giovedì 4 ottobre 2012

Localizzazione Centrali nucleari II


Parte Seconda
Le Fonti normative della Comunità Europea

Capitolo 2
Gli indirizzi della Comunità Europea per il settore nucleare.

SOMMARIO: 1. La Comunità europea dell'energia atomica. 1.1. Il programma indicativo per il settore nucleare. COM (2008)776. 2. La sicurezza nucleare. COM(2008)790. 3. I rifiuti radioattivi. COM(2008)542. 4. La rete informativa di allarme sulle infrastrutture critiche. COM(2008)676. 5. La procedura di infrazione alla direttiva 96/29/Euratom e alla direttiva 89/618/Euratom.


1. La Comunità europea dell'energia atomica.
Per combattere la mancanza generalizzata di energia “tradizionale” degli anni cinquanta, i sei Stati fondatori (Germania, Belgio, Francia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi) si orientarono verso l’energia nucleare per conseguire l’indipendenza energetica.Poiché i costi d’investimento dell’energia nucleare superavano le possibilità dei singoli Stati, gli Stati fondatori si sono uniti per costituire l’Euratom [1].
Il Trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica è stato firmato a Roma il 25 marzo 1957, ed è stato reso esecutivo con legge n.1203 del14ottobre 1957.
L’art. 1 afferma che la Comunità ha il compito di contribuire, creando le premesse necessarie per la formazione e il rapido incremento delle industrie nucleari, all'elevazione del tenore di vita negli Stati membri e allo sviluppo degli scambi con gli altri paesi.
L’art. 2 ribadisce che la Comunità deve agevolare gli investimenti ed assicurare, particolarmente incoraggiando le iniziative delle imprese, la realizzazione degli impianti fondamentali necessari allo sviluppo dell'energia nucleare nella Comunità.
La dottrina sottolinea che la proprietà del combustibile nucleare è riservata dal Trattato alla Comunità stessa che provvede ad approvvigionare i singoli utilizzatori, ex art. 2 lett. f), l. 1203/1957 [2].
La vocazione nucleare della comunità europea non è mai venuta meno anzi è stata sempre riaffermata.
A differenza del trattato CE, il trattato Euratom non è mai stato oggetto di grandi modifiche e resta in vigore. La Comunità europea dell’energia atomica non si è fusa con l’Unione europea e mantiene una personalità giuridica separata, pur condividendo le stesse istituzioni. Il trattato che modifica i trattati UE e CE, firmato nel dicembre 2007, modifica talune disposizioni del trattato Euratom tramite il “protocollo (n. 12) che modifica il trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica”. Tali modifiche si limitano a adeguamenti alle nuove norme stabilite dal trattato di riforma, in particolare nel settore istituzionale e finanziario [3].
La dottrina rileva peraltro che l’uso dell’energia nucleare ha incontrato vari ostacoli.
Il rallentamento è stato dovuto a diverse ragioni. In primo luogo l’atavico istinto di sopravvivenza
dell’uomo ha coinvolto anche il nucleare. Prima di accettare la nuova tecnologia, bisogna essere
sicuri che le sue conseguenze sanitarie (effetti delle radiazioni) siano limitate. Se i tempi di latenza delle conseguenze sono lunghi (dell’ordine di una o più generazioni) e se le probabilità sono basse e diffuse occorrono studi epidemiologici e lunghi tempi di assuefazione per decretare che anche il nuovo rischio (come il fuoco) è del tutto accettabile. Oggi non vengono più emesse in sede scientifica previsioni catastrofiche sulle conseguenze delle basse dosi di radioattività, ma nel pubblico non è ancora del tutto scomparso il timore soprattutto per dosi più elevate che potrebbero essere ricevute in caso di incidente.
Un altro elemento che ha rallentato lo sviluppo dell’energia nucleare è stata la preoccupazione per la “chiusura del ciclo”. Si può ricorrere massicciamente all’uso di un prodotto o di un processo produttivo se si sa o si suppone che il suo impatto sia sotto controllo per un intervallo di tempo ragionevole.
Per la verità non è sempre stato così.
Molti prodotti sono stati introdotti sul mercato senza sapere esattamente quali sarebbero state le loro conseguenze di lungo periodo (si pensi al DDT o ai cloro-fluoro-carburi). Nel caso del nucleare invece, poiché era noto dalla fisica che alcuni radionuclidi prodotti dalla fissione avevano tempi di dimezzamento di decine di migliaia di anni (e anche più), è apparso subito chiaro che bisognava porsi il problema di come trattare questi rifiuti [4].
Per contro la Comunità Europea si è attivata per limitare l’utilizzo dell’energia nucleare per usi militari Trattato di non-proliferazione nucleare (Tnp) in vigore dal 1970, proibisce agli “stati militarmente nucleari” [5] il trasferimento a chicchessia di armi o altri congegni esplosivi nucleari, e agli “stati militarmente non-nucleari” (cioè tutti gli altri) di produrne per proprio conto o di entrarne in possesso in qualsiasi altro modo; in cambio della rinuncia a sviluppare un programma nucleare militare, le potenze atomiche sono tenute a fornire assistenza nel campo della tecnologia nucleare civile, nonché ad adoperarsi per frenare la corsa agli armamenti e ridurre le proprie dotazioni.
La dottrina peraltro annota che tecnologie, conoscenze e materiali nucleari trovano applicazione sia in ambito civile sia in ambito militare. Infatti, la tecnologia nucleare civile si è in buona parte sviluppata dalle ricerche in campo militare cui si era data preminenza agli albori dell’era atomica. Pertanto, disporre di un programma nucleare civile autosufficiente equivale a disporre di un programma nucleare militare virtuale. Il ciclo del combustibile nucleare – la produzione cioè del materiale fissile da impiegare nei reattori – può essere facilmente convertito a scopi bellici. Basti pensare che, per produrre uranio utilizzabile in una bomba, è sufficiente prolungare il processo con cui si è reso l’uranio impiegabile in un reattore. Il procedimento per arricchire l’uranio è, infatti, unico: bisogna semplicemente aumentare la quantità dell’isotopo di uranio suscettibile di fissione, l’U-235, da un minimo del 2-3% (sufficiente per un reattore), a circa il 90% (necessario per una bomba) [6]. La dottrina sottolinea la progressiva erosione degli spazi di sovranità nazionale nel settore della regolazione dell’energia nucleare sia in forza di accordi di diritto internazionale sia in forza di processi di coordinamento e convergenza dei sistemi regolatori dei singoli paesi attraverso “reti” transnazionali di regolazione [7].


1.1. Il programma indicativo per il settore nucleare. COM (2008)776.


[1]  In generale, il trattato mira a contribuire alla formazione e allo sviluppo delle industrie nucleari europee e provvede affinché tutti gli Stati membri possano trarre beneficio dallo sviluppo dell’energia atomica, garantendo la sicurezza di approvvigionamento. Allo stesso tempo, il trattato garantisce un livello di sicurezza elevato per la popolazione, assicurandosi che le materie nucleari destinate a finalità civili non vengano utilizzate per fini militari. È essenziale sottolineare che l’Euratom ha competenze soltanto nel settore dell’energia nucleare civile e pacifica. Alcaro R., Il regime di non-proliferazione nucleare Obiettivi, struttura e fattori di rischio, in Servizio studi XV legislatura, 2007, n. 66, 4.
[2]       Paternò G., IV Energia nucleare. dir. amm., in Encicl. Giurid. 1989, 1.
[3]   Alcaro R. Il regime di non-proliferazione op. cit., 2007, n. 66, 6.
[4]   De Paoli L.,  Prospettive e problemi dell’energia nucleare nel mondo, , in Economia e politica industriale, 2007, fasc. 3,  27.
[5]   Il Tnp definisce come “stati militarmente nucleari” gli stati che hanno condotto un test atomico anteriormente alla data del primo gennaio 1967 (Cina, Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Unione Sovietica/Russia).
[6]      Alcaro R., Il regime di non-proliferazione op. cit., 2007,6,
[7]  Diverse organizzazioni internazionali di cui l’Italia è parte si occupano di energia nucleare. Tra queste un ruolo di primo piano spetta all’IAEA (l’Agenzia Internazionale per l’Energia Nucleare), istituita nel 1957, un’organizzazione internazionale indipendente sotto l’egida delle Nazioni Unite specializzata nella cooperazione internazionale in materia di nucleare con sede a Vienna e che ha inoltre un centro di ricerca e un laboratorio scientifico a Trieste. Uno dei compiti principali dell’IAEA è la definizione di standards di sicurezza per la protezione della salute e la riduzione al minimo “dei pericoli per la vita umana e la proprietà privata” che, sebbene non abbiano formalmente forza vincolante, costituiscono degli imprescindibili riferimenti tecnico-regolatori a livello internazionale. Ammannati L. e Spina L., Il “ritorno” al nucleare. Il contesto regolatorio e l’ Agenzia per la Sicurezza Nucleare, in Amministrare, 2009, fasc. 2,  235.



