lunedì 17 dicembre 2012

L.231/2001. Esenzione di responsabilità con l’adozione di modelli di organizzazione dell'ente.



Se il reato è stato commesso da apicali o loro sottoposti l'ente è esente da responsabilità  se prova che:
a) l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
b) il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;
c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;
d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di cui alla lettera b).
I modelli di organizzazione devono rispondere agli indirizzi fissati dal legislatore.
In particolare devono:  
a) individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati;
b) prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l'attuazione delle decisioni dell'ente in relazione ai reati da prevenire;
c) individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati;
d) prevedere obblighi di informazione nei confronti dell'organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli;
e) introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.
I modelli di organizzazione e di gestione possono essere adottati sulla base di codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative degli enti, comunicati al Ministero della giustizia che, di concerto con i Ministeri competenti, può formulare, entro trenta giorni, osservazioni sulla idoneità dei modelli a prevenire i reati.
Gli artt. 6 e 7 d.lg. n. 231/2001, che mettono in fila le "esigenze" alle quali dovrebbe rispondere il modello di organizzazione e di gestione (la c.d. mappatura del rischio, la previsione di un sistema disciplinare, la nomina di un Organismo di Vigilanza, ecc.).
Tali disposizioni contengono molteplici parametri "elastici", sotto forma di veri e propri standard tipici delle cadenze della responsabilità colposa.
Il modello, secondo il dettato normativo, deve essere infatti - in linea generale - "idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi" ed "efficacemente attuato": ed il modello idoneo, per essere tale, deve prevedere "un sistema disciplinare" - a sua volta - "idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello", ed individuare "modalità di gestione delle risorse finanziarie" anch'esse "idonee ad impedire la commissione dei reati". Matteo Vizzardi, Prevenzione del rischio-reato e standard di adeguatezza delle cautele: i modelli di organizzazione e di gestione di società farmaceutiche al banco di prova di un'indagine peritale, in Cass. pen., 2010, 03, 1241.
La dottrina si interroga  su quale criterio affidare il riconoscimento dell'adeguatezza, o meno, di un modello organizzativo.
La giurisprudenza afferma, in un caso di specie , che la decisione dell'organo dirigente della società sotto inchiesta di uniformarsi tempestivamente ai codici di disciplina e alle linee guida indicate da Borsa Italiana e Confindustria è un dato fondamentale per affermare l'idoneità del modello di organizzazione e gestione, a maggior ragione in assenza di precedenti in una materia di assoluta novità per la giurisprudenza e la dottrina nazionali, quale era quella della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche all'epoca dei fatti. Ufficio Indagini preliminari Milano, 08/01/2010.
È compito del giudice compiere una valutazione "ex ante" per accertare in concreto se, prima della commissione del fatto, l'impresa aveva adottato un modello di organizzazione e gestione che potesse considerarsi efficace per prevenire i reati poi verificatisi.
La giurisprudenza ha affermato che deve andare esente da responsabilità amministrativa ex d.lg. n. 231 del 2001 la società che, nonostante la commissione di un reato presupposto da parte dei suoi soggetti apicali, prima della commissione del fatto, abbia adottato un modello organizzativo adeguato fraudolentemente eluso e possegga un organismo di vigilanza secondo le previsioni della legge: tale accertamento deve essere effettuato con valutazione "ex ante" e con riferimento al tempo della adozione e attuazione del modello che possa considerarsi efficace per prevenire gli illeciti societari oggetto di prevenzione. Ufficio Indagini preliminari Milano, 17/11/2009.
Per l'effetto, non si realizza neppure alcuna violazione dei principi costituzionali relativi al principio di eguaglianza e all'esercizio del diritto di difesa (art. 3 e 24 cost.), perché non si determina alcuna inaccettabile inversione dell'onere della prova nella disciplina che regola la responsabilità dell'ente: grava comunque sull'accusa l'onere di dimostrare la commissione del reato da parte di persona che rivesta una delle qualità di cui all'art. 5 del decreto n. 231 del 2001 e la carente regolamentazione interna dell'ente, mentre quest'ultimo ha ampia facoltà di fornire prova liberatoria.
Nel caso di reato commesso da soggetti sottoposti all'altrui direzione  l'ente é responsabile se la commissione del reato è stata resa possibile dall'inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza), art. 7, d.lg. 8 giugno 2001 n. 231.
Quando i comportamenti illeciti oggetto di imputazione non siano frutto di un idoneo modello organizzativo, ma siano da addebitare al comportamento fraudolento dei vertici della società che risultano in contrasto con le regole interne del modello organizzativo regolarmente adottato, la società deve essere dichiarata non punibile ex art. 6 d.lg. n. 231 del 2001. Tribunale Milano, 17/11/2009.
L’adozione del codice etico che indichi ai dipendenti le condotte da tenere per evitare la commissione dei reati rientra nel modello organizzativo da proporre.
La giurisprudenza ha, però, precisato che l'adozione di un codice etico successivamente alla contestazione del reato non è idonea ad escludere l'applicazione della misura cautelare, anche in considerazione del comportamento della società che ha omesso di avviare procedimenti disciplinari a carico dei propri agenti indagati per i reati che sono fonte della responsabilità amministrativa. Tribunale Milano, 27/04/2004



