giovedì 4 ottobre 2012

Tutela Ambiente. 2 TUTELA DELLE COSE DI INTERESSE ARTISTICO O STORICO.


CAPITOLO II
LA TUTELA DELLE COSE DI INTERESSE ARTISTICO O STORICO.

Capitolo II
La tutela delle cose di interesse artistico o storico.

Sommario: 1. I vincoli sul patrimonio artistico.
1.1. La tutela costituzionale del paesaggio
2. L’autorizzazione per interventi edilizi su immobili di interesse storico ed artistico.
3. Rapporti fra autorizzazione e permesso di costruire.
4. La sospensione dei lavori.
5. Le sanzioni. Il provvedimento di riduzione in pristino.
6. La sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione.
7. Il potere sostitutivo del Ministro per i beni e le attività culturali.
8. I reati previsti dal codice dei beni culturali e del paesaggio.
9. Il concorso del reato di danneggiamento con i reati sui beni culturali d'interesse artistico.

1. I vincoli sul patrimonio artistico.

Legislazione l. 1089/1939, artt. 1,2,3,5 – d.lg. 490/1999, artt. 2, 5.
Bibliografia Mengoli 1997.

La tutela del patrimonio artistico e delle bellezze naturali si è sviluppata, secondo la concezione analitica del legislatore, con due procedure radicalmente distinte regolate da norme diverse.
La tutela sul patrimonio artistico è attuata tramite un meccanismo di vincolo di interesse pubblico.
Il provvedimento di vincolo di particolare interesse artistico e storico colpisce le cose mobili ed immobili, tassativamente indicate.
Tali cose devono avere un particolare collegamento con la storia della cultura della città.

L’imposizione del vincolo deve risultare motivata con la sussistenza sia dell'immedesimazione e compenetrazione dei valori storico-culturali con le strutture materiali nonché del collegamento dei beni e della loro utilizzazione con gli eventi storico-culturali della città, sia del pregio artistico dell'immobile e di alcuni arredi in esso contenuti.
(T.A.R. Sardegna, 13.2.1997, n. 192, T.A.R., 1997, I, 1557).

Il procedimento di vincolo non è correlato ad uno strumento di pianificazione territoriale, ma ad un atto del Ministero dei beni culturali ed ambientali.
Il procedimento si articola attraverso tre atti distinti: 1) la dichiarazione dell’interesse storico ed artistico; 2) la notifica da parte dell’autorità che porta a conoscenza dell’interessato la dichiarazione; 3) la trascrizione al fine di rendere edotti i terzi dei vincoli gravanti sulla cosa (Mengoli G. C. 1997, 453).
Questo procedimento interessa i beni di proprietà privata, poiché se i beni sono di proprietà pubblica l’assoggettamento alla legge è automatico.
I beni soggetti a vincoli notificati non possono essere demoliti, rimossi, modificati o restaurati senza l’autorizzazione della competente Soprintendenza.
La Sovrintendenza ai beni storici ed artistici notifica ai privati, proprietari a qualsiasi titolo dei beni, il vincolo sulle cose che siano di particolare interesse.
Tale atto di vincolo viene trascritto, per i beni immobili, nei registri delle Conservatorie delle ipoteche ed esso mantiene la sua efficacia nei confronti di ogni successivo proprietario o detentore, a qualsiasi titolo, del bene.
Per quanto riguarda le cose mobili notificate per il loro particolare interesse, l’elenco viene conservato presso la competente Soprintendenza e una copia dello stesso è depositata presso la Prefettura così che chiunque abbia interesse possa prenderne visione.
La dichiarazione, diretta ad affermare davanti a tutti che un bene è di interesse storico o artistico, pur non essendo il fondamento del vincolo, che nasce infatti dalla stessa legge, rende noto a tutti che si è accertata l’esistenza in un bene dei requisiti che ne dispongono una immediata rigorosa tutela e che, pertanto, da quel momento in poi, si intende fare ricorso alla stessa legge.
Il bene, dopo tale dichiarazione, acquista una nuova qualificazione che ne limita notevolmente l’uso e che impedisce qualsiasi modifica dello stesso senza autorizzazione.



1.1. La tutela costituzionale del patrimonio artistico.

Legislazione cost., art. 9, 2° co. - l. 29.6.1939, n. 1497, art. 7
Bibliografia Predieri 1981 - Cassese 2000 (2).

La tutela del patrimonio culturale trova un rafforzamento nell’art. 9, 2° co., cost., che tassativamente dispone che uno dei compiti della Repubblica è la protezione del patrimonio artistico e del paesaggio.
La dottrina propende per una distinzione fra le espressioni bellezze naturali e paesaggio.
Le bellezze naturali contrassegnano quei beni che oggettivamente costituiscono esteticamente dei complessi naturali da proteggere nella loro integrità (Cassese S. 2000 (2), 1581).
Nel sistema della l. 1.6.1939, n. 1089, l'esercizio del potere di tutela delle cose di interesse storico ed artistico non è condizionato ad una ponderazione dell'interesse culturale con gli altri interessi pubblici o privati, dovendosi al primo riconoscere, in conformità dell'art. 9, cost., un valore assoluto e quindi un'istituzionale prevalenza su altre esigenze di tipo diverso.
(T.A.R. Lazio, sez. II, 25.2.1989, n. 311, T.A.R., 1989, I, 837).

Il paesaggio rappresenta la forma del paese creata dall’azione sistematica dell’uomo in rapporto alla cultura che esso ha espresso, con una conseguente estensione della tutela. Il principio di tutela afferamto dalla costituzione impegna tutte le pubbliche istituzioni, e particolarmente lo Stato e la regione, e concorrere alla tutela ed alla promozione del valore (Predieri A. 1981, 512).

Quello del paesaggio costituisce un valore costituzionale primario, ex art. 9, cost., cui non è dato di derogare in sede di autorizzazione, ai sensi dell'art. 7, l. 29.6.1939, n. 1497.
Una valutazione di compatibilità che si traduca in un'oggettiva deroga al contenuto del vincolo si risolve in autorizzazione illegittima per sviamento o travisamento, con l'ulteriore conseguenza che l'annullamento ministeriale che si fondi su tale rilievo non può considerarsi esteso a vizi di merito.
(Cons. Stato, sez. VI, 14.11.1991 n. 828, RAm, 1991, 2091).


2. L’autorizzazione per interventi edilizi su immobili di interesse storico ed artistico.

Legislazione l. 1089/1939, artt. 12, 13, 18, 20, 59 - l. 15.5.1997, n. 127, art. 12 - d.lg. 490/1999, artt. 2, 5.
Bibliografia Mengoli 1997.

Qualora sia intervenuto il vincolo i privati devono sottoporre alla soprintendenza i progetti delle opere che intendano eseguire sul bene per ottenere la relativa approvazione, ai sensi dell’art. 18, l. 1089/1939, sost. art. 23, d.lg. 490/1999.
I beni soggetti a vincolo, infatti, non possono essere utilizzati in modo non compatibile con il loro carattere storico o artistico o in modo da pregiudicare la loro conservazione od integrità (Mengoli G. C. 1997, 464).
E’ fatto obbligo di richiedere l’autorizzazione del Ministero per la demolizione o modifica dei beni culturali, ai sensi degli artt. 12 e 13, l. 1089/1939, sost. art. 21, d.lg. 490/1999.
I proprietari o i detentori, a qualsiasi titolo, di beni mobili ed immobili riconosciuti d’interesse storico od artistico in seguito a notifica devono sottoporre all’esame della competente Soprintendenza i progetti di qualunque opera intendano eseguire, allo scopo di ottenerne la preventiva autorizzazione.
Qualora vi sia assoluta urgenza si possono eseguire i lavori provvisori indispensabili per evitare gravi danni ai beni, con l’obbligo di darne immediata notizia alla Soprintendenza.
Alla stessa dovranno essere inviati in seguito, nel più breve tempo possibile, i progetti definitivi dei lavori per averne l’approvazione.
La giurisprudenza ha ritenuto che l’autorizzazione riguardi qualsiasi tipo di lavori:

L'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 18.3.996, n. 2425, ha espressamente compreso fra le disposizioni derogabili, in relazione all'art. 59, solo gli art. 11, 12, e 20, l. 1.6.1939, n. 1089, e non anche l'art. 18; ciò rivela una precisa volontà di escludere tale ultima disposizione, la cui violazione continua ad essere sanzionata dall'art. 59. Ne consegue che per le opere di qualunque genere da realizzare su beni vincolati ai sensi della predetta legge rimane sempre necessaria la preventiva approvazione della competente Sovrintendenza.
(Trib. Avellino, 25.1.1999, GM, 1999, 539).

L'art. 18 della l. 1.6.1939, n. 1089 sulla tutela delle cose d'interesse artistico o storico, che richiede la preventiva approvazione dei progetti delle opere che si intendano eseguire sulle cose tutelate dalla legge, non si riferisce alle opere edilizie, ma alle opere di qualunque genere, comprendendo con tale espressione qualsiasi manufatto, anche se di limitata entità volumetrica ed a carattere precario, purché idoneo ad arrecare pregiudizio all'interesse tutelato.
(Cass. pen., sez. III, 23.11.1984, CP, 1986, 131).

Il procedimento di rilascio, prima disciplinato dall'art. 18, l. 1089/1939, è ora previsto dall’art. 12, l. 15.5.1997, n. 127, sost. art. 24, d.lg. 490/1999 (Mengoli G. C. 1997, 466).
La scansione procedimentale consente una sola richiesta istruttoria e prevede che il silenzio assenso si formi solo a seguito di diffida a provvedere dopo che si sia formato il silenzio rifiuto.


3. Rapporti fra autorizzazione e concessione edilizia.

Legislazione l. 1089/1939, art. 18.
Bibliografia Centofanti 2000.

Gli interventi su immobili che presentano interesse storico artistico sono assoggettati non solo alla concessione edilizia, ma anche all'autorizzazione rilasciata dalla competente soprintendenza.
Fra le due procedure non intercorre un rapporto di collegamento e, quindi, le determinazioni del soprintendente non vincolano i provvedimenti del sindaco.
L'impugnazione dei due atti ha ambiti operativi diversi, essendo diretta a censurare, in un caso, l'autorizzazione della soprintendenza per i motivi connessi alla tutela dei beni culturali e, nell'altro, la concessione edilizia per motivi di natura urbanistica (Centofanti N. 2000, 27).
Nella specie si è ritenuta ammissibile l'impugnazione del solo provvedimento del sindaco avendo il ricorrente fatto valere ragioni di natura esclusivamente urbanistica.

In sede di autorizzazione di interventi edilizi su immobili vincolati ai sensi della l. 1.6.1939, n. 1089, il sindaco, a fronte dell'approvazione preventiva rilasciata dalla competente soprintendenza, in base all'art. 18 della l. 1089/1939, ben può effettuare valutazioni di ordine urbanistico-edilizio, pervenendo a determinazioni negative o soprassessorie sull'istanza presentata dall'interessato.
(T.A.R. Piemonte, sez. I, 10.10.1990, n. 386, T.A.R., 1990, I, 3847).