1.1. Il programma indicativo per il settore nucleare. COM (2008)776.

Il 13 novembre 2008 la Commissione ha presentato una comunicazione relativa ad un aggiornamento del programma indicativo per il settore nucleare nel contesto del secondo riesame strategico delle politica energetica
(COM(2008)776) che aggiorna le informazioni contenute nel programma indicativo per il settore nucleare presentato nel 2007.
Al par.2.2. la commissione analizza le prospettive d’investimento nel settore nucleare che rendono come conseguenza inevitabile un potenziamento delle iniziativa in corso per la realizzazione di nuove centrali nucleari anche se la Comunità non ha adottato direttive specifiche in tal senso
La Commissione rileva, infatti, che a prescindere da come evolverà esattamente il consumo di energia, la domanda di energia elettrica nell'UE dovrebbe continuare ad aumentare più rapidamente della domanda di energia totale. L'insufficienza delle capacità destinate a coprire il carico di base potrebbe compromettere la stabilità della rete elettrica dell'UE, a meno che non siano adottate contromisure su vasta scala. La quota delle
fonti di energia rinnovabili è destinata ad aumentare, ma occorrerà fare appello ad altre fonti di energia, dato che le possibilità di conservare l'energia elettrica sono limitate e la domanda deve essere soddisfatta in ogni momento. Occorre prestare maggiore attenzione alla sostituzione o all'estensione della durata di vita delle centrali nucleari che raggiungeranno il termine della loro vita utile originariamente previsto prima del 2020.
La chiusura di questi impianti, se non compensata dalla costruzione di nuove centrali o dalla modernizzazione delle vecchie centrali per fare in modo che possano funzionare più a lungo senza rischi, porterebbe ad una diminuzione significativa del contributo dell'energia nucleare alla fornitura totale di energia elettrica.
Secondo le previsioni attuali, la capacità nucleare dell'UE potrebbe diminuire di 33 Gwe entro il 2020. Se non verranno costruite nuove centrali nucleari per sostituire questa capacità di carico di base, una quota importante di detta capacità sarà fornita dalle centrali a gas o a carbone. L'estensione della durata di vita delle centrali in esercizio o la costruzione di nuove centrali è necessaria per mantenere ai livelli attuali la quota della produzione nucleare, contribuendo al conseguimento degli obiettivi dell'UE in materia di riduzione delle emissioni e di sicurezza degli approvvigionamenti. COM(2008)776.
La Commissione ribadisce l’importanza dell'energia nucleare nel conseguimento degli obiettivi europei in materia di sicurezza degli approvvigionamenti energetici e di riduzione delle emissioni di CO2, sottolineando, nel contempo, la necessità di mantenere la sicurezza e la protezione nucleare al centro del processo decisionale, assicurando che lo sviluppo di questa fonte di energia risponda ai requisiti più rigorosi in materia di sicurezza.
La Commissione, tra l’altro, raccomanda:
- l’attuazione di tutte le soluzioni tecniche già disponibili nel settore della gestione dei rifiuti radioattivi nonché la collaborazione tra le principali parti in causa nel settore della ricerca e sviluppo, in particolare le agenzie nazionali per la gestione dei rifiuti, al fine di creare un programma di ricerca strategica e un piano di attuazione di attività di ricerca;
- che l'UE prosegua gli sforzi intesi a promuovere livelli di sicurezza elevati a livello internazionale mediante gli strumenti di cooperazione esterna;
- la promozione e la creazione di un quadro economico e normativo più uniforme nell'UE, in particolare, armonizzando e semplificando le procedure di rilascio delle autorizzazioni e delle certificazioni di progetto in modo da favorire gli investimenti negli Stati membri che decidono di includere l'energia nucleare nel loro mix energetico;
- lo sviluppo di un regime di responsabilità civile più uniforme e armonizzato in modo da garantire un livello di protezione omogeneo a tutti i cittadini e creare condizioni di parità nel settore dell'energia nucleare dell'UE.
La Commissione, inoltre, sottolinea l’importanza degli strumenti creati per migliorare il quadro per l'energia nucleare in Europa nel contesto del piano d’azione del piano d’azione del Consiglio, sopra citato, quali il gruppo ad alto livello sulla sicurezza nucleare e la gestione dei rifiuti, il forum europeo per l'energia nucleare, la piattaforma tecnologica per un'energia nucleare sostenibile, auspicando la creazione di una nuova piattaforma tecnologica sullo smaltimento geologico.
La Commissione ritiene che tali strumenti consentano di affrontare meglio i problemi legati ai rifiuti radioattivi e raggiungere obiettivi quali: ottimizzare le attività di ricerca e sviluppo europee; migliorare il coordinamento; fissare obiettivi comuni; rafforzare la partecipazione e l'impegno delle imprese del settore nella ricerca di soluzioni alle questioni relative alla gestione dei rifiuti radioattivi.


2. La sicurezza nucleare. COM(2008)790.

Il 26 novembre 2008 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva del Consiglio (Euratom) relativa alla predisposizione di un quadro comunitario per la sicurezza nucleare (COM(2008)790) intesa a definire gli obblighi
fondamentali e i principi generali per gli impianti nucleari che tutti gli Stati membri della UE sono tenuti ad applicare.
Tale iniziativa si è resa necessaria visto il rinnovato interesse per l'energia nucleare manifestato da una serie di Stati membri, insieme alla prospettiva dell'estensione della durata di vita di numerosi impianti e della costruzione di nuovi, fa sì che la presente proposta riveduta giunga in un momento particolarmente opportuno, COM(2008)790.
La proposta della Commissione stabilisce alcuni principi e prescrizioni validi a livello UE, ed un insieme di norme relative, tra l’altro, al rafforzamento dell’indipendenza degli organismi di controllo, alle responsabilità degli esercenti, nonché una serie di garanzie in riferimento alle risorse umane e finanziarie, ai sistemi di gestione, alla periodica supervisione della sicurezza, alla disponibilità di competenze tecniche a livello transfrontaliero. La proposta, infine, prevede la creazione di un gruppo di esperti per coordinare la cooperazione tra le autorità di regolamentazione.
Il 22 aprile 2009 il Parlamento europeo ha approvato, nell’ambito della procedura di consultazione, una relazione con cui sostiene l’iniziativa della Commissione, proponendo che un allegato elenchi con maggior dettaglio i principi di sicurezza cui si fa riferimento nella proposta di direttiva.


3. I rifiuti radioattivi. COM(2008)542.

L’otto settembre 2008 la Commissione ha presentato La sesta relazione sulla situazione della gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito nell'Unione europea (COM(2008)542).
La Commissione, apprezzati i progressi realizzati in campo scientifico e tecnico per lo smaltimento geologico dei rifiuti nucleari, ritiene di poter considerare attualmente lo stoccaggio attraverso deposito geologico l'opzione più
sicura e sostenibile per la gestione a lungo termine dei rifiuti ad alta attività e del combustibile esaurito. Secondo la Commissione, dovrebbe essere incoraggiata e facilitata l'identificazione, la creazione e l'uso di depositi di rifiuti sicuri, anche attraverso la cooperazione regionale e internazionale, che potrebbe accelerare l'adozione di soluzioni definitive oltreché vantaggiose in termini di economie di scala.
La Commissione rileva, per quanto riguarda la categoria dei rifiuti più pericolosi, ossia rifiuti ad alta attività e combustibile esaurito soggetti a smaltimento diretto, solo in pochi Stati membri (Finlandia, Svezia e Francia) si registrano progressi nei progetti di smaltimento. È probabile che entro il 2025 questi Stati membri disporranno di impianti di smaltimento operativi, mentre Germania e Belgio potrebbero raggiungere lo stesso obiettivo entro il 2040. Negli altri paesi la situazione è meno avanzata. Numerosi Stati membri non hanno registrato progressi a causa della natura politica della questione, della scarsità di risorse scientifiche, tecniche e finanziarie e/o di altri motivi storici e sociali, COM(2008)542.
La Commissione, tuttavia, ricorda la necessità, per gli Stati eventualmente disposti a ospitare tali centri regionali di tenere nella dovuta considerazione l'accettazione di tali scelte a livello politico e sociale. La Commissione giudica opportuno, inoltre, non incentivare le proposte avanzate dagli Stati non comunitari in materia di depositi di rifiuti radioattivi e combustibile esaurito, per motivi tecnici, economici e di sicurezza.
Il 16 dicembre 2008 il Consiglio ha approvato una risoluzione sulla gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi.
Il Consiglio, nel prendere atto della relazione della Commissione, constata che gli Stati membri dell’UE concordano sui seguenti principi:
- è imperativa l'attuazione da parte di ciascuno Stato membro di un piano nazionale di gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi. Tali piani devono essere a lungo termine, comprendere tutti i tipi di rifiuti radioattivi e precisare tutte le fasi della loro attuazione. Essi devono includere, tra l’altro, un inventario dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito presenti sul territorio;
- l'attuazione di politiche per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, basata sui progressi scientifici e tecnologici, deve essere effettuata mediante processi trasparenti che consentano d'informare correttamente il pubblico e di coinvolgerlo nel processo decisionale in particolare per l'insediamento di un sito di deposito.