� o e � � P� nsabilità . Principio in base al quale qualsiasi attività deve fare riferimento ad una persona o unità organizzativa che ne detiene la responsabilità.
Il soggetto che deve eseguire un compito specifico lo svolge con più attenzione quando sa di dover rendere conto di eventuali deviazioni da procedure prefissate;
 separazione di compiti e/o funzioni. Principio per il quale l’autorizzazione ad effettuare una
operazione deve essere sotto la responsabilità di persona diversa da chi contabilizza, esegue
operativamente o controlla l’operazione;
 adeguata autorizzazione per tutte le operazioni. Principio che può avere sia carattere generale
(riferito ad un complesso omogeneo di attività aziendali), sia specifico (riferito a singole
operazioni);
 - adeguata e tempestiva documentazione e registrazione di operazioni, transazioni e azioni.
In ogni momento devono potersi effettuare controlli che attestino le caratteristiche dell’operazione, le motivazioni e individuino chi ha autorizzato, effettuato, registrato e verificato l’operazione stessa;
 verifiche indipendenti sulle operazioni svolte (svolte sia da persone dell’organizzazione ma
estranei al processo, sia da persone esterne all’organizzazione quali ad esempio sindaci e revisori esterni).

4.                  Il controllo interno affidato all’Organismo di Vigilanza.


Il compito di vigilare continuativamente sull’efficace funzionamento e sull’osservanza del modello organizzativo nonché di proporne l’aggiornamento, è affidato ad un Organismo di Vigilanza dotato di autonomia, professionalità e indipendenza nell’esercizio delle sue funzioni.
La società deve nominare l’Organismo di Vigilanza, con provvedimento motivato rispetto a ciascun componente, scelto esclusivamente sulla base dei requisiti di professionalità, onorabilità, competenza, indipendenza e autonomia funzionale ed individua il Presidente al quale eventualmente delegare specifiche funzioni.
 La delibera di nomina dell’Organismo di Vigilanza determina anche il compenso e la durata.
 I suoi membri possono essere revocati solo per giusta causa. Il membro revocato o che rinunci all’incarico viene tempestivamente sostituito e resta in carica fino alla scadenza dell’Organismo di Vigilanza in vigore al momento della sua nomina.
 L’Organismo di Vigilanza riferisce direttamente al Consiglio di Amministrazione ove non
diversamente previsto.
L’Organismo di Vigilanza è composto da uno o più soggetti esterni, non appartenenti al personale o alle cariche esecutive/dirigenziali della società, in possesso di requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza e in grado di assicurare la necessaria continuità d’azione.
 L’Organismo di Vigilanza dispone di autonomi poteri di iniziativa e di controllo nell’ambito della società tali da consentire l’efficace esercizio delle funzioni previste dal Modello, nonché da successivi provvedimenti o procedure assunti in attuazione del medesimo.
 Al fine di svolgere, con obiettività e indipendenza, la propria funzione, l’Organismo di Vigilanza deve disporre di autonomi poteri di spesa sulla base di un preventivo annuale, approvato dal Consiglio di Amministrazione, su proposta dell’Organismo stesso.
 L’Organismo di Vigilanza può impegnare risorse che eccedono i propri poteri di spesa in presenza di situazioni eccezionali e urgenti, con l’obbligo di darne informazione al Consiglio di Amministrazione nel corso della riunione immediatamente successiva.
 I componenti dell’Organismo di Vigilanza, nonché i soggetti dei quali l’Organismo, a qualsiasi titolo, si avvale, sono tenuti all’obbligo di riservatezza su tutte le informazioni delle quali sono venuti a conoscenza nell’esercizio delle loro funzioni o attività.
 L’Organismo di Vigilanza svolge le sue funzioni curando e favorendo una razionale ed efficiente cooperazione con gli organi e le funzioni di controllo esistenti nell’Azienda.
 All’Organismo di Vigilanza non competono, né possono essere attribuiti, neppure in via
sostitutiva, poteri di intervento gestionale, decisionale, organizzativo o disciplinare, relativi allo svolgimento delle attività dell’Ente.

5.                  La responsabilità penale dell’organismo di vigilanza  per l'omesso impedimento degli illeciti penali.


La dottrina ha avanzato una ricostruzione interpretativa per la quale, in capo ai membri dell'OdV, vi sarebbe una vera e propria posizione di garanzia rispetto alla commissione dei reati c.d. presupposto del decreto e, conseguentemente, una responsabilità penale per l'omesso impedimento dei suddetti illeciti penali.
Da un lato sussisterebbe per i membri dell'OdV solo una posizione di sorveglianza, ma, ciò nondimeno, tali soggetti potrebbero essere chiamati a rispondere a titolo di concorso nel reato, se dolosamente siano rimasti inerti dinanzi a fatti delittuosi commessi in violazione dei modelli organizzativi settoriali, agevolando con l'inerzia, la commissione dei reati realizzati nell'interesse o a vantaggio dell'ente. S. Panagia, Rilievi critici sulla responsabilità punitiva degli enti, in Riv. trim. dir. pen. ec., 2008, p 165,
Un autore ha ipotizzato la configurabilità di una posizione di garanzia con riferimento alle lesioni colpose e all'omicidio colposo dipendente dal mancato rispetto delle norme sulla sicurezza e sull'igiene nei luoghi di lavoro. L. Antonetto, Il regime del rapporto e della responsabilità dei membri dell'organismo di vigilanza, in La responsabilità amministrativa delle società e degli enti, 2008, p. 83. Si veda comunque infra, par. 6.
Non esistono, peraltro precedenti giurisprudenziali. L. Troyer e A. Ingrassia, Vi è una posizione di garanzia in capo ai membri dell'Organismo di Vigilanza? Spunti di riflessione, in Riv. dottori comm., 2008, 6, 1266.


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