giovedì 4 ottobre 2012

Tutela ambiente. 11 INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO.


CAPITOLO XI
L’INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO.

1. Le funzioni statali.
1.1. L’autorizzazione per la costruzione delle linee di trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica.
2. La tutela del diritto alla salute per effetto dell’esposizione a campi elettrici ed elettromagnetici. Le distanze di rispetto dagli elettrodotti.
3. L’autorizzazione unica per la realizzazione di centrali elettriche.
3.1. La giurisdizione amministrativa. L’impugnativa del richiedente.
3.2. L’impugnativa del terzo a tutela della salute
4. Le infrastrutture nel codice delle comunicazioni elettroniche.


1. Le funzioni statali.

Fare Legislazione d.p.r. 18.3.1965, n. 342, n. 203, art. 9 - r.d. 11.12.1933, n. 1775, art. 113.
Bibliografia Pugliese 1995.

La funzione di fissazione dei criteri e limiti rilevanti al fine della protezione della popolazione dalle potenzialità nocive insite nell'esposizione a campi elettromagnetici (funzione che si ricongiunge ad un'attuazione dell'art. 32 cost.), spetta esclusivamente allo Stato, mentre spettano alle regioni ed ai comuni compiti aventi rilievo attuativo, esecutivo, di controllo e di vigilanza, nel novero dei quali non rientra alcun potere di deroga alla normativa fissata a livello statale, in particolare nel senso di fissare livelli di esposizione ad onde elettromagnetiche inferiori a quelli dalla medesima determinati o l'individuazione di distanze minime delle stazioni radio base da particolari tipologie di insediamenti abitativi.
Soc. Telecom Italia Mobile c. Com. Viterbo e altro
Giust. civ. 2002, I,1721

1.1. L’autorizzazione per la costruzione delle linee di trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica.

Legislazione d.p.r. 18.3.1965, n. 342, n. 203, art. 9 - r.d. 11.12.1933, n. 1775, art. 113.
Bibliografia Pugliese 1995.

L’art. 113 del r.d. 11.12.1933, n. 1775, per accelerare la costruzione delle linee di trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica, prevede un procedimento semplificato, che consente di ottenere, nei casi d'urgenza, l’autorizzazione in via provvisoria dell'inizio dei lavori.
Successivamente, l’art. 9 del d.p.r. 18.3.1965, n. 342 ripropone lo stesso procedimento per i decreti di autorizzazione degli elettrodotti, che devono essere costruiti dall'Ente Nazionale per l'Energia Elettrica.
La norma precisa che l’occupazione può essere autorizzata in via provvisoria, sulla base di un consenso fornito da un organo tecnico tassativamente indicato: a) dal Ministro dei lavori pubblici, sentito il Consiglio superiore, per le linee la cui tensione normale di esercizio è uguale o superiore a sessantamila volta; b) dall'ingegnere capo del genio civile, che ne riferirà immediatamente al Ministero dei lavori pubblici, per le linee la cui tensione è superiore a cinquemila ed inferiore a sessantamila volta; c) dal prefetto, sentito l'ufficio del genio civile, per le linee non superiori a 5000 volta, ex art. 113, r.d. 11.12.1933, n. 1775.
La giurisprudenza ha precisato la portata del provvedimento di autorizzazione provvisoria; esso non comporta la dichiarazione di pubblica utilità essendo il procedimento ablatorio nettamente distinto da quello di occupazione.

Il provvedimento d’autorizzazione provvisoria alla costruzione degli elettrodotti non richiede la fissazione dei termini iniziali e finali dei lavori e delle espropriazioni di cui all'art. 13, l. 2359/1865, perché comporta solo la dichiarazione di indifferibilità ed urgenza dei relativi lavori e non anche la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera.
(T.A.R. Veneto, sez. I, 18.5.1994, n. 550, RGEnel, 1994, 240).