 4. La rete informativa di allarme sulle infrastrutture critiche. COM(2008)676.

Il 28 ottobre 2008 la Commissione europea ha presentato una proposta di decisione relative a una rete informativa di allarme sulle infrastrutture critiche – CIWIN (COM(2008)676).
La proposta intende creare un sistema d'informazione sicuro (CIWIN) che sarà gestito dalla Commissione europea e ospitato dal Centro comune di ricerca di Ispra.
L'obiettivo del sistema è aiutare gli Stati membri a scambiarsi migliori prassi e informazioni su minacce e debolezze, nonché informazioni sulle attività realizzate congiuntamente per proteggere le infrastrutture critiche.
La proposta prevede che gli Stati membri possano partecipare alla rete d’informazione dopo aver sottoscritto un memorandum di intesa che contiene i requisiti tecnici e di sicurezza ad essa applicabili, e le informazioni sui siti con cui sarà interconnessa. E’ altresì prevista la realizzazione di un forum elettronico per lo scambio di informazioni riguardanti la protezione delle infrastrutture critiche tra le quali l’industria del ciclo del combustibile nucleare.
La proposta, che segue la procedura di consultazione, è stata esaminata dal Parlamento europeo in plenaria il 22 aprile 2009, ed è ora in attesa di una decisione finale da parte del Consiglio.
Si segnala che, in precedenza, il Consiglio ha definitivamente adottato la direttiva 8 dicembre 2008 n. 2008/114/CE relativa all'individuazione e alla designazione delle infrastrutture critiche europee e alla valutazione della necessità di migliorarne la protezione.


5. La procedura di infrazione alla direttiva 96/29/Euratom e alla direttiva 89/618/Euratom.

Il 28 giugno 2006 la Commissione ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee in relazione al mancato adempimento di quanto prescritto nel parere motivato che la Commissione ha inviato all’Italia il 5 luglio 2005.
La Commissione contesta all’Italia di essere venuta meno agli obblighi imposti dalla direttiva 13/5/1996 n.29 Euratom 96/29, che stabilisce le norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione sanitaria della popolazione contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti e dalla direttiva 89/618/Euratom, concernente l’informazione della popolazione sui provvedimenti di protezione sanitaria applicabili e sul comportamento da adottare in caso di emergenza radioattiva.
La procedura d’infrazione prende le mosse da alcune denunce che hanno per oggetto la mancanza di piani d’intervento di emergenza necessari a fronteggiare un’eventuale situazione di emergenza radioattiva che possa trarre origine, per la regione di Trieste, dalla centrale nucleare di Krsko (Slovenia) e dai navigli a propulsione nucleare che attraccano occasionalmente nel porto di Trieste, nonché dai siti nucleari nei comuni di Saluggia (VC), Trino (VC), e di Bosco Marengo (AL), sia in relazione a situazioni di emergenza che possano trarre origine nei siti
menzionati, sia in relazione alle operazioni di trasporto di combustibile irraggiato, per via ferroviaria, svolte tra Saluggia e Sellafeld (Gran Bretagna).
La Commissione, in particolare, contesta all’Italia di non aver adottato i decreti di attuazione necessari a garantire un’effettiva applicazione delle due direttive in esame.
La dottrina rileva che in Italia le Regioni non si sono ancora appropriate del potere di attuazione ed esecuzione dei trattati che pure spetterebbe loro, in virtù del riformato art. 117 Cost., e della L. cost. 3/2001, anche in assenza di un previo recepimento statale; le resistenze o i dubbi in questo senso sono però sorretti dalla dottrina dominante, che sostiene la perdurante vigenza della regola classica appunto del previo recepimento statale [1] .
Il quadro delle norme regionali in materia di radioprotezione dell'ambiente è così limitato in generale a discipline che regolano il rilascio di nulla osta o autorizzazioni per l'impiego di sorgenti di radiazioni ionizzanti, ai sensi del D.Lgs. 230/1995 e successive modifiche, nei settori più diversi, tra cui prevalentemente quello medico; in tali normative l'aspetto ambientale è preso in considerazione autonoma solo per quanto riguarda la problematica della gestione dei rifiuti radioattivi derivanti dalle attività autorizzate, mentre il rischio che ne deriva viene valutato esclusivamente con riferimento alla popolazione umana, per la cui protezione sono tra l'altro previste revisioni delle autorizzazioni la cui cadenza oscilla tra i cinque anni della Basilicata e della Lombardia e i sette dell'Abruzzo.
Uno sforzo maggiore è stato compiuto dalla Regione Umbria, che in seguito alla promulgazione della L.R. 25/2002, con deliberazione della Giunta regionale del 15 dicembre 2003, n. 1930, ha emanato Linee Guida in materia di radioprotezione, che innovativamente affermano principi etici quale quello dell'ottimizzazione e della giustificazione del rischio, ma che ancora una volta non considerano l'ambiente se non in relazione alla gestione dei rifiuti radiologici.
La L.R. Toscana 32/2003 si spinge un po' più in là, prevedendo tra i propri scopi il controllo della radioattività ambientale, che però, scorrendo la normativa, si verifica essere ancora una volta correlata alle sole matrici ambientali alimentari.
La chiave antropocentrica viene invece dismessa del tutto dalla L.R. Liguria 45/2000, che ha inserito, nella normativa di cui alla L.R. 18/1999, recante adeguamento delle discipline e conferimento delle funzioni agli enti locali in materia di ambiente, difesa del suolo ed energia, un Capo VII-bis, intitolato "Tutela dall'inquinamento delle radiazioni ionizzanti", che si compone di un articolo 80-bis, "Finalità e campo di applicazione", che detta "norme volte ad assicurare la tutela dell'ambiente dall'inquinamento derivante da radiazioni ionizzanti e a garantire che l'esposizione della popolazione non ecceda i limiti fissati dalla normativa vigente".

 


Parte terza

La localizzazione delle centrali elettronucleari

 

Capitolo 3

Dalla prima localizzazione delle centrali elettronucleari, l. 393/1975, alla legge per favorire lo sviluppo, l. 99/2009.

SOMMARIO: 1. Le fonti legislative. Il percorso legislativo dei decreti delegati dalla l. 99/2009. 1.1. La localizzazione di centrali nucleari. La l. 2 agosto 1975, n. 393. 2. Il referendum popolare. 2.1. La reintegrazione degli oneri relativi alla chiusura definitiva di centrali nucleari. 2.2. L'Autorità per l'energia elettrica ed il gas. La determinazione delle tariffe relative ai servizi di fornitura dell'energia elettrica. 3. La l. 14.12.2003, n. 368, Il sito unico nazionale per lo stoccaggio. 3.1.La Società gestione impianti nucleari. 4. Le leggi regionali che dichiarano denuclearizzato il loro territorio. La l. r. Sardegna 3 luglio 2003, n. 8. 4.1. La l. r. Basilicata 21 novembre 2003, n. 31. 4.2. La l. r. Calabria 5 dicembre 2003, n. 26. 4.3. La l.r. Emilia Romagna 23.12.2004, n. 26. 4.4. Il deposito nazionale per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi. 4.5. La Sogin. Le funzioni. 4.6. L’autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio del Parco Tecnologico. 4. 7. Il Seminario nazionale sul Parco Tecnologico. La definizione delle aree potenzialmente idonee. 4.8. L’interesse delle regioni ad ospitare il Parco. Il potere sostitutivo. 4.9. Le misure compensative. 5. La legge per favorire lo sviluppo l. 99/2009. La localizzazione di impianti di produzione di energia elettrica nucleare. 5.1. Il ricorso alla Corte Costituzionale contro l’esautoramento degli enti locali a proposito della scelta dei siti. 6. Le modalità di adozione del ex articolo 20 della legge n. 59 del 1997. 7. La legislazione regionale che preclude l’installazione di impianti di produzione di energia elettrica nucleare. L. R. Puglia 4 dicembre 2009, n. 30. L. R. Campania 21 gennaio 2010, n. 2. L. R. Basilicata 13 gennaio 2010, n. 1. 8. Il conflitto di attribuzione. Il d. lg. 15 febbraio 2010, n. 31.


