domenica 4 novembre 2012

Consigliere Comunale Astensione


Un costante orientamento giurisprudenziale afferma che, ai sensi dell'art. 78, d.l.vo 18 agosto 2000 n. 267 e relativamente agli atti a carattere generale (quali gli strumenti urbanistici), l'amministratore pubblico deve astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione nei soli casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi suoi o di parenti o affini fino al quarto grado; tale obbligo di allontanamento dalla seduta, in quanto dettato al fine di garantire la trasparenza e l'imparzialità dell'azione amministrativa, sorge per il solo fatto che l'amministratore rivesta una posizione suscettibile di determinare, anche in astratto, un conflitto di interesse, a nulla rilevando che lo specifico fine privato sia stato o meno realizzato e che si sia prodotto o meno un concreto pregiudizio per la p.a. (Consiglio di Stato  sez. IV,  28 gennaio 2011,  n. 693). Occorre che il consigliere versi in una condizione di conflitto di interessi in quanto l’atto riguarda interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado.
La giurisprudenza ha chiarito che il concetto di « interesse » del consigliere alla deliberazione comprende ogni situazione di conflitto o di contrasto di situazioni personali, comportante una tensione della volontà, verso una qualsiasi utilità che si possa ricavare dal contribuire all'adozione di una delibera. (Cons. Stato, sez. IV, 23 settembre 1996, n. 1035). Tale regola, che costituisce applicazione del principio, di livello costituzionale, di imparzialità e buon andamento che deve contrassegnare l'azione dei pubblici poteri (Cons. Stato, sez. IV, 4 novembre 2003 n. 7050).
La norma è chiara nello stabilire che la violazione dell’obbligo di astensione sussiste non solo nel caso di partecipazione alla votazione del consigliere in conflitto di interessi, ma anche nel caso di partecipazione alla discussione. L'Amministratore pubblico, in base al disposto dell'art. 78 d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 ha l’obbligo di allontanamento dalla seduta al fine di garantire la trasparenza e l'imparzialità dell'azione amministrativa. (T.a.r. Abruzzo Pescara, 13 febbraio 2004, n. 208; Cons. Stato, sez. IV, 20 settembre 1993, n. 794).
Infatti, anche coloro che si limitano a partecipare alla discussione contribuiscono alla formazione della volontà dell’organo collegiale pur avendo essi
stessi o loro parenti specifico interesse in ordine alla disciplina urbanistica in discussione e possono incidere anche sulla votazione integrando il
quorum costitutivo della seduta.
La giurisprudenza (T.A.R. Liguria Sez. I, 16-05-2004, n. 1342) ha infatti precisato che il consigliere comunale che versa in conflitto di interessi non va computato nel numero dei consiglieri presenti in aula.
Inoltre, deve sussistere un collegamento tra il contenuto della deliberazione e l’interesse del consigliere che, con riferimento agli atti pianificatori
e generali la legge definisce come correlazione immediata e diretta. Tale correlazione deve avere in primo luogo carattere oggettivo,
tale da manifestare o comunque rendere logicamente ipotizzabile la possibilità di un conflitto di interesse ovvero la non estraneità di propri interessi rispetto ai fatti sui quali si concorre a deliberare. (T.a.r. Lombardia Milano, sez. I, 11 marzo 1998, n. 52).
Nella materia urbanistica, il conflitto di interessi non è peraltro escluso nell’ipotesi che nessun concreto beneficio economico scaturisca per gli immobili di proprietà dei consiglieri o dei loro prossimi congiunti, ai fini dell’incompatibilità essendo sufficiente che sussista una relazione personale fra l'oggetto dell'atto e l'amministratore, secondo una regola di carattere generale che non ammette eccezioni e ricorre anche qualora la scelta discrezionale adottata sia in concreto la più utile e la più opportuna per lo stesso interesse pubblico (cfr. T.A.R. Liguria n. 818/04, cit.; Cons. Stato, sez. IV, 26 maggio 2003, n. 2826; T.A.R. Liguria, I, 19 ottobre 2007 n. 1773) in quanto la condotta di un amministratore che utilizza il suo incarico pubblico per regolare gli interessi propri e dei propri parenti comporta comunque una lesione dell’imparzialità dell’amministrazione e della sua immagine che la legge intende evitare con un giudizio ex ante in astratto.
Per concludere, nel caso de quo l’assessore/consigliere comunale non potrà partecipare sia alla discussione che alla votazione della variante di piano e dovrà, pertanto, astenersi dal prenderne parte, in quanto riguardante un interesse proprio, ex. Art. 78, comma 2, T.U enti locali.
Tale obbligo di astensione è applicabile, poiché sussiste una correlazione immediata e diretta tra il contenuto della deliberazione di cui in oggetto e la “situazione di conflitto”.
Pertanto, l’amministratore dovrà allontanarsi dalla seduta: la violazione dell’obbligo di astensione e di partecipazione alla discussione costituisce causa di illegittimità degli atti di adozione e di approvazione del piano (T.A.R.  Milano  Lombardia  sez. II,  19 maggio 2009,  n. 3782).

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