In tal modo si rinvia il procedimento contenzioso alla fase successiva del rilascio dell’autorizzazione definitiva (Pugliese F. 1995, 266).
L'autorizzazione provvisoria ad eseguire i lavori per la realizzazione di elettrodotto costituisce, infatti, non già dichiarazione di pubblica utilità preordinata alla servitù coattiva perpetua, ma semplice dichiarazione anticipata di indifferibilità ed urgenza dei lavori.

Il provvedimento, pertanto, ha un effetto limitato, in quanto consente unicamente l'emanazione di ordinanza prefettizia per occupazione di urgenza temporanea.
E’ in occasione del rilascio della autorizzazione definitiva che l'amministrazione è tenuta a comparare le esigenze della linea elettrica con quelle del fondo servente, l'essenzialità dell'elettrodotto con le necessità tecniche e morfologiche del percorso prospettato
(Cons. St., sez. IV, 14.4.1994, n. 335, RGE, 1994, I, 1094. Cons. St., sez. IV, 25.9.1998, n. 568).

Tale impostazione è stata ribaltata dall’orientamento giurisprudenziale che ritiene che i decreti di autorizzazione provvisoria hanno effetto di dichiarazione d pubblica utilità delle opere.
Esso afferma che non può aversi una dichiarazione anticipata d’indifferibilità e d’urgenza dei lavori finalizzata all’occupazione temporanea prima che sia emessa esplicitamente e per implicito, la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera.
Secondo l’impostazione tradizionale la sentenza conferma la distinzione fra i due procedimenti d’occupazione e d’espropriazione, ma considera il primo come parte integrante del procedimento ablatorio, teoricamente non necessario, ma spesso oramai indispensabile, anche per espressa disposizione di legge, come afferma l’art. 1, l. 1/1978.
Il passaggio logico, che supporta il nuovo orientamento, è costituito dall’affermazione che la dichiarazione di pubblica utilità costituisce la base comune su cui poggiano sia il procedimento espropriativo che quello di occupazione.

I decreti di autorizzazione provvisoria, ex art. 113, r.d. 11.12.1933, n. 1775, alla costruzione di elettrodotti non solo hanno efficacia di dichiarazione di indifferibilità ed urgenza delle opere relative agli elettrodotti, ma anche di dichiarazione di pubblica utilità delle opere medesime, sicché essi devono contenere l’indicazione dei termini per l’inizio e il compimento delle espropriazione e dei lavori, ex art. 113, r.d. 11.12.1933, n. 1775.
(Cons. St., sez. IV, 9.4.1999, n. 606, GD, 1999, n. 20, 94).

La giurisprudenza ha confermato la necessità per l'E.N.E.L. di ottenere l'autorizzazione definitiva prescritta dall'art. 119, t.u. 11.12.1933, n. 1775 e dall'art. 9 del d.p.r. 18.3.1965, n. 342.
Tale autorizzazione è necessaria per imprimere carattere di pubblica utilità all'opera.
L’ente può, così, legittimamente realizzare le linee di trasmissione e distribuzione dell'energia elettrica.

In relazione a tale autorizzazione l'E.N.E.L. ha diritto alla costituzione della servitù coattiva di elettrodotto.
(App. Cagliari, 14.4.1994, RGEnel, 1995, 173).

L’attività di costruzione, da parte dell'E.N.E.L., di qualsiasi linea di trasporto o distribuzione di energia elettrica, a prescindere dalla tensione di esercizio, non è, infatti, libera, ma soggetta ad apposite autorizzazioni da parte della competente autorità amministrativa.
L’autorità preposta deve valutare la convenienza e la congruenza dell'impianto da realizzare, attraverso l'emissione di un provvedimento, che è una implicita dichiarazione di pubblica utilità dell'opera.