1. Le fonti legislative. Il percorso legislativo dei decreti delegati dalla l. 99/2009.

L’avventura nucleare in Italia nasce con la l. 2 agosto 1975, n. 393, ma già nel 1987 è fermata con un referendum abrogativo.
Restano in ogni modo i problemi connessi all'individuazione di un sito unico nazionale per lo stoccaggio definitivo dei residui radioattivi che trovano parziale soluzione con la l. 14.12.2003, n. 368.
La legislazione regionale a tal punto ha rivendicato la potestà di dichiarare denuclearizzato il territorio. La l. r. Sardegna 3 luglio 2003, n.8, l. r. Basilicata 21 novembre 2003, n. 31, l. r. Calabria 5 dicembre 2003, n. 26, La l.r. Emilia Romagna 23.12.2004, n. 26.
Successivamente la l. 23 luglio 2009, n. 99, art. 25 comma 1, ha delegato il Governo ad adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi di riassetto normativo che hanno il compito di riformare la disciplina della localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare.
Il percorso legislativo si presenta piuttosto articolato. La stampa sottolinea le opportunità commerciali per le imprese; ancor prima dell’approvazione dei decreti delegati fervono gli accordi commerciali. Italia ed Usa si sono impegnati a incoraggiare la ricerca di opportunità contrattuali per la realizzazione di centrali nucleari e a promuovere l'assegnazione di appalti nei rispettivi paesi.
Il governo ha approvato il d. lg. 15 febbraio 2010, n. 31, che detta la disciplina della localizzazione, della realizzazione e dell'esercizio di impianti di produzione di energia elettrica nucleare.
In successione deve essere approvato a) il regolamento che definisce l'organizzazione e il funzionamento interni dell'Agenzia, ex art. 29, comma 15, legge 23 luglio 2009, n.99 [2].
b) Deve essere approvato lo statuto dell’Agenzia per la sicurezza nucleare.
L’agenzia diventa operativa con i successivi decreti ministeriali del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (che individua le risorse di personale dell'organico del Dipartimento nucleare, rischio tecnologico e industriale dell'ISPRA, che verranno trasferite all'Agenzia nel limite di 50 unità) e del Ministro dello sviluppo economico (che individua le risorse di personale dell'organico dell'ENEA e di sue società partecipate, che verranno trasferite all'Agenzia nel limite di 50 unità).
c) Successivamente entro tre mesi dall’entrata in vigore del d. lg. 15 febbraio 2010, n. 31, il Governo deve approvare il documento strategico in materia nucleare. 
c1) Entro sei mesi, dall'entrata in vigore del d. lg. 15 febbraio 2010, n. 31, la Sogin S.p.A., definisce una proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee alla localizzazione del Parco Tecnologico, art. 26, d.lg. 23.12.2009.
d) Per la localizzazione dei siti il governo deve approvare le loro caratteristiche entro sessanta giorni dalla approvazione strategia del Governo in materia nucleare
art. 10. d. lg. 15 febbraio 2010, n. 31.
e) I requisiti degli operatori e degli impianti fissati con D. M., art. 5, d. lg. 15 febbraio 2010, n. 31.
Gli operatori propongono istanza per la certificazione dei siti entro novanta giorni dalla pubblicazione della loro localizzazione, ex  art. 10, d. lg. 15 febbraio 2010, n. 31.
f) Certificazione dei siti deve essere effettuata entro novanta giorni (più trenta per l’istruttoria) dalla data dell’istanza. L'Agenzia trasmette la detta certificazione al Ministero Sviluppo economico, ex art. 11, d. lg. 15 febbraio 2010, n. 31.
g) Intesa con la regione deve essere realizzata entro sessanta giorni dalla trasmissione della richiesta del Ministero Sviluppo economico, ex art. 11, d.lg. 23.12.2009.
h)  Il procedimento in caso di dissenso è demandato al Comitato interistituzionale Ministeri – Regione che decide entro sessanta giorni dalla mancata intesa, ex art. 11, d.lg. 23.12.2009.
i) Il potere sostitutivo del governo può essere  esercitato  entro sessanta giorni dalla costituzione del Comitato, ex art. 11, d. lg. 15 febbraio 2010, n. 31.
l) L’approvazione del sito ed il piano energetico ambientale regionale deve essere approvato entro dodici mesi dall’approvazione del sito certificato, ex art. 11, d. lg. 15 febbraio 2010, n. 31.


1.1. La localizzazione di centrali nucleari. La l. 2 agosto 1975, n. 393.

La localizzazione, l'autorizzazione e il nulla osta alla costruzione delle centrali elettronucleari dell'ENEL è stata disciplinata da una complessa procedura – delineata dalla l. 2 agosto 1975, n. 393, che vede partecipi Stato, regione e comuni [3].
Il CIPE determina le regioni nel cui territorio possono essere insediate le centrali, tenendo conto anche delle esigenze di un equilibrato sviluppo economico del Paese.
Le regioni debbono indicare al Ministro per l'industria, il commercio e l'artigianato, entro centocinquanta giorni dalla comunicazione della deliberazione del CIPE, d'intesa con i comuni interessati almeno due aree del proprio territorio suscettibili d'insediamento di centrali elettronucleari e per le quali il CNEN abbia espresso avviso favorevole.
Qualora nel termine indicato nel comma precedente le regioni non abbiano provveduto, le aree sono determinate con legge su proposta del Ministro per l'industria, il commercio e l'artigianato, di concerto col Ministro per il bilancio e la programmazione economica.
In base alla l. 10 gennaio 1983 n. 8, recante norme per l'erogazione di contributi a favore dei comuni e delle regioni sedi di centrali elettriche alimentate con combustibili diversi dagli idrocarburi, la potestà di determinare le aree da destinare agli impianti avviene mediante atto del comitato interministeriale  per  la  programmazione  economica  (C.I.P.E.) ,  il quale ,  a norma  dell'articolo unico comma 13 della legge , qualora entro i termini di cui all'art. 2 ,  comma  2 l,
 2 agosto 1975 n. 393 non risulti perfezionata la procedura per la localizzazione delle centrali, vi provvede su proposta del ministero dell'industria, sostituendosi alle autorità regionali tenute a provvedere entro detto termine, tenendo presente le indicazioni eventualmente emerse nella procedura precedentemente esperita [4].


2. Il referendum popolare

La Corte cost. ha dichiarato in un primo tempo inammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione della l. 2.8.1975, n. 393.
Le disposizioni investite regolano le varie fasi del procedimento per la localizzazione delle centrali elettronucleari, la cui costruzione è affidata all'ENEL. Il quesito, avendo per oggetto un complesso normativo riconducibile ad una matrice unitaria, si presenta omogeneo. Le norme cui la richiesta si riferisce, appaiono tuttavia strettamente collegate all'ambito della operatività del trattato di Roma, indirizzato alla finalità di progresso nella utilizzazione pacifica dell'energia nucleare, che lo Stato italiano ha fatto proprie, mediante la partecipazione alla Comunità europea dell'energia atomica, concorrendo a costituire l'ordinamento comunitario e sovranazionale, la cui importanza storica ed il cui rilievo, sono sottolineati dall'art. 11 cost. Risulta dai lavori parlamentari che la l. n. 393/1975 venne emanata per superare i gravissimi ostacoli che avevano fino ad allora impedito all'ENEL di realizzare le centrali elettronucleari; abrogando tale normativa si ritornerebbe alla situazione originaria paralizzante (come è negli intenti del


comitato promotore il quale intende con l'iniziativa referendaria bloccare l'attuazione di un programma nucleare), con il consequenziale impedimento di attuazione di un qualsiasi programma nucleare, in violazione di un fondamentale impegno assunto dallo Stato, aderendo al suddetto trattato (cfr. art. 192) di agevolare la Comunità nell'esecuzione della sua missione, adottando tutte le misure di carattere generale ed in particolare atte ad assicurare l'adempimento degli obblighi derivanti dal trattato. La responsabilità che lo Stato italiano assumerebbe verso la Comunità e gli altri Stati membri, a cagione della disapplicazione del trattato, conseguente all'abrogazione della normativa oggetto del quesito, è riservata alla valutazione del Parlamento, restando conseguentemente sottratte al referendum abrogativo non soltanto le leggi di esecuzione dei trattati internazionali, ma anche quelle produttive di effetti strettamente collegati all'ambito della operatività dei trattati medesimi [5].
Successivamente il legislatore provvedeva all’approvazione dell'articolo unico della l.  10 gennaio 1983, n.8, recante: "Norme per l'erogazione di contributi a favore dei comuni e delle regioni sedi di centrali elettriche alimentate con combustibili diversi dagli idrocarburi.
La Corte costituzionale si pronunciava sulla richiesta di referendum abrogativo dell'articolo unico, comma 1-13 l. 10 gennaio 1983 n. 8, norme per l'erogazione di contributi a favore dei comuni e delle regioni sedi di centrali elettriche alimentate con combustibili diversi dagli idrocarburi, e dell'articolo unico, comma 1, lett. b) l. 18 dicembre 1973 n. 856, sull'attribuzione all'ENEL della facoltà di promuovere la costituzione di società con società o enti stranieri o di assumervi partecipazioni, al fine di realizzare o gestire impianti elettronucleari, dichiarandolo ammissibile [6].
In esito al referendum indetto con  d.p.r. 4 settembre 1987, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 210 del 9 settembre 1987, veniva abrogato l'articolo unico della l. 8/1983.
Il Decreto del Presidente della Repubblica 9 dicembre 1987, n. 499 (in Gazz. Uff., 9 dicembre, n. 287). – che disponeva l’abrogazione ha definitivamente bloccato la realizzazione delle centrali nucleari.

2.1. La reintegrazione degli oneri relativi alla chiusura definitiva di centrali nucleari.

A seguito dei risultati del referendum del 1987 sull'utilizzo del nucleare in Italia, con delibera CIPE 27 novembre 1987 furono sospesi i lavori di costruzione della centrale di Montalto di Castro, rinviando a successivo provvedimento legislativo il riconoscimento all'Enel degli oneri derivanti da quella decisione.
Il 2 dicembre 1987 il CIPE poneva a carico dell'Enel i costi del personale delle imprese operanti a Montalto per il periodo 1.12.1987 - 31.1.1998, oltre agi oneri effettivi e diretti delle imprese, con impegno di rimborso da parte dello Stato.
Con delibere in data 23.12.1987 il CIPE disponeva la chiusura della centrale di Latina, la sospensione dei lavori di costruzione della centrale di Trino 2 e l'istituzione del comitato VON per la valutazione degli oneri connessi a queste delibere ai fini dell'adozione dei conseguenti provvedimenti legislativi diretti all'assunzione, a carico dello Stato, degli oneri accertati.
Con decreto legge 10.12.1988, n. 522, convertito in legge 10.2.1989, n. 49, venivano definitivamente interrotti i lavori di costruzione della centrale di Montalto.
Con delibera CIPE del 21.12.1988, per reintegrare l'Enel dagli oneri diretti ed indiretti connessi alla chiusura della centrale di Latina ed alla sospensione ed interruzione di lavori delle centrali di Montalto e Trino 2, veniva demandato al comitato VON anche l'accertamento degli oneri diretti ed indiretti connessi alla sospensione ed interruzione dei lavori della centrale di Montalto ed al CIP di provvedere al rimborso degli oneri connessi alle decisioni assunte in materia di energia nucleare nei limiti delle valutazioni effettuate dal Comitato.
A tale rimborso il CIP provvedeva mediante la proroga della maggiorazione ordinaria del sovrapprezzo termico (delib. 21.12.1988).
Con delibera CIPE del 26.7.1990 venivano chiuse definitamente le centrali di Caorso e Trino 1, con conseguenti valutazioni e reintegrazioni secondo le stesse modalità previste per Montalto.
La materia dei rimborsi veniva poi regolata con legge 9.1.1991, n. 9, art. 33 c. 2.
La norma dispone che il CIP dispone la reintegrazione all'E. e alle imprese appaltatrici dei lavori per la realizzazione delle centrali nucleari degli oneri immediati e diretti, derivanti dalla sospensione ed interruzione definitiva dei lavori delle predette centrali, secondo le modalità della deliberazione CIPE del 21.12.1988 ... e della deliberazione del CIP del 24.5.1989.
Con i provvedimenti n. 6/91 e n. 3/92 il CIP disponeva che gli importi già accertati con provvedimenti CIP nonché quelli che saranno accertati con successivi provvedimenti a favore delle imprese appaltatrici e dell'Enel, saranno aumentati, dal 1° gennaio 1991 al loro effettivo pagamento, degli interessi calcolati sulle somme ancora da corrispondere, sia in conto capitale che interessi, all'inizio di ciascun anno, sulla base del tasso prime rate ABI per le imprese appaltatrici e del 72,56% di detto tasso per l'Enel.