4. La sospensione dei lavori.

Legislazione l. 1.6.1939, n. 1089, art. 20 - d. lg. 29.10.1999, n. 490, art. 28.
Bibliografia Tamiozzo 2000.

La tutela statale prevede da parte del sopraintendente la possibilità di sospendere i lavori quando i progetti relativi non siano stati preventivamente autorizzati dalla soprintendenza, ai sensi dell’art. 20, l. 1.6.1939, n. 1089, sost. art. 28, d. lg. 29.10.1999, n. 490 (Tamiozzo R. 2000, 468).
Analoga possibilità di sospensione è accordata nelle more della dichiarazione di vincolo.

La sospensione dei lavori, adottata ex art. 20, l. 1.6.1939, n. 1089, è una misura soprassessoria e al tempo stesso anticipatoria del provvedimento impositivo del vincolo storico-artistico su un determinato bene, dettata dalla necessità di bloccare medio tempore, nelle more cioè del relativo procedimento, interventi suscettibili di comprometterne il valore.
Si deve ritenere che l'indicazione in siffatta sospensione delle ragioni giustificatrici del vincolo trascende la natura e la funzione della sospensione medesima ed appartiene ad una fase successiva, quella cioè della effettiva imposizione del vincolo, ove le ragioni della imposizione del vincolo trovano la loro collocazione logica e devono, quindi, essere esplicitate.
(T.A.R. Campania, sez. II, Napoli, 26.6.1998, n. 2154, FA, 1999, 205).

Non sussiste violazione dell'art. 20, l. 1.6.1939, n. 1089, per incompetenza del soggetto il quale ha adottato i provvedimenti cautelari di sospensione dei lavori di demolizione, qualora il firmatario dei provvedimenti stessi sostituiva regolarmente, in qualità di funzionario più alto in grado presente in servizio, il titolare dell'ufficio, temporaneamente assente, stante, altresì, la circostanza obiettiva dell'urgenza e indifferibilità dell'adozione dei provvedimenti cautelari, al fine di assicurare la tutela degli interessi pubblici di competenza dell'amministrazione.
(T.A.R. Sardegna, 13.1.1996, n. 36, FA, 1996,3083).

L’ordinanza di sospensione consente l’attivazione del potere di imposizione del vincolo che deve essere esercitato nei termini di sessanta giorni dal provvedimento cautelare.
Il procedimento deve iniziare nei trenta giorni successivi, ai sensi dell’art. 28, 3° co., d. lg. 29.10.1999, n. 490.

L'imposizione di vincolo archeologico definitivo non richiede la comunicazione dell'avvio del relativo procedimento al soggetto interessato poiché, ai sensi dell'art. 20, l. 1.6.1939 n. 1089, il provvedimento di vincolo definitivo segue, nel termine di sessanta giorni, l'adozione di previo provvedimento cautelare, il quale mette l'interessato sull'avviso delle intenzioni dell'amministrazione, consentendogli di partecipare al procedimento che lo riguarda.
(T.A.R. Sardegna, 19.11.1997, n. 1607, T.A.R., 1998, I, 398).

In tema di tutela delle cose di interesse artistico o storico, fino a quando il vincolo non venga imposto, il soprintendente che ritenga urgente intervenire in via cautelare, può attivare i suoi poteri, ex art. 20, l. 1.6.1939, n. 1089, "anche quando non sia intervenuta la notifica".
Nel caso in cui tale potere non risulti essere stato esercitato e la stessa procedura di vincolo sia stata notevolmente lunga, il comune non è obbligato a non esercitare i suoi poteri-doveri in materia edilizia in funzione di un "possibile" vincolo, ma solo sulla base della realtà giuridica esistente.
E' vero che, ex art. 25, l. 29.6.1939, n. 1497, relativo alla materia paesaggistica, il sindaco non può concedere la licenza di costruzione se non previo favorevole avviso della competente sovrintendenza, ma ciò avviene soltanto "quando sia stato imposto il vincolo ai termini della legge".
Tale raccordo istituzionale comune-sovrintendenza è certamente valido anche per i beni culturali, ma anche in questo caso solo quando il vincolo sia già stato imposto.
In precedenza, lo spirito collaborativo tra istituzioni può anche portare un sindaco a revocare un atto di concessione già dato in previsione di un vincolo in itinere, od anche a confermare l'atto di concessione, dando rilievo a una egualmente legittima valutazione sia dell'interesse del privato alla certezza delle sue posizioni giuridiche soggettive sia degli interessi pubblici complessivi.
Nella specie, relativa ad annullamento senza rinvio di sentenza di condanna per la contravvenzione di cui all'art. 733 c.p., la S.C. ha ritenuto che il grave ritardo sulla imposizione del vincolo, soltanto annunciato nel suo avvio, e l'assenza di misure cautelari della p.a. competente, bene potevano portare il sindaco alla determinazione di confermare l'atto di concessione, senza che questo comportamento potesse considerarsi di per sé illegittimo o addirittura criminoso.
(Cass. pen., sez. III, 1.3.1995, n. 3967, CP, 1997, 1339).

La previsione di un termine per l'efficacia delle misure cautelari previste dall'art. 20, l. 1.6.1939, n. 1089, in attesa della imposizione del vincolo storico - artistico nei confronti di soggetti privati, è inapplicabile nell'ipotesi di beni di proprietà di enti pubblici, atteso il regime di vincolo ex lege per tale categoria di beni.
(Cons. Stato, sez. VI, 15.10.1996, n. 1354, FA, 1996,2932).


5. Le sanzioni. Il provvedimento di riduzione in pristino.

Legislazione l. 1.6.1939, n. 1089, art. 59, 2° co. - d. lg. 29.10.1999, n. 490, art. 131.
Bibliografia Tamiozzo 2000.

Il provvedimento di riconduzione in pristino deve essere preso dal Ministero, sentito il parere del Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali, ex art. 59, 2° co., l. 1.6.1939, n. 1089, mod. art. 131, d. lg. 29.10.1999, n. 490 (Tamiozzo R. 2000, 469).
La giurisprudenza interpreta restrittivamente la facoltà del Ministero ritenendo piuttosto che si tratti di un obbligo ad adottare le misure repressive.

Nel caso di opere ritenute difformi dalle prescrizioni dell'autorità preposta alla salvaguardia dei beni oggetto della tutela recata dalla l. 1.6.1939, n. 1089, l'art. 59 impone il ripristino dello stato originario del bene, con l'esecuzione dei lavori ritenuti necessari per riparare ai danni prodotti alla cosa.
Rispetto al fine primario di conferire al bene l'assetto precedente perché più idoneo alla salvaguardia del suo valore artistico e architettonico, la sanzione pecuniaria pari al valore della cosa perduta o alla diminuzione di valore subita a seguito della trasgressione ha valenza residuale ed è applicabile solo quando la riduzione in pristino della cosa non sia possibile.
(Cons. Stato, sez. IV, 18.5.1998, n. 818, AUE, 1999, 415).

Nel caso di opere che abbiano recato danno al patrimonio storico-artistico l'amministrazione è vincolata ad emanare provvedimenti di riduzione in pristino mediante demolizione dei manufatti abusivi, con esclusione di valutazioni discrezionali conservative, ancorché tali opere concernano beni sottoposti a vincolo indiretto, senza che sul dovere di disporre la riduzione in pristino incida il lungo tempo trascorso dal compimento della violazione edilizia.
(Cons. Stato, sez. VI, 25.9.1995, n. 965, FA, 1995, 1922).



6. La sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione.

Legislazione l. 1.6.1939, n. 1089, art. 59 - d. lg. 29.10.1999, n. 490, art. 131
Bibliografia Tamiozzo 2000.

L’art. 131, d. lg. 29.10.1999, n. 490, sost. art. 59, l. 1.6.1939, n. 1089, disciplina il procedimento di reintegrazione di competenza del Ministero dei beni culturali e ambientali (Tamiozzo R. 2000, 468).
Il Ministero deve indicare al responsabile dell’abuso le opere necessarie a ripristinare il bene.
In caso di inottemperanza entro i termini fissati la pubblica amministrazione deve procede d’ufficio addebitando le spese all’obbligato.
La sanzione pecuniaria è alternativa alla reintegrazione quando sia accertato che questa non sia possibile.

Nel caso siano realizzate opere tali da alterare lo stato originario del bene, sottoposto a vincolo storico artistico, l'art. 59, l. 1.6.1939, n. 1089, impone il ripristino del bene con l'esecuzione dei lavori necessari per riparare i danni prodotti alla cosa e conferire ad essa l'assetto precedente.
L'irrogazione nell'ipotesi della sanzione pecuniaria pari al valore della cosa perduta o alla diminuzione di valore subita, ha valenza residuale ed è applicabile solo quando la riduzione in pristino non è tecnicamente possibile.
(Cons. Stato, sez. IV, 18.5.1998, n. 818, RGE, 1998, I, 1190).

La valutazione della possibilità di realizzare l’intervento di reintegrazione è affidata ad un apprezzamento discrezionale della pubblica amministrazione.

Nel procedimento previsto dall'art. 59, l. 1.6.1939, n. 1089, spetta agli organi tecnici di valutare, sulla base delle discipline inerenti la conservazione delle cose d'arte, la fattibilità delle opere di ripristino, con l'adozione delle prescrizioni più conformi per restituire al bene il suo carattere di utilità per il patrimonio storico artistico.
(Cons. Stato, sez. IV, 18.5.1998, n. 818, RGE, 1998, I, 1190).

La sanzione pecuniaria, irrogata dall'amministrazione, al proprietario di un immobile di interesse artistico e storico per l'esecuzione di opere pregiudizievoli per il bene, ha carattere alternativo rispetto a misure di tipo ripristinatorio e rientra, pertanto, nell'area dei poteri autoritativi dell'amministrazione medesima a tutela diretta di interessi pubblici.

La controversia diretta a contestare la validità ed efficacia del provvedimento applicativo della sanzione pecuniaria, ancorché insorga in via di opposizione ad ingiunzione resa a norma del r.d. 639 del 1910, è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto si ricollega a posizioni di interesse legittimo.
(Cass. civ., Sez. U., 17.2.1995, n. 1714, GC, 1995, I, 1491).

La sanzione pecuniaria è determinata direttamente dal Ministero in una somma pari al valore della cosa perduta o della sua diminuzione di valore.
La determinazione può non essere accettata e può pertanto essere richiesta la costituzione di un’apposita commissione che accerti il valore della cosa, secondo quanto disposto dall’art. 59, l. 1089/1939 citata.
L’azione del Ministero non è soggetta ad alcun termine di prescrizione.
(Cons. Stato, sez. IV, 6.5.1975, n. 482, FA, 1975, I, 628).


7. Il potere sostitutivo del Ministro per i beni e le attività culturali.

Legislazione l. 1.6.1939, n. 1089, art. 14 - d. lg. 29.10.1999, n. 490, artt. 38, 46.
Bibliografia Tamiozzo 2000.