L'autorizzazione definitiva prescritta dall'art. 119, t.u. 11.12.1933, n. 1775, condiziona l'esercizio del diritto di costruzione e di gestione dell'elettrodotto nonché conferisce, in favore dell'ente, uno ius ad servitutem habendam.
In caso di mancanza di un accordo volontario, è consentito o il ricorso al giudice, per la costituzione della servitù coattiva mediante sentenza, oppure quello alla procedura espropriativa, per imporre l'asservimento in via amministrativa.
(Cass. civ.,, Sez. U., 13.5.1993, n. 5428, GI, 1994, I, 1, 1066).



2. La tutela del diritto alla salute per effetto dell’esposizione a campi elettrici ed elettromagnetici. Le distanze di rispetto dagli elettrodotti.

Legislazione l. 1034/1971, art. 21 - l. 1/1978, art. 1 - d.p.c.m. 23.4.1992, artt. 5, 7.
Bibliografia Rocco 1999.

Un limite alla concessione dell’autorizzazione è dettato dal d.p.c.m. 23.4.1992 che fissa le distanze di rispetto dagli elettrodotti negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno a tutela del diritto alla salute che viene riconosciuto dal legislatore con un provvedimento che recepisce le indicazioni giurisprudenziali.
Il provvedimento pone fine alla disputa sulla tutela del diritto alla salute per effetto dell’esposizione a campi elettrici ed elettromagnetici che, peraltro, la giurisprudenza ha riconosciuto, in via inibitoria, anche in pendenza di accertamenti scientifici.

Nell'ipotesi di costruzione da parte dell'Enel di elettrodotto ad altissima tensione (380 KV), è ammissibile e va accolta la richiesta, avanzata dagli abitanti della zona interessata dalla costruzione, di una inibitoria cautelare che ingiunga all'Enel di non attivare l'elettrodotto, in previsione dell'esercizio di una inibitoria di merito per la tutela dal proprio diritto alla salute, che potrebbe venire pregiudicato dalla prolungata esposizione al campo elettrico generato dall'elettrodotto.
La richiesta va accolta pur quando i risultati delle indagini epidermiologiche in atto non indichino già come assolutamente certa l'esistenza di un nesso eziologico tra l'esposizione ai campi elettrici ed i danni paventati - quali, ad esempio, l’insorgenza di cancro, la leucemia, le malformazioni genetiche - essendo comunque necessario, in attesa del definitivo responso della comunità scientifica, prendere tutte le misure atte ad evitare che il rischio ipotizzato si tramuti in danno irrimediabile.
(Pret. Pietrasanta, 8.11.1986, FI, 1987, 3372).
L’art. 5, d.p.c.m. 23.4.1992, fissa le distanze da tenere in rapporto alla potenza delle linee.
Il rispetto dei limiti massimi di esposizione dai campi elettrici fissati dal d.p.c.m. 23.4.1992 è sufficiente ai fini della legittimità dell'atto autorizzativo che approva il tracciato dell'elettrodotto, e non giustifica il ricorso a provvedimenti cautelari.

In presenza del rispetto del d.p.c.m. 23.4.1992 - che prevede i limiti di esposizione ai campi elettromagnetici degli elettrodotti ad alta tensione, recependo - al pari del d.p.r. 27.4.1992 concernente la Via - quelli indicati in via prudenziale, dalle più autorevoli organizzazioni scientifiche internazionali e nazionali - va respinto il ricorso volto alla sospensione della realizzazione di una linea in base a presunti pericoli per la salute umana.
(T.A.R. Lombardia, sez. II, Milano, 3.11.1994, n. 618, RGEnel, 1995, 954).

Con riguardo ai profili di tutela del diritto alla salute connessi con i campi elettromagnetici derivanti dagli elettrodotti ad alta tensione, il rispetto del d.p.c.m. 23.4.1992, che ha normativamente recepito i limiti indicati dalle istituzioni sanitarie specializzate, è sufficiente ai fini della legittimità dell'atto autorizzativo delle linee stesse.
(T.A.R. Lombardia, sez. II, Milano, 14.5.1994, n. 302, RGEnel, 1994, 243)

L’attività cautelare è limitata anche nelle procedimenti di risanamento che sono dilazionati nel tempo fino al 2004, e che impediscono di fatto la possibilità di tutela, ex art. 7, d.p.c.m. 23.4.1992.
La giurisprudenza ritiene non sufficienti in talune circostanze di particolare prevenzione, come, ad esempio, nel caso di edifici scolastici, gli stessi limiti fissati dal d.p.c.m. 23.4.1992.