2.2. L'Autorità per l'energia elettrica ed il gas. La determinazione delle tariffe relative ai servizi di fornitura dell'energia elettrica.

La l. 14 novembre 1995, n. 481, ha istituito l'Autorità per l'energia elettrica e il gas - l'Autorità ha la possibilità - non il potere, trattandosi di posizioni paritetiche - di rimettere in discussione i criteri di quantificazione e liquidazione degli indennizzi spettanti all'Ente nazionale per l'energia elettrica in base alla l. 9 gennaio 1991 n. 9, in seguito alla chiusura delle centrali nucleari.
All'Autorità per l'energia elettrica ed il gas sono state trasferite tutte le funzioni amministrative esercitate da organi statali e da altri enti ed amministrazioni pubblici relative alle sue attribuzioni
Fra queste attribuzioni l'art. 2. c. 12 lett. e) individua la determinazione e l'aggiornamento della tariffa - base, dei parametri e degli altri elementi in riferimento per determinare le tariffe nonché le modalità per il recupero dei costi eventualmente sostenuti nell'interesse generale [7].
Il successivo art. 3 c. 2, poi, indicate alcune voci di cui tenere conto ai fini tariffari, precisa che l'Autorità deve accertare e specificare nella tariffa la sussistenza dei presupposti delle voci derivanti dalla reintegrazione degli oneri connessi alla sospensione, alla interruzione dei lavori per la realizzazione delle centrale nucleari ed alla chiusura definitiva di centrali nucleari [8].
La norma precisa che le tariffe relative ai servizi di fornitura dell'energia elettrica comprendono anche le voci derivanti dai costi connessi all'utilizzazione dei combustibili fossili e agli acquisti di energia da produttori nazionali e agli acquisti di energia importata nonché le voci derivanti dagli oneri connessi all'incentivazione della nuova energia elettrica prodotta con fonti rinnovabili ed assimilate.
L'Autorità accerta, inoltre, la sussistenza di presupposti delle voci derivanti dalla reintegrazione degli oneri connessi alla sospensione e alla interruzione dei lavori per la realizzazione di centrali nucleari ed alla chiusura definitiva delle centrali nucleari, nonché dalla copertura finanziaria delle minori entrate connesse alle disposizioni fiscali introdotte in attuazione del piano energetico nazionale, secondo quanto previsto dall'art. 33, l. 9/1991 .
Tali voci vengono specificate nella tariffa.
L'Autorità verifica la congruità dei criteri adottati per determinare i rimborsi degli oneri connessi alla sospensione e alla interruzione dei lavori per la realizzazione di centrali nucleari nonché alla loro chiusura.
L’autorità può verificare la congruità dei criteri adottati per determinare il rimborso di tali oneri. Ora, accertare la sussistenza dei presupposti e la congruità dei rimborsi non può significare altro che verificare la corretta individuazione delle componenti degli indennizzi riconosciuti con la legge n. 9/1991, indennizzi che già erano stati delineati nelle deliberazioni del CIPE e del CIP degli anni 1987-1988 e successivamente recepiti parzialmente dal legislatore del 1991, e successivamente specificati e determinati con ulteriori determinazioni amministrative del CIP. Che l'Autorità avesse il potere di modificare ed abrogare i provvedimenti già adottati dal CIP e dal Ministero dell'Industria in materia di energia elettrica è detto peraltro esplicitamente dal comma 7 del medesimo art. 3.
L'Autorità per l'energia elettrica e il gas ha emanato in data 30 luglio 2008, n. 103 le disposizioni ai fini del riconoscimento degli oneri conseguenti alle attività di smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse, di chiusura del ciclo del combustibile e alle attività connesse e conseguenti, di cui alla l. 17 aprile 2003, n.83.


3. La l. 14.12.2003, n. 368, Il sito unico nazionale per lo stoccaggio.

Il d.l. 14.11.2003, n. 314, convertito con modificazioni in l. 14.12.2003, n. 368, nel tentativo di definire l'annosa e scottante questione dell'individuazione di un sito unico nazionale per lo stoccaggio definitivo dei residui radioattivi ha indicato in Scanzano Jonico il luogo geologicamente idoneo ad accogliere le scorie nucleari di II e II categoria.
La norma prevede che la sistemazione in sicurezza dei rifiuti radioattivi, come definiti dall' art. 4, d. lg. 230/1995, degli elementi di combustibile irraggiati e dei materiali nucleari, ivi inclusi quelli rinvenienti dalla disattivazione delle centrali elettronucleari e degli impianti di ricerca e di fabbricazione del combustibile, dismessi nel rispetto delle condizioni di sicurezza e di protezione della salute umana e dell'ambiente previste dal citato d. lg. 230/1995, è effettuata, garantendo la protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori nonché la tutela dell'ambiente dalle radiazioni ionizzanti, presso il Deposito nazionale, riservato ai soli rifiuti di III categoria, che costituisce opera di difesa militare di proprietà dello Stato. Il sito in relazione alle caratteristiche geomorfologiche del terreno e in relazione alle condizioni antropiche del territorio, è individuato, entra un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, dal Commissario straordinario di cui all'articolo 2, sentita la Commissione istituita ai sensi del medesimo articolo 2, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del d. lg. 28.8.1997, n. 281. Qualora l'intesa non sia raggiunta entro il termine di cui al periodo precedente, l'individuazione definitiva del sito è adottata con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.
L’individuazione del sito più idoneo (sulla base delle integrazioni apportate al decreto legge dai commi 98-105 della cd. legge Marzano, n. 239/2004) per la realizzazione del citato deposito è stata demandata ad un Commissario straordinario, previo parere di una apposita Commissione tecnico-scientifica istituita con compiti di valutazione e di alta vigilanza e previa intesa in sede di Conferenza unificata ed è stata fissata la data del 31 dicembre 2008 quale termine ultimo per la realizzazione (affidata alla SOGIN S.p.A.) del deposito stesso.
Lo stesso d.l. n. 314/2003, come integrato dai citati commi della cd. legge Marzano, inoltre, ha previsto una specifica procedura per la messa in sicurezza e lo stoccaggio provvisorio dei rifiuti radioattivi di I, II e III categoria, da parte della SOGIN S.p.A.( Società gestione impianti nucleari).
La citata Commissione non è tuttavia mai stata costituita. Con il d..m. 25 febbraio 2008 pubblicato nella G.U. 7 marzo 2008, n. 57, però, il Ministero dello sviluppo economico ha provveduto alla costituzione di un gruppo di lavoro per l'individuazione della tipologia, delle procedure e della metodologia di selezione dirette alla realizzazione, su un sito del territorio nazionale, di un centro di servizi tecnologici e di ricerca ad alto livello nel settore dei rifiuti radioattivi, comprendente un deposito nazionale centralizzato per l'allocazione definitiva dei rifiuti radioattivi di seconda categoria, e per l'immagazzinamento temporaneo di medio termine dei rifiuti radioattivi di terza categoria, del combustibile nucleare esaurito e delle materie nucleari ancora presenti in Italia, anche alla luce dell’accordo intergovernativo (ricordato nelle premesse del decreto) “firmato in data 24 novembre 2006, tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese e perfezionato in data 2 maggio 2007, per il riprocessamento del combustibile nucleare irraggiato depositato negli impianti nucleari italiani che prevede tra l'altro il rientro in Italia dei relativi rifiuti entro il 2025”.
La Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimi l'art. 1, 4 bis co., l. 24.12.2003 n. 368, nella parte in cui non prevede una forma di partecipazione della Regione interessata, nei sensi di cui in motivazione, al procedimento di validazione del sito, e l'art. 2, 1° co., lett. f), della predetta l. 24.12.2003 n. 368, nella parte in cui non prevede una forma di partecipazione della Regione interessata al procedimento di approvazione dei progetti.
Allorquando infatti, individuato il sito in cui collocare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, si debba provvedere alla sua "validazione", alla specifica localizzazione e alla realizzazione dell'impianto, l'interesse territoriale da prendere in considerazione e cui deve essere offerta, sul piano costituzionale, adeguata tutela, è quello della Regione nel cui territorio l'opera è destinata ad essere ubicata, sicché non è sufficiente il semplice coinvolgimento della conferenza unificata, il cui intervento non può sostituire quello, costituzionalmente necessario, della singola Regione interessata, sicché la disciplina recata dal d.l. impugnato - la quale prevede che alla "validazione" del sito provveda il Consiglio dei ministri, sulla base degli studi della commissione tecnico-scientifica, e sentiti i soli pareri di enti nazionali, ex art. 1, 4 bis co., l. 14.12.2003, n. 368, e che il commissario straordinario statale provvede, fra l'altro, anche in deroga alla normativa vigente, ad approvare i progetti, ex art. 2 comma 1 lett. f), - è carente, essendo necessario, al fine di ricondurre tali previsioni a conformità alla Costituzione, che siano previste forme di partecipazione al procedimento della Regione interessata, fermo restando che in caso di dissenso irrimediabile possono essere previsti meccanismi di deliberazione definitiva da parte di organi statali, con adeguate garanzie procedimentali [9].