Le sanzioni amministrative sono rivolte a colpire l’attività di demolizione o modifica degli immobili di interesse artistico e storico in carenza di autorizzazione del Ministro per i beni e le attività culturali.
Gli artt. 37 e segg., d. lg. 29.10.1999, n. 490, sost. art. 14, l. 1.6.1939, n. 1089 l. 1089/1939 prevedono un potere sostitutivo dello stesso Ministero (Tamiozzo R. 2000, 470).
Esso ha la facoltà di provvedere direttamente alle opere necessarie per assicurare la conservazione ed impedire il deterioramento di tali beni.
Le modalità procedurali e finanziarie dell’intervento sostitutivo sono precisate dall’art. 38, d. lg. 29.10.1999, n. 490.
L’attuale stato di particolare degrado del patrimonio pubblico, che si manifesta in crolli di insigni monumenti, come la cattedrale di Noto, e soprattutto nella carenza di una autorità che vigili su lavori di restauro che si annunciano interminabili, pone l’esigenza di rendere attuale l’esercizio di tale potere soprattutto al fine di provvedere urgentemente nel caso di pericoli di crollo dei nostri monumenti.
L’art. 46 del d.lg. 490/1999 consente l’intervento statale anche per i beni in uso ad altra amministrazione garantendo il contributo statale.


8. I reati previsti dalla d.lg. 490/1999.

Legislazione c.p., art. 165 - l. 1.6.1939, n. 1089, art. 59 - d. lg. 29.10.1999, n. 490, artt. 118, 131.
Bibliografia Tamiozzo 2000.

La l. 1089/1939, sost. d. lg. 29.10.1999, n. 490, sanziona penalmente coloro che trasgrediscono ai suoi disposti (Tamiozzo R. 2000, 480).
La contravvenzione sancita dall’art. 118, d. lg. 29.10.1999, n. 490, punisce con l’arresto da sei mesi ad un anno e con l’ammenda da L. 1.500.000 a 75 milioni chi trasgredisce alle norme.

La norma di cui all'art. 59, l. 1089/1939, pur essendo inclusa in una generale regolamentazione del patrimonio storico ed artistico nazionale, sanziona quei comportamenti esplicitamente commissivi come la demolizione, la rimozione, la modificazione o estaurazione, adibizione ad usi non compatibili col carattere storico o artistico della cosa o tali da arrecare pregiudizio alla conservazione o all'integrità della stessa ecc., che possono anche non danneggiare, deteriorare o distruggere la singola cosa d'arte o non arrecare nocumento al patrimonio storico o artistico della nazione e che assumono rilievo penale solo se ed in quanto vengano posti in essere senza l'intervento autorizzativo, che lo Stato attua attraverso gli organi appositamente predisposti quali il Ministero della pubblica istruzione e la Soprintendenza alle autorità e belle arti.
(Cass. pen., sez. II, 18.3.1988, GP, 1989, II, 279).

La norma sanziona, in particolare, chi demolisce, rimuove o modifica senza autorizzazione le cose di interesse storico o artistico sia di proprietà pubblica che privata, ex artt. 2, 6, d. lg. 29.10.1999, n. 490, ovvero chi esegue opere su detti beni senza progetti autorizzati dalla soprintendenza o non ottempera ad ordini di sospensione dei lavori iniziati, ai sensi ex art. 18, d. lg. 29.10.1999, n. 490.

In tema di reati contro il patrimonio archeologico, storico ed artistico, l'art. 59, l. 1.6.1939, n. 1089, ha come destinatari non solo i proprietari del bene vincolato, ed i soggetti a questi equiparati, ma anche tutti gli altri soggetti che, pur non essendo titolari di poteri o facoltà sul bene medesimo, possono di fatto, con il loro comportamento, quali la demolizione, rimozione, modifica, restauro non autorizzato, modificare la condizione materiale o giuridica della res nel senso vietato dalla norma.
Questa, infatti, è rivolta a chiunque trasgredisca le disposizioni poste a tutela dei beni protetti, e, quindi, non solo al rappresentante di ente pubblico, o privato possessore della cosa, ma anche al terzo estraneo.
(Cass. pen., sez. III, 19.9.1997, n. 9230, RPo, 1999, 231).

In presenza del vincolo previsto dalla l. 1.6.1939, n. 1089, anche l'apertura temporanea di un varco nella falda del tetto per consentire l'introduzione nell'edificio di interesse storico artistico del materiale occorrente per i lavori di ristrutturazione interna costituisce violazione dell'art. 59 della legge stessa.
(Cass. pen., sez. III, 26.9.1997, n. 9622, RPo, 1999, 231).

Ogni potere di intervento per eventuale ripristino compete al Ministro per i beni culturali ed ambientali, ex art. 131, d. lg. 29.10.1999, n. 490.

L’art. 59, l. 1.6.1939, n. 1089 non consente al giudice penale di determinare quali lavori debbano essere effettuati per riparare il danno cagionato con la trasgressione delle disposizioni contenute nella predetta legge e, pertanto, il giudice ordinario, pur potendo condannare il trasgressore al risarcimento del danno non può invadere la sfera propria della pubblica amministrazione determinando i lavori che in concreto debbano essere eseguiti per riparare il danno.
(Cass. pen., sez. VI, 10.4.1979, FI, 1981, II, 18).

Il giudice non può imporre obblighi alla sospensione condizionale della pena, poiché le conseguenze dannose del reato sono eliminate dai futuri provvedimenti del Ministero per i beni culturali ed ambientali.

Il reato di danneggiamento di cosa d'arte, di cui all'art. 59, l. 1.6.1939, n. 1089, rientra tra i casi che l'art. 165, c.p., comma 1 seconda parte, eccettua dal potere del giudice di subordinare la sospensione condizionale della pena all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato secondo le modalità indicate nella sentenza di condanna.
Ciò in quanto il citato art. 59 pone a carico del trasgressore l'esecuzione di quei lavori che il Ministero per i beni culturali ed ambientali riterrà di prescrivergli per riparare i danni da lui prodotti alla cosa.
Quando la riduzione in pristino non sia possibile, il trasgressore è tenuto a corrispondere una somma pari al valore della cosa perduta o alla diminuzione di valore subito, secondo un apposito procedimento.
(Cass. pen., sez. III, 23.1.1998, n. 2927, CP, 1999, 1231).


9. Il concorso del reato di danneggiamento con i reati sui beni culturali d'interesse artistico.

Legislazione cost., art. 9 - c.p., artt. 81, 733 - l. 1.6.1939, n. 1089, art. 59 - d. lg. 29.10.1999, n. 490, art. 118.
Bibliografia Conti 1997.

L’art. 733, c.p., punisce chi distrugge o deteriora un monumento se dal fatto deriva un nocumento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale con l’arresto fino ad un ano o con la ammenda non inferiore a L, 4.000.000 (Conti L. 1997, 421).
La giurisprudenza si è posta il problema se le disposizioni relative ai reati di danneggiamento abbiano il carattere della generalità rispetto alle disposizioni per la conservazione delle cose d'interesse artistico.
In tal caso si avrebbe il concorso apparente di tali norme con la possibilità di applicare la norma speciale
Le norme hanno ad oggetto situazioni sicuramente diverse, configurando un concorso materiale di reati disciplinato dall’art. 81, c.p..
Le due ipotesi di reato previste dall'art. 733 c.p. - danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale - e dall’art. 59, l. 1.6.1939, n. 1089, sost. art. 118, d. lg. 29.10.1999, n. 490 - violazione delle disposizioni per la conservazione, integrità e sicurezza delle cose d'interesse artistico o storico - possono concorrere formalmente, poiché tra le due norme sussiste una diversità che riguarda non soltanto l'oggetto della tutela, ma altresì la specifica funzione tutoria attribuita alle stesse dal legislatore.
L'art. 733, c.p. è predisposto ad una generale tutela, penalmente sanzionata, del patrimonio storico ed artistico della nazione nei confronti del privato cui eventualmente appartenga taluna delle cose che concorrono a formarlo.
Tale tutela, fondata sull'art. 9, cost., trova concreta attuazione soltanto in quei casi in cui alla distruzione, al deterioramento ed al danneggiamento della cosa consegua un nocumento al patrimonio archeologico, storico o artistico della nazione che perfeziona la condizione di punibilità.

La contravvenzione di cui agli artt. 11 e 59, l. n. 1089 del 1939 configura un reato di condotta, giacché l'attività di demolire, rimuovere, modificare o restaurare cose di interesse storico-artistico, senza l'autorizzazione del ministero competente, perfeziona il reato anche ove non produca concretamente una lesione del patrimonio storico - artistico della nazione.
Al contrario, la contravvenzione di cui all'art. 733, c.p., configura un reato di evento, e più esattamente un reato di danno, giacché si perfeziona solo quando la condotta dell'agente provochi la distruzione, il deterioramento o il danneggiamento di monumenti o altre cose di pregio rilevante, se dal fatto derivi un nocumento al patrimonio artistico nazionale.
Ne consegue che, disciplinando le due norme fattispecie diverse che solo parzialmente coincidono, qualora una condotta concreta violi entrambe le disposizioni, si configura un concorso formale di reati ai sensi dell'art. 81 c.p.
(Cass. pen., sez. III, 29.4.1998, n. 7129, RGE, 1999, I, 903).

L'art. 59, l. 1.6.1939, n. 1089 ha carattere di specialità rispetto alla contravvenzione di cui all'art. 733 c.p. e pertanto, nel caso di interventi non autorizzati su un immobile notificato come di particolare interesse artistico o storico, non si verifica il concorso formale fra i reati in questione.
(Cass. pen., sez. VI, 10.4.1979, FI, 1981, II, 18).


1.      IL CONTROLLO SUI BENI CULTURALI


5.1. Le competenze in materia di beni culturali e ambientali.

Il Ministero per i beni e le attività culturali ha la funzione di tutela sul patrimonio culturale.
Esso è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici.
I beni culturali sono le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà.
I beni paesaggistici sono gli immobili e le aree costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e gli altri beni individuati dalla legge o in base alla legge, ex art. 2, D.L.vo 42/2004. R. TAMIOZZO, Il codice dei beni culturali e del paesaggio, 2005, 8.
Nella ripartizione delle funzioni tra Stato e Regioni disposta con la modifica costituzionale sancita dalla L. 3/2001 che ha modificato l'art. 117, cost., lo Stato ha deciso di mantenere la sua competenza esclusiva in materia di beni culturali solo per quanto riguarda la tutela e di fare rientrare una submateria relativa alla valorizzazione dei beni culturali ed ambientali e alla promozione e organizzazione di attività culturali tra le materie di competenza concorrente. F. PAGANO, I beni culturali e ambientali dopo il codice urbani, in Riv. Giur. Ed., 2004, III, 155.
I beni soggetti a tutela sono identificati attraverso un provvedimento di vincolo disposto dal Ministero.
Ogni intervento sui beni deve essere autorizzato dalla competente sovrintendenza che deve approvare i progetti di intervento sulle opere soggette a vincolo, ex art. 22, D.L.vo 42/2004. N. CENTOFANTI, Diritto a costruire Pianificazione Urbanistica Espropriazione, 2005, 130.
Le forme di tutela sono regolate dal D.L.vo 42/2004 che ha abrogato il D.L.vo 29 ottobre 1999, n. 490, sulla protezione delle bellezze naturali.
Il codice prevede un meccanismo di vincolo per mezzo di notifica di interesse pubblico delle bellezze naturali e panoramiche.
Lo Stato ha, poi, la possibilità di individuare nuove riserve naturali e parchi, vedi la L. 6 dicembre 1991, n. 394, la Legge quadro sulle aree protette.
I vincoli paesistici, che accertano una naturale vocazione dei luoghi alla inedificabilità, sono imposti senza alcuna possibilità di indennizzo, come ha ritualmente precisato la Corte Cost., 9 maggio 1968, n. 56, in Nuova Rass., 1983, 2615, con nota critica di R. GRACILI, Jus aedificandi, pianificazione e urbanistica, ivi, 1983, 2490.