Dev'essere accolta la domanda cautelare di sospensione dell'atto di trasferimento di una scuola elementare in altro edificio a ridosso di un elettrodotto in quanto, come richiede l'ultimo rapporto sull'argomento dell'Istituto superiore di Sanità, si deve dare il massimo grado di priorità a tutti gli interventi di prevenzione indirizzati agli spazi destinati all'infanzia, non essendo sufficiente il rispetto dei limiti di cui al d.p.c.m. 23.4.1992 ad escludere la pericolosità dell'esposizione ai campi elettromagnetici.
Esso, infatti, non tiene conto degli effetti a lungo termine sulla salute umana.
(T.A.R. Veneto sez. II, 29.7.1999, n. 927, RGA, 2000, 119).

Va sospeso, ai sensi dell'art. 21, l. 1034 del 1971, il provvedimento sindacale che inibisce la realizzazione - nell'ambito del territorio comunale - di un elettrodotto a 380 kV, adducendosi la mancanza della concessione edilizia e la necessità di tutelare la salute pubblica in relazione ai campi elettromagnetici generati, considerato che per tali opere non e' necessaria la concessione edilizia, mentre, ai fini del profilo sanitario, dovranno essere rispettate le prescrizioni contenute nel d.p.c.m. 23.4.1992.
(T.A.R. Basilicata, 26.1.1995, Ord. n. 63, RGEnel, 1995, 521).
Con il rispetto delle prescrizioni limitative dettate dal d.p.c.m. 23.4.1992 si esauriscono i doveri imposti in materia di localizzazione degli elettrodotti, dalla tutela della salute dai rischi generati dai campi elettromagnetici.
(T.A.R. Campania sez. V, Napoli, 21.12.1994, n. 485, RGEnel, 1995, 508).

La giurisprudenza costituzionale ha ritenuto legittima la normativa regionale che introduce un sistema più restrittivo del regime delle distanze di rispetto degli elettrodotti dalle abitazioni, consacrando n indirizzo che privilegia l’incremento delle competenze regionali e decentrate rispetto a ormai insufficienti modelli di vetero-centralismo statalista (Rocco F. 1999, 106).

L'art. 1, l. r. Veneto riapprovata il 29.7.1997, che impone all'ente elettrico nazionale valori di campo magnetico estremamente più rigidi di quelli prescritti dal d.p.c.m. 23.4.1992 per gli elettrodotti a linea aerea, con tensione da 132 Kw in su, quando sorvolino aree destinate agli strumenti urbanistici a nuove costruzioni residenziali, scolastiche e sanitarie, si mantiene all'interno della potestà legislativa regionale in materia di sanità e urbanistica - quest'ultima intesa in termini di governo del territorio e di protezione dell'ambiente secondo la definizione dell'art. 80, d.p.r. 24.7.1977, n. 616.
La norma non lede competenze legislative statali, anche perché non tende a vanificare, ma semmai ad accrescere, gli obiettivi di tutela della salute perseguiti a livello nazionale.
E' inammissibile, per carenza di un parametro legale di verifica, la deduzione, nel giudizio di costituzionalità in via principale, del vizio di lesione dell'interesse nazionale a carico dell'art. 1, l. reg. Veneto riapprovata il 29.7.1997, in tema di prevenzione e dei danni derivanti dai campi elettromagnetici generati da elettrodotti, là dove tale norma, imponendo valori di campo magnetico estremamente più rigidi di quelli prescritti dal d.p.c.m. 23.4.1992, imporrebbe all'ente elettrico nazionale e quindi agli utenti dell'intero paese un incremento di spese a fronte di un presunto beneficio limitato agli abitanti nel Veneto.
(Corte cost. 7.10.1999, n. 382, RGE, 1999, I, 1184).