4. Le leggi regionali che dichiarano denuclearizzato il loro territorio. La l. r. Sardegna 3 luglio 2003, n. 8.

 

La l. r. Sardegna 3.7.2003, n. 8, art. 1, sulla base dei principi costituzionali e delle competenze esclusive in materia di urbanistica ed ambiente attribuite dall'articolo 3, lettera f), dello Statuto Speciale, interpretate dall'articolo 58 del D.P.R. n. 348 del 1979 e dall'articolo 80 del D.P.R. n. 616 del 1977, nonché delle attribuzioni in via concorrente in materia di salute pubblica, protezione civile e governo del territorio di cui al terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione, dichiara il territorio regionale della Sardegna denuclearizzato e precluso al transito ed alla presenza, anche transitoria, di materiali nucleari non prodotti nel territorio regionale.
L’art. 2, procede alla nomina di una Commissione d'inchiesta con il compito di verificare e monitorare ogni eventuale presenza nell'Isola di materiali radioattivi nonché lo stato di avanzamento degli studi propedeutici alle localizzazioni di depositi provvisori o di stoccaggio o di smaltimento di materiali radioattivi nel territorio regionale.
La Regione, attraverso le proprie strutture preposte alla vigilanza ambientale e sanitaria, cura la rilevazione tecnica e strumentale di presenze nell'Isola di materiali nucleari e adotta le misure di prevenzione necessarie per impedire ogni contiguità con le popolazioni e le strutture civili insediate, nonché l'immissione di nuove ed ulteriori consistenze dei medesimi materiali, ex art. 3.
La l. r. Sardegna 8/2003, che  vietava l'ingresso e il deposito di detti rifiuti nei territori delle rispettive regioni sono state dichiarate costituzionalmente illegittime sostenendo che, se è vero quanto affermato nella sua precedente giurisprudenza in ordine al riparto di attribuzioni Stato/Regioni in tema di ambiente secondo il nuovo testo dell'art. 117 Cost. in relazione alla gestione dei rifiuti radioattivi l'intervento regionale non trova fondamento né nelle competenze regionali in tema di governo del territorio e neppure in quelle in tema di tutela della salute o di protezione civile.
La dichiarazione, contenuta nell'art. 1, che il territorio regionale della Sardegna è denuclearizzato e precluso al transito e alla presenza, anche transitoria, di materiali nucleari non prodotti nel territorio regionale, non trova fondamento in alcuna delle competenze attribuite alla Regione medesima dallo statuto speciale e dalla Costituzione: non in quella primaria in materia di "edilizia ed urbanistica" (art. 3 lett. f) dello statuto), che non comprende ogni disciplina di tutela ambientale, e deve comunque esercitarsi nei limiti statutari delle norme fondamentali di riforma economico-sociale e degli obblighi internazionali e comunitari.
La Corte rileva che, per quanto riguarda la disciplina ambientale, non solo le regioni ordinarie non hanno acquisito maggiori competenze, invocabili anche dalle regioni speciali, ma, al contrario, una competenza legislativa esclusiva in tema di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema è stata espressamente riconosciuta allo Stato, sia pure in termini che non escludono il concorso di normative delle regioni, fondate sulle rispettive competenze, al conseguimento di finalità di tutela ambientale; non nella competenza di cui all'art. 58 delle norme di attuazione dello statuto sardo di cui al d.p.r. n. 348 del 1979, che si limita a trasferire alla Regione le funzioni amministrative concernenti gli interventi per la protezione della natura, le riserve e i parchi naturali, e all'art. 80 d.p.r. n. 616 del 1977, che pur includendo la "protezione dell'ambiente" nell'ambito della disciplina dell'uso del territorio riconducibile alla materia "urbanistica" non ha fatto venir meno le competenze statali in materia specificamente ambientale; non nella competenza concorrente della Regione in materia di salute pubblica, protezione civile e governo del territorio, giacché, mentre questi ultimi due titoli di competenza non aggiungono nulla ai poteri della Regione in campo ambientale, in presenza della competenza statale di cui all'art. 117 comma 2 lett. s), cost.,  i poteri della Regione nel campo della tutela della salute non possono consentire interventi preclusivi suscettibili, come nella specie, di pregiudicare, insieme ad altri interessi di rilievo nazionale, il medesimo interesse della salute in un ambito territoriale più ampio, come avverrebbe in caso di impossibilità o difficoltà a provvedere correttamente allo smaltimento di rifiuti radioattivi.
La suddetta previsione contrasta poi con l'art. 120 comma 1 cost., in base al quale alle regioni, sia ad autonomia ordinaria sia ad autonomia speciale, è sempre interdetto adottare misure di ogni genere capaci di ostacolare in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le regioni, non potendo il problema dello smaltimento dei rifiuti pericolosi di origine industriale essere risolto sulla base di un criterio di "autosufficienza" delle singole regioni.
Del pari incostituzionali sono le altre disposizioni della legge regionale: l'art. 2, in quanto presuppone la possibilità per la Regione di decidere autonomamente sullo stoccaggio in Sardegna di rifiuti pericolosi prodotti fuori del territorio regionale; l'art. 3, in quanto si riferisce espressamente a misure dirette ad impedire "l'immissione di nuove ed ulteriori consistenze" di materiali nucleari nel medesimo territorio della Regione [10].


4.1. La l. r. Basilicata 21 novembre 2003, n. 31.


Le l. r. Basilicata 21 novembre 2003, n. 31 afferma che: Il territorio della Regione Basilicata è dichiarato denuclearizzato e precluso al transito ed alla presenza, anche transitoria, di materiali nucleari non prodotti nel territorio regionale. Tale preclusione non si applica ai materiali necessari per scopi sanitari e per la ricerca scientifica, art. 1 bis della l.r. 31 agosto 1995 n.59, mod. art. 1, l. r. Basilicata 21 novembre 2003, n. 31.
La Regione, attraverso le proprie strutture preposte alla vigilanza ambientale e sanitaria, ivi comprese l'ARPAB e le Aziende del Servizio Sanitario Regionale, cura la rilevazione tecnica e strumentale di presenze sul territorio regionale di materiale nucleare e adotta le misure di prevenzione necessarie ai fini di cui al precedente articolo 1, comma 1 bis., art. 4 bis della l.r. 31 agosto 1995 n.59, mod. art. 1, l. r. Basilicata 21 novembre 2003, n. 31.
La Corte costituzionale ha dichiarato che è costituzionalmente illegittima la l. reg. Basilicata 21 novembre 2003 n. 31. Poiché tale legge tende a disciplinare in modo preclusivo di ogni altro intervento la presenza e lo stesso transito, nel territorio regionale, di sostanze radioattive, fra cui i rifiuti radioattivi, è palese la invasione della competenza esclusiva attribuita allo Stato in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema dall'art. 117 comma 2 lett. s) cost., nonché la violazione del vincolo generale imposto alle regioni dall'art. 120 comma 1 cost., che vieta ogni misura atta a ostacolare la libera circolazione delle cose e delle persone fra le regioni, non potendo un siffatto intervento trovare giustificazione nella competenza della Regione in materia di tutela della salute perché la Regione non può in ogni caso adottare misure che pregiudichino, insieme ad altri interessi di rilievo nazionale, lo stesso interesse alla salute in un ambito più vasto, come accadrebbe se si ostacolasse la possibilità di smaltire correttamente i rifiuti radioattivi [11].