5.1.1. Il patrimonio artistico. I beni soggetti ai vincoli di rispetto.

La tutela sul patrimonio artistico è attuata mediante un meccanismo di vincolo di interesse pubblico - sulle cose d’interesse artistico o storico - notificato con un procedimento speciale.
Il provvedimento di vincolo di particolare interesse artistico e storico colpisce le cose mobili ed immobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico, ex art. 10, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.
La giurisprudenza precedente all’entrata in vigore del cod. beni cult. ha precisato che il provvedimento di vincolo deve indicare dettagliatamente sia il bene cui si riferisce sia i motivi che lo giustificano.
Il provvedimento di vincolo appare contraddittorio quando vi è contrasto fra dispositivo e motivazione.
Tali beni devono avere un particolare collegamento con la storia della cultura della città.
L’imposizione del vincolo deve risultare motivata con la sussistenza sia dell'immedesimazione e compenetrazione dei valori storico-culturali con le strutture materiali nonché del collegamento dei beni e della loro utilizzazione con gli eventi storico-culturali della città, sia del pregio artistico dell'immobile e di alcuni arredi in esso contenuti. (T.A.R. Sardegna, 13 febbraio 1997, n. 192, in T.A.R., 1997, I, 1557).
Nel caso di specie il dispositivo si riferisce all’art. 2, c. 1, lett. a), D.L.vo n. 490/1999 che prevede l’interesse artistico, storico, archeologico o demo – antropologico, mentre la relazione valorizza invece la connessione dell'immobile con la storia politica della città di Trieste, cioè con uno degli elementi considerati dall’art. 2, c. 1, lett. b), D.L.vo n. 490/1999. (T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 25 luglio 2002, n. 593).
Il procedimento di vincolo non è correlato ad uno strumento di pianificazione territoriale, ma ad un atto del Ministero per i beni e le attività culturali.



5.1.2. Il procedimento di vincolo. L’accesso.

Il procedimento di vincolo si articola attraverso tre atti distinti: 1) la dichiarazione dell’interesse storico ed artistico; 2) la notifica da parte dell’autorità che porta a conoscenza dell’interessato la dichiarazione; 3) la trascrizione, al fine di rendere edotti i terzi dei vincoli gravanti sulla cosa qualora si tratti di beni soggetti a pubblicità immobiliare.
L’art. 12, c. 1, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42, prevede un interesse culturale dei beni opera di autore la cui esecuzione risalga a più di cinquanta anni se prima non sia stata fatta una preventiva verifica che escluda la sussistenza dell’interesse artistico.
Tale procedura è da intendersi, però, sospesa fino all'emanazione di decreti del Ministero che fissino criteri omogenei per identificare i beni su cui detta verifica debba essere preventivamente effettuata.
Il procedimento tende a riconoscere la partecipazione del soggetto proprietario dell’immobile garantendo la pubblicità dell’iniziativa ministeriale.
Il soprintendente, quando avvia il procedimento per la dichiarazione dell'interesse culturale, anche su motivata richiesta della regione e di ogni altro ente territoriale interessato, deve darne comunicazione al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo della cosa che ne forma oggetto, art. 14, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.
La dottrina rileva l’applicazione obbligatoria del procedimento di accesso previsto dalla L. 241/1990. N. ASSINI, Pianificazione urbanistica e governo del territorio, 2000, 62.
La giurisprudenza precedente all’entrata in vigore del cod. beni cult. ha affermato che il contenuto della comunicazione di avvio del procedimento deve essere tale da porre il destinatario nella condizione di potere partecipare al procedimento di accesso formulando osservazioni congrue e pertinenti.
La comunicazione di avvio del procedimento deve contenere, ai sensi del successivo art. 7, L. 241/1990, non solo gli elementi identificativi del bene, nella specie mancanti, ma soprattutto quelli valutativi, cioè i presupposti che hanno determinato l'apposizione del vincolo da parte dell'organo procedente.
(T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 25 luglio 2002, n. 593).
La giurisprudenza ritiene che la pubblicità abbia effetti costitutivi e, pertanto, l’omissione della fase partecipativa comporta l’illegittimità del successivo procedimento.
La comunicazione suddetta deve essere eseguita con le modalità previste dall'art. 7, c. 2, L. 241 del 1990, ovvero, se per il numero di destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, mediante idonee forme di pubblicità. (Cons. St., sez. VI, 25 giugno 2002, n. 3478, Foro Amm. CDS, 2002, 1510).
È illegittimo il decreto del Ministero per i beni e le attività culturali che impone su un immobile il vincolo archeologico indiretto senza, tuttavia, comprovare l'avvenuto adempimento della comunicazione dell'avvio del procedimento con le modalità di cui all'art. 7, L. 7 agosto 1990, n. 241 ovvero con le altre idonee forme di pubblicità. (T.A.R. Calabria Reggio Calabria, 8 giugno 2001, n. 445).
La notifica dell’atto di accertamento produce un vincolo ben preciso sugli immobili che ne sono oggetto.
La trascrizione nei registri della Conservatoria è inl messo di pubblicità idoneo a portare il vincolo a conoscenza dei terzi A. CATELANI e S. CATTANEO, I beni e le attività culturali, in Trattato di Diritto Amministrativo diretto da G. Santaniello, XXXIII, 2002, 122.



5.1.3. La dichiarazione dell’interesse storico ed artistico. I poteri del Ministero.

La dichiarazione dell’interesse storico ed artistico deve essere effettuata dall'amministrazione fornendo indicazioni specifiche circa la
concreta sussistenza di reperti di interesse artistico, storico, archeologico o etnografico.
L’art. 12, c. 4, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42, precisa che la motivazione deve essere in linea con gli indirizzi di carattere generale stabiliti dal Ministero al fine di assicurare uniformità di valutazione, salva la possibilità di esclusione dell’applicazione del vincolo. R. TAMIOZZO, op.cit., 2005, 57
La norma invita gli operatori ad una maggiore razionalizzazione nell’opera di salvaguardia, con una intensificazione della protezione delle opere di maggior pregio e con una maggiore flessibilità nella gestione delle opere minori che ne consenta la catalogazione, la tutela, oltre che la commerciabilità.
In tal senso la giurisprudenza precedente all’entrata in vigore del cod. beni cult. ha evidenziato la necessità della materiale presenza fisica del bene che si intende tutelare.
Presupposto imprescindibile per l'imposizione del vincolo diretto, di cui agli artt. 1 e 3, L. 1089 del 1939, è l'effettiva esistenza delle cose da tutelare.
Il decreto impositivo si deve considerare illegittimo per mancanza dei presupposti o errore nella loro valutazione ove si dimostri che nella zona vincolata in realtà non esiste alcun bene archeologico suscettibile di protezione. (Cons. St., sez. VI, 4 novembre 2002, n. 5997, in Foro Amm. CDS, 2002, 2941).
L’obbligo della motivazione è costitutivo del provvedimento di vincolo e la sua mancanza rende censurabile l’atto presso la giustizia amministrativa.
L'amministrazione dei beni culturali e ambientali, nell'esercizio del potere di vincolo diretto su beni immobili di proprietà privata, ai sensi dell'art. 1, L. 1 giugno 1939, n. 1089, pur fruendo di discrezionalità nella valutazione degli interessi tutelati, ha l'obbligo di motivare adeguatamente la misura imposta con sacrificio del diritto del privato. (Cons. St., sez. VI, 8 marzo 2000, n. 1171, in Foro Amm., 2000, 927).
Questo procedimento interessa i beni di proprietà privata poiché, se i beni sono di proprietà pubblica, l’assoggettamento alla legge è automatico.
I beni soggetti a vincoli notificati non possono essere demoliti, rimossi, modificati o restaurati senza l’autorizzazione del Ministero.
I competenti organi del Ministero notificano ai privati, proprietari a qualsiasi titolo dei beni, il vincolo sulle cose che siano di particolare interesse.
Tale atto di vincolo è trascritto, per i beni immobili, nei registri delle Conservatorie immobiliari ed esso mantiene la sua efficacia nei confronti di ogni successivo proprietario o detentore, a qualsiasi titolo, del bene.
Il Ministero, con il concorso delle regioni e degli altri enti pubblici, assicura la catalogazione dei beni culturali; esso coordina le relative attività.
La dichiarazione diretta ad affermare che un bene è di interesse storico o artistico, pur non essendo il fondamento del vincolo che nasce infatti dalla stessa legge, rende noto a tutti che si è accertata l’esistenza in un bene dei requisiti che ne dispongono una immediata rigorosa tutela e che, pertanto, da quel momento in poi, si intende presentare ricorso contro la stessa legge.
Ne consegue che il bene, dopo tale dichiarazione, acquista una nuova qualificazione che ne limita notevolmente l’uso e che impedisce qualsiasi modifica dello stesso senza autorizzazione.
Qualora sia intervenuto il vincolo i privati devono sottoporre al Ministero o al Sovrintendente i progetti delle opere che intendano eseguire sul bene per ottenerne la relativa approvazione, ai sensi dell’art. 12, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.



