lunedì 17 dicembre 2012

L. 231/2001. La sanzione pecuniaria.


1.      L. 231/2001. La sanzione pecuniaria


L’art. 10, l. 231/2001, prevede che per l'illecito amministrativo dipendente da reato si applica sempre la sanzione pecuniaria.
La sanzione pecuniaria viene applicata per quote in un numero non inferiore a cento né superiore a mille.
L'importo di una quota va da un minimo di 258,23 euro ad un massimo di euro 1549,37. P. Cipolla
Il d.lg. n. 231 del 2001 nella prassi giurisprudenziale,a dieci anni dall'entrata in vigore, in Giur. merito, 2011, 06, 1468.
Nella commisurazione della sanzione pecuniaria il giudice determina il numero delle quote tenendo conto della gravità del fatto, del grado della responsabilità dell'ente nonché dell'attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti.
L'importo della quota è fissato sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell'ente allo scopo di assicurare l'efficacia della sanzione.
La giurisprudenza ha precisato che ai fini del giudizio di congruità della pena in sede di accoglimento della richiesta di applicazione della stessa nei confronti di ente responsabile ex d.lg. n. 231/01, si deve tenere conto dei criteri di commisurazione della sanzione pecuniaria come fissati dall'art. 11 comma 1 e 2 del decreto. Tale norma pone nella c.d. quota e nel numero delle quote i parametri di riferimento per la determinazione della sanzione pecuniaria da comminare, ancorando il primo parametro - la quota, - alla consistenza economica e patrimoniale dell'ente, ed il secondo - il numero delle quote - alla gravità del fatto, alla responsabilità dell'ente nonché all'attività "post delictum" dallo stesso svolta per eliminare le conseguenze e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti. Ufficio Indagini preliminari Milano, 30/04/2004.
L’art. 12, l. 231/2001 prevede i casi di riduzione della sanzione pecuniaria se l'autore del reato ha commesso il fatto nel prevalente interesse proprio o di terzi e l'ente non ne ha ricavato vantaggio o ne ha ricavato un vantaggio minimo ovvero se il danno patrimoniale cagionato è di particolare tenuità.
La giurisprudenza ha affermato che comunque non può essere concessa la circostanza attenuante di cui all’art. 12 lettere a) e b) d.l. gs 231/2001 se il danno è grave e il profitto rilevante. Nel caso di specie si trattava di una truffa ai danni dello Stato commessa da parte di due società cooperative, qualificate primo acquirente quote latte, che, invece di versare le trattenute alle casse dell’AGEA per l’importo di Euro 18.310.049,52, le redistribuivano tra i soci conferenti. Tribunale Milano, 28/12/2011.




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