4.2. La l. r. Calabria 5 dicembre 2003, n. 26.


Le l. r. Calabria 5 dicembre 2003, n. 26, afferma che la Regione Calabria, sulla base dei principi costituzionali e delle competenze in materia di urbanistica ed ambiente, nonché delle attribuzioni in via concorrente in materia di salute pubblica, protezione civile e governo del territorio di cui al terzo comma dell'art. 117 della Costituzione, dichiara il territorio regionale della Calabria denuclearizzato e precluso al transito ed alla presenza, anche transitoria, di materiali nucleari non pro- dotti nel territorio regionale, ex art. 1, l. r. Calabria 5 dicembre 2003, n. 26.
La norma isitutisce una conferenza per la sicurezza ed un collegio referente.
La Regione Calabria, d'intesa con i Presidenti dei Consigli Regionali di Basilicata, Puglia, Campania e Sicilia, promuove la Conferenza per la sicurezza e la cooperazione del Sud tesa a rilanciare la denuclearizzazione di territori vocati all'agricoltura e al turismo individuando forme di collaborazione solidaristica tra le popolazioni interessate, ex art. 2, l. r. Calabria 5 dicembre 2003, n. 26.
È nominato, entro dieci giorni dall'entrata in vigore della presente legge, un Collegio Referente avente il compito di verificare e monitorare ogni eventuale presenza nella Regione di materiali radioattivi di provenienza esterna.
Il Collegio Referente è composto da 10 consiglieri regionali (cinque di maggioranza e cinque di minoranza) oltre al Presidente eletto dal Consiglio Regionale.
Successivamente, il Presidente della Regione, su parere vincolante del Consiglio regionale sugli esiti dell'inchiesta, espresso a maggioranza dei due terzi dei componenti assegnati, esprime la definitiva posizione della Regione sull'utilizzo ed il deposito nel territorio regionale di sostanze nucleari o di loro residui.
Il Consiglio Regionale promuove l'adozione di apposite norme che regolino i controlli e le azioni amministrative necessarie per l'effettiva denuclearizzazione del proprio territorio.
 Il Collegio Referente dura in carica dodici mesi dall'insediamento e può essere prorogato dal Consiglio Regionale, ex art. 3, l. r. Calabria 5 dicembre 2003, n. 26.
La Regione impegna le proprie strutture preposte alla vigilanza ambientale e sanitaria, alla cura della rilevazione di eventuale presenze di materiali nucleari nel territorio e adotta le misure di prevenzione necessarie per impedire ogni contiguità con le popolazioni e le strutture civili insediate prevenendo l'immissione di nuove consistenze dei medesimi materiali, ex art. 4, l. r. Calabria 5 dicembre 2003, n. 26.
La Corte costituzionale ha dichiarato che è costituzionalmente illegittima la l. r. Calabria 5 dicembre 2003 n. 26, per le ragioni esposte in riferimento alle leggi delle regioni Sardegna e Basilicata
E', in particolare, illegittima, la previsione, contenuta nell'art. 1, secondo cui la regione Calabria - sulla base dei principi costituzionali e delle competenze in materia di urbanistica ed ambiente, nonché delle attribuzioni in via concorrente in materia di salute pubblica, protezione civile e governo del territorio di cui al comma 3 dell'art. 117 della Costituzione - dichiara il territorio regionale della Calabria denuclearizzato e precluso al transito ed alla presenza, anche transitoria, di materiali nucleari non prodotti nel territorio regionale.
Sono del pari illegittime le previsioni contenute negli art. 2, 3 e 4, tutte inerenti alla denuclearizzazione e ai materiali nucleari, non trovano fondamento nelle competenze costituzionalmente attribuite alle regioni [12].


4.3. La l.r. Emilia Romagna 23.12.2004, n.26.


La l.r. Emilia Romagna 23.12.2004, n. 26, che disciplina la programmazione energetica territoriale, appare contraria pur non espressamente alla produzione di energia nucleare nel territorio della regione.
La norma dichiara che la Regione Emilia-Romagna, in armonia con gli indirizzi della politica energetica nazionale e dell'Unione europea, disciplina con la presente legge gli atti di programmazione e gli interventi operativi della Regione e degli enti locali in materia di energia, in conformità a quanto previsto dall'articolo 117, comma terzo, della Costituzione, al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile del sistema energetico regionale garantendo che vi sia una corrispondenza tra energia prodotta, il suo uso razionale e la capacità di carico del territorio e dell'ambiente.
La norma precisa una preclusione da parte della regione alle fonti di energia di derivazione dal nucleare.
Ai fini della legge regionale, si intendono per fonti rinnovabili di energia: l'energia solare, eolica, geotermica, idraulica, del moto ondoso, i gas di discarica, i gas residuati dai processi di depurazione, il biogas, le biomasse intese come parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani.
Ai fini della legge sono assimilate alle fonti di energia rinnovabili: l'idrogeno purché non di derivazione dal nucleare o da fonti fossili, l'energia recuperabile da impianti e sistemi, da processi produttivi, nonché l'energia prodotta da impianti di cogenerazione ad alto rendimento purché commisurati al pieno utilizzo dell'energia termica prodotta.
Le opere concernenti l'utilizzo delle fonti rinnovabili e assimilate sono dichiarate di pubblico interesse, art. 1, l.r. Emilia Romagna 23.12.2004, n. 26.
La norma è stata censurata presso la Corte costituzionale perché ritenute lesiva delle competenze statali.
La Corte però ha ritenuto che non è fondata la q.l.c. dell’art. 2, comma 1, lett. k), l. r. Emilia Romagna 23 dicembre 2004, n. 26, censurato, in riferimento all’art. 117 comma 3 cost., in quanto, nel richiamare gli indirizzi definiti dalla Giunta regionale ai sensi del comma 3, e cioè gli «indirizzi di sviluppo del sistema elettrico regionale volti a garantire, anche nel medio termine, il raggiungimento ed il mantenimento di condizioni di sicurezza, continuità ed economicità degli approvvigionamenti in quantità commisurata al fabbisogno interno», contrasterebbe con i principi fondamentali di cui all’art. 1, comma 3, l. 23 agosto 2004, n. 239, che attribuisce allo Stato la competenza a garantire sicurezza, flessibilità e continuità degli approvvigionamenti di energia, ossia proprio le finalità in vista delle quali la norma impugnata assegnerebbe la competenza alla Regione.
Il ricorrente, per la Corte, muove da una lettura della norma impugnata errata, ritenendo che essa, nel fare riferimento al fabbisogno regionale senza considerare quello nazionale, presupporrebbe che la rete regionale operi autonomamente, non tenendo conto del quadro nazionale, laddove la disposizione censurata richiama l’art. 1 comma 3, che prevede espressamente che la Giunta regionale, nel predisporre gli indirizzi, tenga conto dello sviluppo della rete nazionale [13].
La normativa fissa, inoltre, gli obblighi di servizio pubblico dei distributori di energia elettrica e gas naturale.
Gli operatori dei servizi energetici soggetti ad obblighi di incremento dell'efficienza energetica degli usi finali dell'energia e di valorizzazione delle fonti rinnovabili ai sensi dell'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo n. 79 del 1999 e dell'articolo 16, comma 4, del decreto legislativo n. 164 del 2000, formulano il piano annuale delle iniziative volte a conseguire il raggiungimento degli obiettivi specifici ad essi assegnati e lo trasmettono alla Regione e agli enti locali interessati entro il 31 maggio di ogni anno, allegando per gli interventi da realizzarsi nel territorio regionale l'elenco delle autorizzazioni richieste nonché, per gli interventi per i quali si chiede l'attivazione della procedura di cui al comma 2, la documentazione richiesta per il rilascio di autorizzazioni, pareri, assensi comunque denominati necessari per la realizzazione degli stessi.
La norma è stata censurata presso la Corte costituzionale perché ritenute lesiva delle competenze dell’Enel. La Corte costituzionale ha dichiarato che non è fondata la q.l.c. dell’art. 22 comma 4 l. reg. Emilia Romagna 23 dicembre 2004 n. 26, censurato, in riferimento all’art. 117 comma 2 lett. g) cost., laddove dispone che la Regione promuove intese con l’Autorità per l’energia elettrica ed il gas al fine di definire le modalità organizzative e procedimentali volte a coordinare le attività di rispettiva competenza.
La disposizione censurata non incide, infatti, sull’ordinamento e sull’organizzazione dell’Autorità per l’energia elettrica, limitandosi a contemplare un potere della Regione di sollecitare la conclusione di intese con tale Autorità [14].


4.4. Deposito nazionale per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi.

L’art. 24, d. lg. 15 febbraio 2010, n. 31, ripropone  le procedure per la localizzazione, la costruzione e l’esercizio del Deposito nazionale nell’ambito del Parco Tecnologico, destinato ad ospitare ed a smaltire a titolo definitivo i rifiuti radioattivi a basse e media attività ed all’immagazzinamento, a titolo provvisorio di lunga durata, dei rifiuti ad alta attività ed il combustibile irraggiato provenienti
dall’esercizio di impianti nucleari.
Le funzioni del Parco Tecnologico comprendono oltre la gestione di un sistema integrato di attività operative, di ricerca scientifica e di sviluppo tecnologico, di infrastrutture tecnologiche per lo svolgimento di attività connesse alla gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile irraggiato.
Fa parte del Parco un Centro di studi e sperimentazione nel quale confluiscono o tutte le attività di ricerca, di formazione e di sviluppo tecnologico connesse alla gestione dei rifiuti radioattivi e alla radioprotezione.
La Sogin S.p.A. realizza il Parco Tecnologico, ed in particolare il Deposito Nazionale e le strutture tecnologiche di supporto, con i fondi provenienti dal finanziamento delle attività di competenza. Sulla base di accordi tra il Governo, la Regione, gli enti locali interessati, nonché altre amministrazioni e soggetti privati, possono essere stabilite ulteriori e diverse fonti di finanziamento per la realizzazione del Centro di studi e sperimentazione.