5.1.4. L’autorizzazione per interventi edilizi su immobili di interesse storico ed artistico.

E’ fatto obbligo di richiedere l’autorizzazione al Ministero per i beni e le attività culturali per la demolizione e lo spostamento dei beni soggetti a vincolo o per lo smembramento di collezioni, ex art. 21, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42. S. MEZZOCAMPO, Beni culturali. La vigilanza. Ispezione con preavviso di cinque giorni, in Guida Dir. Dossier, 2004, n. 4, 85.
I progetti per interventi di esecuzione di opere e lavori su beni appartenenti a privati devono essere sottoposti alla Soprintendenza per ottenerne la relativa approvazione, ex art. 22, D.L.vo 42/2004, R. TAMIOZZO, op.cit., 2005, 101.
I proprietari o i detentori, a qualsiasi titolo, di beni mobili ed immobili riconosciuti d’interesse storico od artistico a seguito di notifica devono sottoporre all’esame della competente Soprintendenza il progetto di qualunque opera intendano realizzare, allo scopo di ottenerne la preventiva autorizzazione.
Qualora vi sia assoluta urgenza si possono eseguire i lavori provvisori indispensabili per evitare gravi danni ai beni, con l’obbligo di comunicarne immediata notizia alla Soprintendenza.
Alla stessa dovranno essere inviati in seguito, nel più breve tempo possibile, i progetti definitivi dei lavori per averne l’approvazione.
Gli interventi su immobili che presentano interesse storico artistico sono assoggettati non solo al permesso di costruire, ma anche all'autorizzazione rilasciata dalla competente Soprintendenza.
Fra le due procedure non intercorre un rapporto di collegamento e, quindi, le determinazioni del Soprintendente non vincolano i provvedimenti dell’amministrazione comunale.
L'impugnazione dei due atti ha ambiti operativi diversi, essendo diretta a censurare, in un caso, l'autorizzazione della Soprintendenza per motivi connessi alla tutela dei beni culturali e, nell'altro, il permesso di costruire per motivi di natura urbanistica.
La giurisprudenza precedente all’entrata in vigore del cod. beni cult. ha ritenuto ammissibile l'impugnazione del solo provvedimento comunale avendo il ricorrente fatto valere ragioni di natura esclusivamente urbanistica.
Il sindaco, infatti, a fronte dell'approvazione preventiva rilasciata dalla competente Soprintendenza, in base all'art. 18, L. 1089/1939, ben può effettuare valutazioni di ordine urbanistico-edilizio, pervenendo a determinazioni negative o soprassessorie sull'istanza presentata dall'interessato. (T.A.R. Piemonte, sez. I, 10 ottobre 1990, n. 386, T.A.R., 1990, I, 3847).
L’autorizzazione deve essere richiesta sia per le opere soggette a permesso di costruire sia per le opere soggette a denuncia di inizio di attività
La possibilità di agire tramite denuncia di inizio di attività per gli interventi edilizi minori è stata oggetto di censura per conflitto di attribuzione da parte delle regioni, ma la Corte Costituzionale ha riconosciuto allo Stato il potere di fissare il principio generale che consente l’esecuzione di lavori tramite d.i.a. anche per interventi su immobili sottoposti a tutela storico-artistica o paesaggistico-ambientale, subordinatamente al preventivo rilascio del parere o dell'autorizzazione richiesti dal testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali.
La norma abroga, conseguentemente, l'art. 4, c. 8, D.L.vo n. 398 del 1993, il quale prevedeva la possibilità di procedere ad attività edilizie minori sulla base di denuncia di inizio attività a condizione che gli immobili non fossero assoggettati a vincolo. (Corte cost., 1 ottobre 2003, n. 303).
La mancanza dell’autorizzazione costituisce illecito penale. (Cass. pen., sez. III, 20 giugno 2002, n. 30144, in Cass. Pen., 2003, 2408).
I beni soggetti a vincolo, infatti, non possono essere utilizzati in modo non compatibile con il loro carattere storico o artistico o in modo da pregiudicare la loro conservazione od integrità. G.C. MENGOLI, Manuale di diritto urbanistico, 2003, 516.


5.1.5. Il procedimento.

Il procedimento di rilascio dell’autorizzazione, prima disciplinato dall’art. 24, d.lg. 490/1999, è ora normato dall’art. 22, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.
La scansione procedimentale ne impone il rilascio entro 120 giorni dalla ricezione della richiesta da parte della Soprintendenza.
E’ prevista la sospensione del termine per richieste istruttorie.
Decorso il termine, il ricorrente può diffidare l’amministrazione a provvedere
E’ previsto il silenzio assenso che si forma solo a seguito di inottemperanza dell’amministrazione a provvedere una volta che siano trascorsi trenta giorni dal ricevimento della diffida, art. 22, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.
La tutela statale attribuisce al Soprintendente il potere di sospendere i lavori quando i progetti relativi non siano stati preventivamente autorizzati dalla Soprintendenza ovvero qualora essi siano condotti in difformità dall'autorizzazione.
L’ordine di sospensione deve concludersi entro un tempo limitato entro il quale il Soprintendente deve avviare un procedimento di verifica; detto procedimento è evidentemente soggetto ai tempi di cui alla L. 241/1990, art. 28, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.
La giurisprudenza precedente all’entrata in vigore del cod. beni amb. ha precisato che detto avviso di avvio di procedimento, pur essendo atto preparatorio endoprocedimentale, risulta immediatamente lesivo quando è intervenuto dopo un ordine di sospensione dei lavori e condiziona la perdurante efficacia della succitata precedente ordinanza di sospensione dei lavori, ai sensi dell'art. 28, c. 3, D.L.vo 490/1999. (T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 25 luglio 2002, n. 593, in Foro Amm. TAR, 2002, 2394).
L'annullamento dell'avvio di procedimento, rimuovendo tale atto dal mondo giuridico con efficacia ex tunc, come se non fosse mai venuto ad esistere, ha avuto l'automatico effetto di far intendere revocato l'ordine di sospensione per il mancato intervento dell'avviso del procedimento di dichiarazione nel termine di trenta giorni dal suddetto ordine di sospensione.


5.1.6. Il vincolo indiretto.

Gli interventi da effettuare su beni aventi particolare interesse storico od artistico non sono regolati da normative di carattere particolare che fissino speciali vincoli o distanze da rispettare.
E’ attribuito, in ogni caso, al Ministero per i beni e le attività culturali il potere di stabilire le distanze ritenute necessarie a proteggere l’immobile da interventi ritenuti dannosi, ex art. 45, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.
Il procedimento amministrativo è subordinato dalla giurisprudenza precedente all’entrata in vigore del cod. beni cult. al preventivo esperimento della procedura di accesso che deve consentire al privato interessato dall'azione amministrativa di portare il suo apporto collaborativo.
Si tratta, infatti, di provvedimento connotato da valutazioni tecnico discrezionali per il quale non è esclusa la possibilità di un apporto partecipativo del privato, finalizzato a dare un diverso contenuto al provvedimento finale. (T.A.R. Marche, 17 marzo 2003, n. 76).
Il potere ministeriale è, dunque, un potere generale che risponde ai principi delle logicità e della correttezza dell’azione amministrativa.
Il vincolo indiretto non ha un contenuto prescrittivo tipico, essendo rimesso all'apprezzamento discrezionale dell'amministrazione e potendo variare in funzione della protezione del bene, ed è legittimo anche se comporta l'inedificabilità assoluta dell'area cui si riferisce. (T.A.R. Toscana, 17 luglio 2000, n. 1693).
La dottrina rileva la prevalenza degli interessi culturali su quelli urbanistici.
Il legislatore fin dal 1939 ha costantemente ritenuto di dovere attribuire prevalenza agli interessi culturali, in coerenza con la natura di principio fondamentale rivestita dall'art. 9, c. 2, cost., in base al quale la repubblica tutela il paesaggio ed il patrimonio storico artistico della nazione. R. TAMIOZZO, op. cit., 2005, 213.
La giurisprudenza ha fissato i limiti del potere ministeriale che resta pur sempre soggetto all’impugnazione presso la giustizia amministrativa qualora sia esercitato in modo non equilibrato e tale da rendere eccessivamente gravosi gli oneri per la proprietà.
L'imposizione del vincolo di inedificabilità é sindacabile innanzi al giudice amministrativo quando la motivazione risulti inadeguata o presenti manifeste incongruenze o illogicità. (Cons. St., sez. VI, 27 marzo 2001, n. 1767, in Riv. Giur. Ed., 2001, I, 681).
I provvedimenti tesi a tutelare il bene oggetto di vincolo possono essere presi secondo un apprezzamento discrezionale che non è censurabile dal giudice amministrativo.
La valutazione circa le modalità concrete degli interventi ritenuti necessari o opportuni al fine della tutela dei beni di interesse artistico o storico non può che rientrare nell'ambito delle valutazioni discrezionali dell'amministrazione deputata alla cura dei relativi interessi pubblici, e tali valutazioni sono di norma sottratte al sindacato del giudice amministrativo. (T.A.R. Sardegna, 9 ottobre 1996, n. 1350, T.A.R., 1996, I, 4755).
Il provvedimento non è subordinato ad alcun tipo di indennizzo da corrispondere preventivamente alla proprietà che non sia previsto dal disposto dell'art. 49 del T.U. 29 ottobre 1999, n. 490. (Cons. St., sez. II, 30.10.2002, n. 2301, in Foro Amm. CDS, 2002, 3273).



5.1.7. I vincoli di destinazione.

Il nostro ordinamento conosce anche forme di tutela indiretta dei beni culturali, ex art. 10, c. 3, lett. d), D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.
Detta norma tutela beni che, sebbene privi di intrinseco valore artistico, abbiano un collegamento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte e della cultura e che, in genere, rivestano un interesse particolare.
La genericità del valore del bene è affermata dalla dottrina precedente all’entrata in vigore del cod. beni cult. T. ALIBRANDI E P. FERRI, I beni culturali ed ambientali, 1995, 164.
Le norme istitutive del vincolo indiretto, L. 1 giugno 1939, n. 1089, artt. 1 e 2, sono state oggetto di giudizio di costituzionalità in quanto il giudice remittente riteneva che la costituzione non fornisse la possibilità di introdurre il vincolo indiretto e, quindi, ravvisava un contrasto fra le suddette norme e quelle costituzionali che tutelano i patrimoni storici.
La Corte, inoltre, ha ritenuto che non risulti per niente violato l'art. 9 cost., che impegna la Repubblica ad assicurare, tra l'altro, la promozione e lo sviluppo della cultura nonché la tutela del patrimonio storico ed artistico della nazione, quale testimonianza materiale della civiltà e della cultura del paese. (Corte cost., 9 marzo 1990, n. 118, in Riv. Giur. Ed., 1990, I, 328).
La dottrina rileva come la giurisprudenza successiva alla pronuncia della Corte abbia interpretato la norma fornendo un'interpretazione estensiva.
Essa considera la categoria aperta in modo da comprendere quei beni che abbiano avuto un qualche collegamento con fatti che comportano l’imposizione del vincolo.
Le recenti linee di tendenza degli organi di tutela hanno portato a porre dei vincoli di tutela non solo su locali commerciali, in quanto qualificati come punti di incontro e di scambi conviviali tra gente di cultura ovvero quali luoghi di incontro e sollecitazione culturale, ma anche su laboratori e botteghe che sono espressione di determinate attività commerciali o artigianali di tipo tradizionale. A. CROSETTI, Tutela di beni culturali attraverso vincoli di destinazione: problemi e prospettive, in Riv. Giur. Ed., 2002, II, 258.
Alcune sentenze hanno precisato che costituiscono oggetto di tutela storico culturale i beni nei quali siano incorporati valori storici artistici e culturali, e quindi quelli attinenti a speciali discipline, ma non anche le gestioni commerciali e gli esercizi artigianali nei quali si svolgano attività inerenti ai valori sopra menzionati. (Cons. St., sez. VI, 16 settembre 1998, n. 1266, in Foro Amm., 1998, 2397).
La tutela del vincolo di destinazione trova idoneo sostegno nella normativa che propone una protezione particolare e peculiare per i centri storici.
Il D.L.vo 31 marzo 1998, n. 114, all’art. 10, attribuisce alla legislazione regionale il compito di affidare ai comuni maggiori poteri in materia di localizzazione e apertura di strutture adibite a punti di vendita nei centri storici.
L’esercizio del commercio in aree di valore culturale è stato oggetto di disciplina da parte dell’art. 52, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.
Tale disposizione ha stabilito che il Soprintendente, con proprio provvedimento, o i regolamenti di polizia urbana devono individuare le aree aventi valore archeologico, storico, artistico e ambientale in cui l’esercizio del commercio non è consentito o è consentito con particolari limitazioni.