Stranamente il d.p.c.m. 23.4.1992 non contiene alcuna disposizione che preveda l’adeguamento alle sue norme degli elettrodotti già realizzati, che possono essere tenuti alle distanze inferiori a quelle di sicurezza ora previste.

Il d.p.c.m. 23.4.1992 non è applicabile agli elettrodotti realizzati sulla base di provvedimenti autorizzativi emanati antecedentemente alla sua entrata in vigore
(Cons. Stato, sez. IV, 28.2.1994, n. 190, RGEnel, 1995, 500).

La l. 21.2.2001, n. 36, cerca di rispondere all’esigenza di fornire un’adeguata regolamentazione della materia, anche se la dottrina rileva che l’efficacia della normativa è condizionata in modo rilevante dal contenuto dei decreti di attuazione e dai controlli (Ramacci L. 2001, 26).
In particolare lo Stato deve definire i limiti di esposizione, i valori di attenzione, gli obiettivi di qualità e i parametri per la previsione di fasce di rispetto per gi elettrodotti, ex art. 4, 2° co., l. 21.2.2001, n. 36, mentre le regioni devono definire le modalità per il rilascio delle autorizzazioni alla installazione degli impianti, ex art. 8, l. 21.2.2001, n. 36, e soprattutto definire i piani di risanamento che devono contenere il programma cronologico di attuazione in cui devono essere indicati gli interventi prioritari sulle situazioni esposte a più elevati livelli di inquinamento elettromagnetico, ex art. 9, l. 21.2.2001, n. 36.



3. L’autorizzazione unica per la realizzazione di centrali elettriche.

Legislazione d.l. 7.2.2002 n. 7, art. 1 - l. 9.4.2002, n. 55, art. 1.
Bibliografia Giovagnoli 2005.

Con la l. 9.4.2002, n. 55, contenente misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale il legislatore ha ritenuto necessario il rafforzamento urgente del parco di generazione di energia elettrica al fine di evitare crisi ed interruzioni della fornitura di energia (Giovagnoli R. 2005, 524).
Il procedimento di autorizzazione è utilizzabile anche in mancanza dell’approvazione del piano energetico nazionale.

La possibilità di autorizzare la realizzazione di centrali elettriche non risulta subordinata alla previa adozione di un piano energetico nazionale, non essendo tale strumento previsto da alcuna norma dell'ordinamento, né dalla l. 9.4.2002, n. 55. Tali ultime disposizioni non risultano violare la ripartizione di competenze tra Stato e regioni nella materia "energia" prevista dall'art. 117 cost., in quanto trattasi di esercizio del potere legislativo, di cui all'art. 118 cost., di allocazione di funzioni amministrative secondo i principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, potere legislativo che deve essere esercitato dall'organo legislativo corrispondente al livello territoriale interessato, in questo caso lo Stato.

La legge istituisce in via transitoria un procedimento semplificato di autorizzazione per la costruzione e l'esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, gli interventi di modifica o ripotenziamento, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili all'esercizio degli stessi.
Dette opere sono dichiarate opere di pubblica utilità e soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dal Ministero delle attività produttive.
L’autorizzazione sostituisce autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti e
costituisce titolo per costruire e per esercire l'impianto in conformità al progetto approvato.
L'autorizzazione è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano le Amministrazioni statali e locali interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità di cui alla l. 7.8.1990, n. 241, e successive modificazioni, d'intesa con la regione interessata.
E’ obbligatoria la convocazione di una conferenza di servizi cui la giurisprudenza ha riconosciuto natura meramente istruttoria.

