perde il suo vigor giustizialista originario. Viene ammansito dagli avvocati dai ricorsi dai gradi di giudizio.
Anche le più tremende calamità naturali alla fine finiscono e la vita riprende il suo corso fra le macerie.
L’importante è non esser lì ma in una altro posto a godersi il frutto del proprio lavoro.
L’operazione è talmente piaciuta a Pattona che Presidente dopo un breve periodo di domi-ciliari è stato rilasciato con tante scuse perché le prove non erano sufficienti per condannarlo e l’Appello ha confermato l’assoluzione per insufficienza di prove.
Lui, grazie alla sua esperienza ha trovato subito un nuovo posto di Presidente in un ente della Capitale  che si occupa di niente ma che garantisce un ottima indennità senza grandi preoccupazioni.
Da lì si possono seguire altri affari in tutta tranquillità.

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