5.1.8. I beni di interesse paesaggistico.

L’art. 134, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42, dichiara che sono beni paesaggistici sono gli immobili, le ville, i complessi di immobili e le bellezze panoramiche dichiarati di notevole interesse pubblico, i beni individuati dalla legge e gli immobili o le aree sottoposte a tutela dai piani paesaggistici, ex art. 2, D.L.vo 42/2004. R. TAMIOZZO, op. cit., 2005, 599.
La norma ha un contenuto prettamente conservativo dell’esistente patrimonio delle cosiddette bellezze naturali per evitare che l’urbanizzazione cancelli definitivamente ambiti del territorio di particolare rilevanza.
E’ necessario, però, un atto di accertamento della natura paesaggistica o ambientale del bene.
In mancanza di un atto dell’amministrazione che accerti volta per volta la qualità del bene, esso si trova privo di quella tutela che consente all’autorità preposta al vincolo un preventivo esame degli interventi edilizi che la proprietà voglia realizzare.
La tutela del paesaggio è stata assunta a principio fondamentale dall’art. 9 della cost.; esso non può essere condizionato da nessun altro valore.
La dottrina rileva che la mancanza di specificazione rafforza l’idea stessa della tutela.
Si tratta di un concetto di tutela caratterizzata dal duplice aspetto della integrità e della globalità. R. TAMIOZZO, op. cit., 2005, 112.
L’art. 134, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42, prevede la possibilità di imporre vincoli speciali a singoli beni paesaggistici.
E’ definita una serie di beni che si ritengono oggettivamente, per la loro stessa esistenza, meritevoli di tutela e sono fissati dei limiti spaziali entro i quali è vietato ogni intervento prima che sia data una regolamentazione mediante i piani territoriali paesistici, ex art. 142, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.
Dalla elencazione proposta si evidenzia che si possono distinguere due differenti categorie di beni.
La prima comprende i beni il cui riconoscimento è automatico. Non vi sono difficoltà a classificare nella categoria, ad esempio, i fiumi, le cui caratteristiche sono evidenti.
La seconda categoria comprende beni il cui riconoscimento presuppone un atto ricognitivo della pubblica amministrazione.
In tal caso, come, ad esempio, nell’ipotesi di beni di interesse archeologico, il vincolo può essere posto solo ove sussista un idoneo atto di ricognizione da parte degli organi competenti, che attesti il presupposto stesso per l’apposizione del vincolo.
Qualora siano assenti gli elementi minimi necessari da cui dedurre la presenza di valori archeologici - sia sul piano dell'effettivo rinvenimento di reperti, sia su quello della accertata e notoria possibilità che essi si trovino su un'area determinata - non sussistono le condizioni per l'inserimento dell'area fra le suddette zone di interesse archeologico con conseguente illegittimità del provvedimento di vincolo. (T.A.R. Toscana, sez. III, 6 marzo 1996, n. 185, in T.A.R., 1996, I, 1981).



5.1.9. I beni tutelati per legge.

L’art. 142, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42, impone il vincolo paesaggistico rendendo obbligatoria la verifica di compatibilità tramite specifica preventiva autorizzazione delle opere che si intendono realizzare su aree di per sé stesse considerate di interesse paesaggistico.
Dette aree riguardano tra l’altro i territori costieri; i territori contermini a laghi; i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua e le relative sponde; le montagne.
La giurisprudenza antecedente all’entrata in vigore del cod. beni cult. ha precisato che il contenuto di tale disposizione non pone, nel caso di specie, alcun impedimento assoluto all'edificabilità dell'area o alla realizzazione su di essa di interventi per la esecuzione di opere.
Il vincolo paesaggistico non impone l'assoluta immodificabilità delle aree, essendo necessario il solo espletamento della preventiva procedura autorizzatoria da parte dell'Autorità competente. (T.A.R. Sardegna Cagliari, 23 dicembre 2002, n. 1932).
E’ fatta espressa esclusione delle aree che, alla data del 6 settembre 1985, ossia alla data di approvazione della legge Galasso, erano delimitate negli strumenti urbanistici come zone A e B.
In ogni caso tali vincoli si applicano fino all’approvazione dei piani paesistici che disciplinano l’uso dell’intero territorio regionale; essi devono dettare specifiche norme di tutela anche per le zone e le aree vincolate per legge. D. D’ALESSIO, Obbligatoria la pianificazione paesistica locale, in Guida Dir. Dossier, n. 4, 2004, 130.  Laddove nel piano paesaggistico venga esercitata la facoltà di definire le aree non di notevole interesse pubblico, gli interventi edilizi possono essere effettuati senza richiedere l’autrizzazione paesaggisitca, ex art. 143, c. 5, lett. b), D.L.vo 42/2004. R. TAMIOZZO, op. cit., 2005, 633.


5.1.10. Il procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico.

L’iter procedurale per deliberare la dichiarazione di notevole interesse pubblico è radicalmente modificato dagli artt. 137 ss., D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.
La norma ha attribuito al direttore della regione o degli altri enti pubblici interessati l’iniziativa di acquisire le informazioni necessarie per proporre alla Commissione, istituita in ogni provincia, l’identificazione dei beni e dei luoghi di notevole interesse ambientale, ex art. 138, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42, R. TAMIOZZO, op. cit., 2005, 613.
La proposta deve essere motivata con riferimento alle caratteristiche storiche, culturali, naturali, morfologiche ed estetiche proprie degli immobili e delle aree oggetto del provvedimento.
“Il vincolo paesaggistico è legittimamente imposto dalla regione allorché dalla motivazione contenuta nella deliberazione si evinca che il fine concretamente perseguito sia quello di estendere la protezione dei luoghi oggetto di memoria storica alla più estesa zona circostante, presa in considerazione perché dotata di pregi paesaggistici non comuni. (T.A.R. Piemonte, sez. I, 21 dicembre 2002, n. 2102).
La giurisprudenza ha dichiarato unanimemente illegittimo il provvedimento
privo di motivazione o con motivazione insufficiente. (Cons. St., sez. VI, 5 ottobre 2001, n. 5235, in Riv. Giur. Ed., 2001, I, 1213).
La proposta deve essere pubblicata per novanta giorni all’albo pretorio dei comuni interessati ed essere depositata presso i loro uffici, inoltre deve essere diffusa la notizia sulla stampa.
A tal punto la regione comunica l’avvio del procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico al proprietario e al comune interessato.
I soggetti interessati possono presentare osservazioni entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione.
La giurisprudenza precedente all’entrata in vigore del cod. beni cult. ha ritenuto che l’interesse al procedimento sia limitato ai proprietari o detentori del bene situato in zone vincolate. (Cons. St., sez. VI, 22 dicembre 1993, n. 1022, in Cons. St., 1993, I, 1684).
Il provvedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico è altresì notificato in via amministrativa ai proprietari degli immobili; il che comporta la necessità di munirsi di apposita autorizzazione, rilasciata da parte della Sovrintendenza, inerente ai progetti dei lavori che si intendano eseguire sugli stessi immobili. M. FILIPPI, Piano paesistico, in Dig. Disc. Pubbl., XI, 1996, 195.
La mancata notifica degli elenchi ai proprietari non è stata considerata, dalla giurisprudenza precedente all’entrata in vigore del cod. beni cult., causa di illegittimità del procedimento. (Corte cost., 28 luglio 1995, n. 417, in Foro It., 1996, I, 422).
Le competenze già degli organi statali centrali e periferici inerenti alla tutela dei beni ambientali ed alle funzioni delle Commissioni provinciali sono state delegate alle Regioni, ai sensi dell’art. 146, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.
Le Regioni hanno, precedentemente all’entrata in vigore del cod. beni cult., emanato proprie leggi per disciplinare l’esercizio delle funzioni loro delegate.
Alcuni compiti amministrativi sono stati riservati agli organi regionali, altri sono stati subdelegati ai Comuni.
La L. R. Lombardia 18/1997 ha delegato ai comuni il rilascio dell'autorizzazione e, in base al principio di sussidiarietà, che impone all’ente di grado superiore di non espletare l’attività amministrativa attribuita all’ente sotto ordinato, ha riservato alla regione le funzioni in materia di autorizzazione ambientale per le opere di competenza dello Stato, per gli interventi di smaltimento rifiuti e per quelli riguardanti l’attività mineraria.


5.1.11. L’autorizzazione regionale.

Il cod. beni cult. sottopone gli interventi di modifica o di alterazione dei beni ambientali, oggetto di tutela, ad autorizzazione ambientale di competenza della regione o dell’autorità da essa delegata. D. D’ALESSIO, Obbligatoria la pianificazione paesistica locale, in Guida Dir. Dossier, n. 4, 2004, 136).
Vi è, pertanto, un secondo controllo che si affianca alla disciplina urbanistica comunale.
L’intervento sul bene, quindi, deve essere prima autorizzato dalla regione e poi, successivamente, deve ottenere il rilascio del permesso di costruire da parte del comune.
L’autorizzazione non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi, art. 146, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.
L’autorizzazione ambientale deve considerare la possibilità di intervenire in un modo che sia compatibile con il paesaggio nel quale i lavori si inseriscono.
La giurisprudenza ha precisato che la tutela di cui all'art. 151, D. L.vo 29 ottobre 1999, n. 490, non si estrinseca nell'impedire qualunque modificazione del paesaggio, ma nel valutare quali modifiche siano compatibili con la salvaguardia del valore tutelato e, quindi, autorizzabili. (T.A.R. Sardegna 9 gennaio 2002, n. 2, in Foro Amm. TAR, 2002, 286).
Il sistema di dichiarazione di interesse pubblico viene meno qualora la pianificazione urbanistica comunale abbia già regolamentato gli interventi su detti beni.
Resta ugualmente l’obbligo di richiedere l’autorizzazione prima dell’esecuzione di lavori.
Non sono sottoposte a vincolo le aree che al 6 settembre 1985 erano definite negli strumenti urbanistici come zone A e B e - limitatamente alle parti comprese nei piani pluriennali di attuazione - le altre zone, come delimitate negli strumenti urbanistici, ai sensi del D.M. 2.4.1968, n. 1444; inoltre, nei comuni sprovvisti di tali strumenti, i centri edificati perimetrati, ai sensi dell'art. 18 della L. 865/1971.