Al fine del rilascio della autorizzazione alla costruzione di una centrale elettrica, la l. 9.4.2002, n. 55, prevede la convocazione di una conferenza di servizi di natura istruttoria, essendo il rilascio della autorizzazione di competenza del ministero delle attività produttive.

Tale autorizzazione comprende l'autorizzazione ambientale integrata e sostituisce, ad ogni effetto, le singole autorizzazioni ambientali di competenza delle Amministrazioni interessate e degli enti pubblici territoriali. L'esito positivo della VIA costituisce parte integrante e condizione necessaria del procedimento autorizzatorio.
L'istruttoria si conclude in ogni caso una volta acquisita la VIA, entro il termine di centottanta giorni dalla data di presentazione della richiesta, comprensiva del progetto preliminare e dello studio di impatto ambientale.
L'autorizzazione indica le prescrizioni e gli obblighi di informativa posti a carico del soggetto proponente per garantire il coordinamento e la salvaguardia del sistema elettrico nazionale e la tutela ambientale, nonché il termine entro il quale l'iniziativa è realizzata.
Per il rilascio dell'autorizzazione è fatto obbligo di richiedere il parere motivato del comune e della provincia nel cui territorio ricadono le opere.
Il rilascio del parere non può incidere sul rispetto del termine di centottanta giorni entro il quale deve chiudersi il procedimento. Qualora le opere comportino variazioni degli strumenti urbanistici e del piano regolatore portuale, il rilascio dell'autorizzazione ha effetto di variante urbanistica.
La regione competente può promuovere accordi tra il proponente e gli enti locali interessati dagli interventi per l'individuazione di misure di compensazione e riequilibrio ambientale.
La giurisprudenza ha respinto le censure di illegittimità costituzionale in quanto, secondo la Corte, l'intervento normativo del Governo trova fondamento in una situazione nella quale, in assenza di un effettivo e rapido rafforzamento delle strutture di produzione e di distribuzione dell'energia elettrica, si possono produrre serie difficoltà o addirittura interruzioni più o meno estese della fornitura di energia, con conseguenti gravi danni sociali ed economici.

Non sono fondate, in riferimento all'art. 118 cost., le questioni di legittimità costituzionale sollevate contro la l. 9.4.2002, n. 55. Premesso che, nelle materie di cui all'art. 117, 3° e 4° co., cost., perché una legge statale possa legittimamente attribuire funzioni amministrative a livello centrale ed al tempo stesso regolarne l'esercizio, è necessario che essa rispetti i principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza nella allocazione delle funzioni amministrative, che sussistano esigenze di esercizio unitario di tali funzioni, che detti una disciplina logicamente pertinente e limitata a quanto strettamente indispensabile al fine perseguito e che sia adottata a seguito di procedure che assicurino la partecipazione dei livelli di governo coinvolti attraverso strumenti di leale collaborazione o, comunque, preveda adeguati meccanismi di cooperazione per l'esercizio concreto delle funzioni amministrative allocate in capo agli organi centrali.
E’ indubbia la necessità dell'intervento dell'amministrazione statale in relazione al raggiungimento del fine di evitare il "pericolo di interruzione di fornitura di energia elettrica su tutto il territorio nazionale", così come è evidente la pertinenza e la limitazione della normativa in relazione alla regolazione delle funzioni amministrative in questione, mentre la previsione di due livelli di partecipazione delle regioni - consistenti nella previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in ordine alla determinazione dell'elenco degli impianti di energia elettrica che sono oggetto degli speciali procedimenti previsti, e nella subordinazione del rilascio dell'autorizzazione ministeriale all'intesa con la Regione interessata - realizza sufficienti modalità collaborative e di garanzia degli interessi delle istituzioni regionali i cui poteri sono parzialmente ridotti dall'attribuzione allo Stato dell'esercizio unitario delle funzioni disciplinate negli atti impugnati.
(Corte cost., 13.1.2004, n. 6, FACDS, 2004, 33).

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