5.1.12. Il procedimento.

Il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione è disciplinato dall'art. 146, c. 5, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.
Le amministrazioni competenti devono accertare la compatibilità dell’intervento, sulla base del parere della Commissione per il paesaggio.
Esse, entro il termine di quaranta giorni dalla ricezione dell'istanza, trasmettono la proposta di autorizzazione alla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio competente per territorio.
Della trasmissione è data notizia agli interessati, ai sensi e per gli effetti della L. 241/1990.
La Soprintendenza, a differenza della precedente normativa, non è coinvolta nel procedimento dopo il rilascio dell’autorizzazione.
Essa partecipa fin dall’inizio al procedimento diventando di fatto organo consultivo dell’amministrazione procedente.
La Soprintendenza deve esprimere il suo parere sul progetto e sulla proposta di autorizzazione nel termine perentorio di sessanta giorni dalla data di ricezione del progetto.
Decorso inutilmente il termine per l'acquisizione del parere, l'amministrazione assume comunque le determinazioni in merito alla domanda di autorizzazione.
L'autorizzazione è rilasciata o negata dall'amministrazione competente entro il termine di venti giorni dalla ricezione del parere della Soprintendenza, art. 146, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.
L’amministrazione può procedere al rilascio dell’autorizzazione non solo quando la Soprintendenza ha detto sì o non si è espressa nel termine perentorio assegnato, ma anche quando la Soprintendenza si è espressa negativamente. In tal caso l’amministrazione deve dare adeguata motivazione sulle ragioni del dissenso dal parere della Soprintendenza. D. D’ALESSIO, Obbligatoria la pianificazione paesistica locale, in Guida Dir. Dossier, n. 4, 2004, 136.
L’autorizzazione è rilasciata o negata nel termine di venti giorni dalla ricezione del parere della soprintendenza o dallo scadere del termine concesso dalla soprintendenza per esprimere il parere.
Essa è trasmessa in copia, senza indugio, alla soprintendenza che ha emesso il parere nel corso del procedimento, nonché, unitamente al parere, alla regione ed alla provincia e, ove esistenti, alla comunità montana e all'ente parco nel cui territorio si trova l'immobile o l'area sottoposti al vincolo.
L’autorizzazione è efficace solo se sono trascorsi venti giorni dalla sua emanazione.
Tale termine tende a garantire la conoscenza del provvedimento da parte dei soggetti interessati ad eventuali impugnative.
La legislazione regionale ha provveduto a delegare le funzioni ai comuni.
L’art. 4, L.R. Lombardia 9 giugno 1997, n. 18, richiede l’integrazione di due esperti nella commissione edilizia ai fini del rilascio del permesso di costruire: esso deve sempre essere inviato in caso favorevole agli organismi periferici del Ministero dei beni culturali ed ambientali.
L’art. 149, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42, riconferma che il nulla osta non è necessario per gli interventi, da esso tassativamente previsti, di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo.




5.1.13. Il potere ministeriale inibitorio.

Il Ministero per i beni e le attività culturali ha, parallelamente alla regione, un potere suppletivo di tutela delle bellezze naturali che si manifesta anche prima dell’imposizione del vincolo; esso mantiene la sua efficacia purché successivamente si addivenga all’approvazione dell’elenco nei termini perentori fissati dalla legge, art. 150, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.
Tale potere, già previsto prima dell’entrata in vigore del cod. beni cult., può essere esercitato anche quando il bene non è ancora inserito negli elenchi dei beni vincolati per cui la dottrina ne ravvisa il carattere di procedimento cautelare. T. ALIBRANDI E P. FERRI, I beni culturali ed ambientali, 1995, 599.
L’intervento può essere effettuato anche nel corso dell'esecuzione dei lavori per evitare che questi alterino irreversibilmente lo stato dei luoghi.
Il procedimento di sospensione dei lavori edificatori in aree comprese nel decreto di vincolo paesistico è legittimamente emanato in pendenza della pubblicazione del decreto stesso sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica e pertanto prima che siano realizzati compiutamente i suoi requisiti di efficacia, ai sensi espressamente dell'art. 153, c. 1, T.U. 29 ottobre 1999, n. 490. (Cons. St., sez. VI, 20 ottobre 2000, n. 5661).
Il soggetto passivo del procedimento deve interrompere i lavori ed ha solo il diritto di ottenere il rimborso delle spese sostenute nelle more del procedimento inibitorio, art. 151, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.
I vincoli paesaggistici che accertano una naturale vocazione dei luoghi alla inedificabilità sono imposti senza indennizzo alle proprietà che ne sono oggetto (Corte cost., 9 maggio 1968, n. 56).

5.1.14. La tutela sostitutiva regionale.

L’art. 146, c. 9, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42, prevede le forme di tutela in caso di inerzia dell’ente locale, che è delegato di norma dalle regioni ad esercitare il potere di rilasciare l’autorizzazione.
In caso di delega all’ente locale la richiesta di rilascio in via sostitutiva è presentata alla regione, che provvede anche mediante la nomina di un commissario ad acta entro il termine di sessanta giorni dalla data di ricevimento della richiesta. D. D’ALESSIO, Obbligatoria la pianificazione paesistica locale, in Guida Dir. Dossier, n. 4, 2004, 137.
Gli interessati possono fare valere davanti al giudice amministrativo l’inerzia dell’amministrazione impugnandone il silenzio, ex art. 21 bis, L. 1034/1971.
La tutela amministrativa è estesa dall’art. 146, c. 11, D.L.vo 22 gennaio 2004, n. 42.
Esso attribuisce tale potere alle associazioni ambientaliste portatrici di interessi diffusi, ex art. 13, L. 349/1986, ed a qualsiasi altro soggetto pubblico o privato che ne abbia interesse. Questi soggetti possono impugnare il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
Il ricorso è deciso anche in caso di rinuncia al ricorso stesso o di carenza di interesse.
Al fine di fare diventare più concreta la possibilità di tutela è stata prevista una forma di pubblicità da parte dei comuni che devono rendere note, tramite un apposito elenco, le autorizzazioni paesistiche rilasciate.



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5.1.15. Il potere ministeriale di annullamento.

L’art. 159, D.L.vo 42/2004, conserva al Ministero di beni culturali la facoltà di procedere all’annullamento della autorizzazione paesaggistica rilasciata dall’amministrazione competente.
Il potere di annullamento della autorizzazione paesaggistica, prima di competenza del Ministro, a seguito dell'entrata in vigore del D.L.vo n. 29 del 1993, che ha attribuito ai dirigenti la competenza su tutti gli atti gestionali già riservati agli organi politici, è diventato di competenza della dirigenza ministeriale e, in particolare, del direttore generale dell'ufficio centrale per i beni ambientali; questi, a sua volta, con provvedimento del 18 dicembre 1996, nel disciplinare le forme di decentramento dei poteri in materia di tutela ambientale e paesaggistica, ha delegato ai Soprintendenti territorialmente competenti l'emanazione dei provvedimenti, ex art. 82, c. 9, D.P.R. n. 616 del 1977, relativi agli interventi che interessano il territorio di un unico Comune, fatta eccezione per quelli concernenti opere statali. (T.A.R. Liguria, sez. I, 19 aprile 2004, n. 444, in Riv. giur. Ed., 2004, I, 1476).
La giurisprudenza ha confermato che rientra nella competenza della Soprintendenza, e non del Ministero per i beni culturali ed ambientali, l'annullamento del nulla osta paesistico per la realizzazione di costruzione edilizia in zona protetta. (T.A.R. Basilicata, 5 novembre 2004, n. 739, in Foro amm. TAR, 2004, 3487).
Il provvedimento deve essere emanato entro sessanta giorni dalla ricezione della intera documentazione.
La giurisprudenza precedente all’entrata in vigore del Cod. beni cult. ha precisato che il termine di sessanta giorni assegnato per l'annullamento dell'autorizzazione regionale o delle autorità da questa delegate, prevista dall'art. 7, L. 29 giugno 1939 n. 1497, ancorché perentorio, attiene al solo esercizio del potere di annullamento; infatti, da un lato, l'ulteriore fase della comunicazione o notificazione è estranea alla prescrizione normativa, dall'altro, l'atto di annullamento ministeriale non può essere considerato di natura recettizia. (Cons. St., sez. VI, 2 febbraio 2004, n. 331, in Foro amm. CDS, 2004, 469).
Il potere di annullamento attribuito al Ministero per i beni culturali e ambientali è esercitato in una fase procedimentale che ha natura di secondo grado e che è di competenza di un organo diverso rispetto a quello che ha rilasciato l'autorizzazione.
La Corte Costituzionale ha ritenuto sussistente l'obbligo di cui all'art. 7 della L. n. 241 del 1990 anche per le successive ed autonome fasi procedimentali, con la sola esclusione dell'ipotesi in cui la fase ulteriore sia dovuta all'iniziativa dell'interessato. (Corte Cost., n. 437 del 2000).
La semplice conoscenza dell'esistenza del procedimento di controllo del Ministero in ordine all'autorizzazione paesaggistica regionale o dell'organo comunale a ciò delegato non appare sufficiente a soddisfare le esigenze garantite dall'art. 7 della L. 241/1990. Sono, comunque, ignoti al destinatario l'Amministrazione in concreto procedente l'oggetto e il responsabile del procedimento, l'ufficio cui rivolgersi per prendere visione degli atti nonché, addirittura, il momento di decorrenza del termine di 60 giorni, utili per l'annullamento, correlato, per costante giurisprudenza, alla ricezione della documentazione completa da parte dell'Autorità statale; con conseguente vanificazione di ogni seria possibilità di interloquire efficacemente e tempestivamente nel procedimento stesso.
Il soprintendente ai beni ambientali che decida di attivare il procedimento di annullamento di un'autorizzazione paesaggistica rilasciata da un'altra autorità, è tenuto, pertanto, ad avvisare preventivamente colui che aveva ottenuto il provvedimento autorizzatorio sia per garantirgli la partecipazione sia per consentirgli di avere piena conoscenza dei termini entro i quali l'autorizzazione paesaggistica regionale già rilasciata è sottoposta al rischio di annullamento. (T.A.R. Sardegna, sez. II, 15 novembre 2004, n. 1576, in Foro amm. TAR, 2004, 3525).
La diretta applicabilità dell'art. 7, L. 241 del 1990 allo speciale procedimento di annullamento del nulla osta ambientale è stata confermata con il sopravvenuto codice dei beni culturali e del paesaggio, approvato con D. L.vo 22 gennaio 2004, n. 42, agli artt. 146 e 159. (T.A.R. Liguria, sez. I, 4 novembre 2004, n. 1525, in Foro amm. TAR, 2004, 3293 nota SODDU).


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5.1.16. L’accesso al procedimento della regione.

Lo schema procedimentale dell’annullamento ministeriale è stato integrato dalla decisione della Consulta.
La garanzia dell’accesso al procedimento deve essere garantita non solo al privato soggetto passivo, ma anche alla amministrazione regionale.
Il disatteso obbligo di comunicazione riposa sul principio di leale cooperazione tra i pubblici poteri coinvolti nella tutela del paesaggio, le cui attribuzioni confluiscono in un sistema contraddistinto dall'interferenza e dal particolare reciproco legame delle funzioni regionali e statali.
La Corte Cost. ha affermato che non spetta allo Stato, senza previa comunicazione alla regione autonoma Valle d'Aosta dell'avvio del procedimento, annullare, ai sensi dell'art. 82, c. 9, D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, una autorizzazione rilasciata, in base all'art. 7, L. 29 giugno 1939, n. 1497, dalla medesima regione. La Corte ha così conseguentemente annullato il decreto del direttore generale dell'ufficio centrale per i beni ambientali e paesaggistici del Ministero per i beni culturali e ambientali, impugnato dalla regione ricorrente. (Corte cost., 25 ottobre 2000, n. 437, in Urb. App., 2001, 147 nota CAMERLENGO).
Il disatteso obbligo di comunicazione riposa sul principio di leale cooperazione tra i pubblici poteri coinvolti nella tutela del paesaggio, le cui attribuzioni confluiscono in un sistema contraddistinto dall'interferenza e dal particolare reciproco legame delle funzioni regionali e statali.
La sentenza è anticipatrice di una tendenza più attenta al sistema di partecipazione al procedimento amministrativo da parte delle amministrazioni interessate che trova compiuta definizione nella L. 15/2005.
La L. 15/2005 trova immediata attuazione per i procedimenti amministrativi che si svolgono presso le pubbliche amministrazioni statali e gli enti pubblici nazionali.
Pertanto il procedimento speciale, ora disciplinato dall’art. 159, D. Lg. 42/2004, deve adeguarsi ai dettami normativi della legge e ai dettati della Corte Cost.
Per gli altri procedimenti l’art. 29, c. 2, L. 241/1990, sost. art. 19, L. 15/2005, prevede espressamente che le regioni e gli enti locali, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze nel rispetto del sistema costituzionale, devono adeguare le proprie disposizioni alle nuove norme ed ai nuovi principi dettati dalla legislazione nazionale in materia di tutela del cittadino nei confronti dell’attività amministrativa.


5.2. La tutela dei beni culturali.

La tutela statale dei beni culturali è demandata al Ministero per i beni e le attività culturali dal D.L.vo 42/2004; il controllo può venire esercitato anche dal comune che deve rapportarsi nell’adozione dei provvedimenti sanzionatori alle decisioni dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, vedi Cap. 3, par. 5.1 e 7.1. 94
La tutela riguarda ogni tipo di intervento sul bene. I beni culturali, infatti, non possono essere distrutti, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione, ex art. 20, comma 1, D.L.vo 42/2004.

5.2.1. La sospensione dei lavori.

La tutela statale prevede da parte del soprintendente la possibilità di sospendere i lavori quando i progetti relativi non siano stati preventivamente autorizzati dalla soprintendenza, ai sensi dell’art. 21, D.L.vo 42/2004.
L'adozione del provvedimento cautelare può anche precedere l’adozione del provvedimento di vincolo definitivo che deve seguire nel termine di sessanta giorni.
La sospensione in tal caso ha la funzione di mettere l'interessato sull'avviso delle intenzioni dell'amministrazione, consentendogli di partecipare al procedimento che lo riguarda. (T.A.R. Sardegna, 19 novembre 1997, n. 1607, in T.A.R., 1998, I, 398).
La sospensione dei lavori è una misura soprassessoria e al tempo stesso anticipatoria del provvedimento impositivo del vincolo storico-artistico su un determinato bene, dettata dalla necessità di bloccare medio tempore, nelle more cioè del relativo procedimento, interventi suscettibili di comprometterne il valore, dovendosi ritenere che l'indicazione in siffatta sospensione delle ragioni giustificatrici del vincolo trascende la natura e la funzione della sospensione medesima ed appartiene ad una fase successiva, quella cioè della effettiva imposizione del vincolo, ove le ragioni della imposizione del vincolo trovano la loro collocazione logica e devono quindi essere esplicitate. (T.A.R. Campania, sez. II, Napoli, 26 giugno 1998, n. 2154, in Foro amm., 1999, 205).
La giurisprudenza ha respinto la censura di violazione dell'art. 7, L. n. 241/90, per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento da parte del Comune.
L'Amministrazione è, infatti, tenuta ad attivarsi nel breve termine di sessanta giorni di cui all'art. 20, L. 1089 del 1939, e pertanto, ben poteva usufruire della deroga al procedimento generale derivante "da particolari esigenze di celerità", di cui all'art. 7, L. 241 del 1990. (T.A.R. Toscana sez. III, 13 settembre 2000, n. 1923).




5.2.2. La sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione.

L’art. 160, D.L. 42/2004, disciplina il procedimento sanzionatorio di competenza del Ministero per i beni e le attività culturali.
La giurisprudenza ha affermato anche per tale provvedimento l'obbligo di motivazione.
La sanzione pecuniaria ha valenza residuale ed è applicabile solo quando la riduzione in pristino non sia tecnicamente possibile. (T.A.R. Abruzzo, sez. Pescara, 12 febbraio 2000, n. 97, in Foro amm., 2000, 2845).
All’affermazione della necessità di scegliere la sanzione della demolizione, invece di quella pecuniaria, quando sia accertato che con la demolizione si può realizzare la riduzione in pristino, fa, infatti, riscontro l’affermazione che l’alternativa tra demolizione e risarcimento è affidata ad un apprezzamento discrezionale della pubblica amministrazione (Cons. Stato, sez. IV, 25 settembre 1968, n. 515, in Riv. giur. ed., 1968, 1492).
La controversia rivolta a contestare la validità ed efficacia del provvedimento applicativo di detta sanzione è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto si ricollega a posizioni di interesse legittimo. (Cass. civ., sez. un., 4 aprile 2000, n. 94, in Foro it. 2000, I, 1120).
La sanzione pecuniaria, irrogata dall'amministrazione al proprietario di un immobile di interesse artistico e storico per l'esecuzione di opere pregiudizievoli per il bene, ha carattere alternativo rispetto a misure di tipo ripristinatorio e rientra, pertanto, nell'area dei poteri autoritativi dell'amministrazione medesima a tutela diretta di interessi pubblici.
Ne deriva che la controversia, volta a contestare la validità ed efficacia del provvedimento applicativo di detta sanzione, ancorché insorga in via di opposizione ad ingiunzione resa a norma del R.D. 639 del 1910, è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo in quanto si ricollega a posizioni di interesse legittimo. (Cass. civ., sez. un., 17 febbraio 1995, n. 1714, in Giust. civ., 1995, I, 1491).
La sanzione pecuniaria è determinata direttamente dal Ministero che stabilisce una somma pari al valore della cosa perduta o alla diminuzione di valore subita dal bene a seguito della trasgressione. (T.A.R. Toscana sez. I, 18 marzo 1999, n. 220, in Foro amm., 2000, 178).
La determinazione può non essere accettata e può, pertanto, essere richiesta la costituzione di un’apposita commissione che accerti il valore della cosa, secondo quanto disposto dall’art. 160, c. 5, D. L.vo 42/2004.
L’azione del Ministero non è soggetta ad alcun termine di prescrizione. (Cons. Stato, sez. IV, 6 maggio 1975, n. 482, in Foro amm., 1975, I, 628).



5.2.3. Il provvedimento di riduzione in pristino.

Il provvedimento di riconduzione in pristino deve essere preso dal Ministero.
Nel caso di opere ritenute difformi dalle prescrizioni dell'autorità preposta alla salvaguardia dei beni oggetto della tutela, l'art. 160, D.L.vo 42/2004, impone il ripristino dello stato originario del bene, con l'esecuzione dei lavori ritenuti necessari per riparare ai danni prodotti alla cosa. Rispetto al fine primario di conferire al bene l'assetto precedente perché più idoneo alla salvaguardia del suo valore artistico e architettonico, la sanzione pecuniaria, pari al valore della cosa perduta o alla diminuzione di valore subita a seguito della trasgressione ha valenza residuale ed è applicabile solo quando la riduzione in pristino della cosa non sia possibile. (Cons. Stato, sez. IV, 18 maggio 1998, n. 818, in App. urb. Ed., 1999, 415).
La giurisprudenza interpreta restrittivamente la facoltà del Ministero, ritenendo piuttosto che si tratti di un obbligo ad adottare le misure repressive:” Nel caso di opere che abbiano recato danno al patrimonio storico-artistico l'amministrazione è vincolata ad emanare provvedimenti di riduzione in pristino mediante demolizione dei manufatti abusivi, con esclusione di valutazioni discrezionali conservative, ancorché tali opere concernano beni sottoposti a vincolo indiretto, senza che sul dovere di disporre la riduzione in pristino incida il lungo tempo trascorso dal compimento della violazione edilizia”. (Cons. Stato, sez. VI, 25 settembre 1995, n. 965, in Foro amm., 1995, 1922).



5.2.4. Il potere sostitutivo del Ministro per i beni e le attività culturali.

Le sanzioni amministrative sono rivolte a colpire l’attività di demolizione o modifica degli immobili di interesse artistico e storico realizzate in carenza di autorizzazione del Ministro per i beni e le attività culturali.
L’art. 32, D.L.vo 42/2004, prevede un potere sostitutivo dello stesso ministero che ha la facoltà di provvedere direttamente alle opere necessarie per assicurare la conservazione ed impedire il deterioramento di tali beni.
Le modalità procedurali e finanziarie dell’intervento sostitutivo sono precisate dall’art. 35, D.L.vo 42/2004.
L’attuale stato di particolare degrado del patrimonio pubblico, che si manifesta nei crolli di insigni monumenti, come la cattedrale di Noto, e, soprattutto, nella carenza di una autorità che vigili su lavori di restauro che si annunciano interminabili, pone l’esigenza di rendere attuale l’esercizio di tale potere soprattutto al fine di provvedere urgentemente nel caso di pericoli di crollo dei nostri monumenti.
La giurisprudenza limita la responsabilità dell’amministrazione statale, intervenuta in sostituzione dell’ente locale, per la manutenzione di un'opera pubblica, qualora l'interruzione sia stata determinata da sopravvenuta mancanza di fondi.
La responsabilità dell’amministrazione procedente verso l'ente proprietario dell'immobile, per i danni conseguenti alla mancata conclusione del restauro, richiede che vi sia stata colpa nella previsione degli indicati interventi, che gli stessi siano stati programmati in modo insufficiente e che abbiano condotto ad un peggioramento della preesistente situazione dell'immobile. (Cass. civ., sez. I, 27 marzo 1997, n. 2736, in Giust. civ. Mass. 1997, 479).
L’art. 40, D.L.vo 42/2004, consente l’intervento statale anche per i beni in uso ad altra amministrazione garantendo il contributo statale.

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