4.5. La Sogin. Le funzioni.

La Società gestione impianti nucleari (SOGIN S.p.a) è stata incaricata a provvedere alla realizzazione del Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi.
Il deposito è stato dichiarato opera di pubblica utilità, dichiarata indifferibile ed urgente, che doveva essere completata entro e non oltre il 31 dicembre 2008, ex art. 1, l. 14.12.2003, n. 368.
Per la progettazione e la costruzione del Deposito nazionale, ivi incluse le procedure espropriative, sono previste procedure speciali di cui alla l. 21.12.2001, n. 443, e successive modificazioni, e al d. lg. 20.8.2002, n. 190.
Le infrastrutture tecnologiche per la gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi sono integrate da altre strutture finalizzate a servizi di alta tecnologia ed alla promozione dello sviluppo del territorio.
La validazione del sito, l'esproprio delle aree, la progettazione e la costruzione del Deposito nazionale e le attività di supporto sono finanziate dalla SOGIN Spa attraverso i prezzi o le tariffe di conferimento dei rifiuti radioattivi al Deposito nazionale. La gestione definitiva dello stesso è affidata in concessione.
La SOGIN non è però riuscita  a realizzare quanto previsto dalla 14.12.2003, n. 368 come evidenziato nel Cap.3.3.
L’art. 25, d. lg. 15 febbraio 2010, n. 31, riconferma la Sogin S.p.A come soggetto responsabile della disattivazione degli impianti a fine vita, del mantenimento in sicurezza degli stessi, nonché della realizzazione e dell'esercizio del Deposito nazionale e del Parco Tecnologico comprendente anche il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti radioattivi.
A tal fine la SOGIN gestisce le attività finalizzate alla localizzazione del sito per il Parco Tecnologico e cura le attività connesse al procedimento autorizzativo relativo alla sua realizzazione ed esercizio.
Lo svolgimento delle attività della SOGIN sono sottoposte al controllo ed alla vigilanza dell'Agenzia.



4.6. L’autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio del Parco Tecnologico.

La Sogin S.p.A., tenendo conto dei criteri indicati dall’Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA) e dall'Agenzia di cui all'articolo 29 della legge 23 luglio 2009, n. 99, e sulla base delle valutazioni derivanti dal procedimento di Valutazione Ambientale Strategica, definisce una proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee alla localizzazione del Parco Tecnologico, ex art. 26, d. lg. 15 febbraio 2010, n. 31.
La SOGIN definisce l’ordine di idoneità delle suddette aree sulla base di caratteristiche tecniche e socio-ambientali delle aree preliminarmente identificate, nonché un progetto preliminare di massima per la realizzazione del Parco stesso.
La norma fissa le modalità della pubblicità che deve accompagnare la proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee.
Il progetto preliminare di massima e la documentazione sono tempestivamente pubblicati sul sito Internet della Sogin SpA dando contestualmente avviso della pubblicazione almeno su cinque quotidiani a diffusione nazionale, affinché, nei sessanta giorni successivi alla pubblicazione, le Regioni, gli Enti locali, nonché i soggetti portatori di interessi qualificati, possano formulare osservazioni e proposte tecniche in forma scritta e non anonima, trasmettendole ad un indirizzo di posta elettronica della Sogin SpA appositamente indicato.
Le comunicazioni sui siti internet e sui quotidiani indicano le sedi ove possono essere consultati gli atti nella loro interezza, le modalità, i termini, la forma e gli indirizzi per la formulazione delle osservazioni o proposte.
La suddetta consultazione pubblica è svolta nel rispetto dei principi e delle previsioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241.


4.7. Il Seminario nazionale sul Parco Tecnologico. La definizione delle aree potenzialmente idonee.

Dopo la  pubblicazione del progetto, la Sogin S.p.A. promuove un Seminario nazionale, cui sono invitati, tra gli altri, oltre ai Ministeri interessati e l’Agenzia, le Regioni, le Province ed i Comuni sul cui territorio ricadono le aree interessate dalla proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee di cui al comma 1, nonché l'UPI, l'ANCI, le Associazioni degli Industriali delle Province interessate, le Associazioni sindacali maggiormente rappresentative sul territorio, le Università e gli Enti di ricerca presenti nei territori interessati, ex art. 26, d.lg.  d. lg. 15 febbraio 2010, n. 31.
Il seminario è un modo per realizzare l’acceso al procedimento di localizzazione del Deposito da parte dei soggetti interessati.
La Sogin SpA, sulla base delle osservazioni emerse a seguito della pubblicazione e del Seminario redige una versione aggiornata della proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, ordinate secondo i criteri sopra definiti, e la trasmette al Ministero dello sviluppo economico.
Il Ministro dello sviluppo economico acquisito il parere tecnico dell’Agenzia, con proprio decreto, di concerto con il Ministro dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare ed il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, approva la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee alla localizzazione del Parco tecnologico.


4.8. L’interesse delle regioni ad ospitare il Parco. Il potere sostitutivo.

La Sogin SpA invita le Regioni e gli enti locali delle aree potenzialmente idonee alla localizzazione del Parco Tecnologico a comunicare il loro interesse ad ospitare il Parco stesso e avvia trattative bilaterali finalizzate all’insediamento del Parco Tecnologico stesso, da formalizzare con uno specifico protocollo di accordo.
In caso di assenza di manifestazioni d’interesse, la Sogin SpA promuove trattative bilaterali con tutte le Regioni interessate.
In conclusione del procedimento, il Ministero dello sviluppo economico acquisisce l’intesa delle Regioni interessate, ex art. 26, d. lg. 15 febbraio 2010, n. 31.
In caso di mancata definizione dell’intesa si provvede alla costituzione di un Comitato interistituzionale, i cui componenti sono designati in modo da assicurare una composizione paritaria, rispettivamente, dal Ministero dello sviluppo economico, dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, da un lato, e dalla Regione, dall’altro.
Ove non si riesca a costituire il predetto Comitato interistituzionale, ovvero non si pervenga ancora alla definizione dell’intesa scatta il potere sostitutivo statale, ex art. 120 cost.
Il Presidente della Repubblica provvede all’intesa con decreto previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, integrato con la partecipazione del presidente della Regione interessata.
Il Ministro dello sviluppo economico trasmette la proposta di aree potenzialmente idonee sulle quali è stata espressa l’intesa regionale alla Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. In mancanza di intesa, anche in tal caso scatta il potere sostitutivo ed il Consiglio dei Ministri provvede con deliberazione motivata sulla base delle intese già raggiunte con le singole Regioni interessate da ciascun sito.
La Sogin SpA effettua le indagini tecniche nel rispetto delle modalità definite dall'Agenzia.
L'Agenzia esprime al Ministero dello sviluppo economico parere vincolante sulla idoneità del sito proposto e conseguentemente la Sogin SpA formula una proposta di localizzazione al Ministero dello sviluppo economico.
Il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti individua con proprio decreto il sito per la realizzazione del Parco Tecnologico e ne attribuisce la titolarità alla stessa Sogin S.p.A.
Con il medesimo decreto, la relativa area viene dichiarata di interesse strategico nazionale e soggetta a speciali forme di vigilanza e protezione e vengono definite le relative misure compensative.
La Sogin S.p.A. avvia una campagna di informazione nella Regione in cui è situato il sito prescelto per la realizzazione del Parco tecnologico approfondendo i temi della sicurezza, della tutela ambientale, delle ricadute socio-economiche e delle misure compensative previste connesse alla realizzazione del Parco Tecnologico.
La Sogin S.p.A. presenta istanza al Ministero dello sviluppo economico per il rilascio dell'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio del Deposito nazionale e di tutte le altre opere connesse comprese nel Parco Tecnologico, la cui istruttoria è svolta dall’Agenzia.
L’Agenzia, anche in base all’esito delle procedure di VIA, rilascia parere vincolante al Ministero dello sviluppo economico che indice una conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 con i Ministeri concertanti, la Regione e gli enti locali interessati.
In carenza di intesa scatta il potere sostitutivo ed il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, rilascia con proprio decreto l’autorizzazione unica.

4.9. Le misure compensative.

L’intesa con le regioni interessate alla localizzazione e comunque favorita dal riconoscimento di misure compensative che tendono a massimizzare le ricadute socio-economiche, occupazionali e culturali conseguenti alla realizzazione del Parco Tecnologico, ex art. 29, d. lg. 15 febbraio 2010, n. 31.
Lo Stato riconosce al territorio circostante il relativo sito un contributo di natura economica riferito ai rifiuti radioattivi rinvenienti dalle attività di smaltimento dei rifiuti radioattivi.
Il contributo è posto a carico della Sogin S.p.A. secondo criteri definiti con successivo decreto del Ministro dello Sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e la tutela del territorio e del mare, che tiene conto del volume complessivo e del contenuto di radioattività.


5. La legge per favorire lo sviluppo l. 23 luglio 2009, n.99. La localizzazione di impianti di produzione di energia elettrica nucleare.

L’art. 7 del D.L. n. 112/2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 133/2008 che detta disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria dà la possibilità di realizzare sul territorio nazionale impianti di produzione di energia nucleare.
La norma dispone che entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del  decreto, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, definisce la "Strategia energetica nazionale", che indica le priorità per il breve ed il lungo periodo e reca la determinazione delle misure necessarie per conseguire, anche attraverso meccanismi di mercato, i seguenti obiettivi:
a) diversificazione delle fonti di energia e delle aree geografiche di approvvigionamento;
b) miglioramento della competitività del sistema energetico nazionale e sviluppo delle infrastrutture nella prospettiva del mercato interno europeo;
c) promozione delle fonti rinnovabili di energia e dell'efficienza energetica;
d) realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare;
d-bis) promozione della ricerca sul nucleare di quarta generazione o da fusione;
e) incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo nel settore energetico e partecipazione ad accordi internazionali di cooperazione tecnologica;
f) sostenibilità ambientale nella produzione e negli usi dell'energia, anche ai fini della riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra;
g) garanzia di adeguati livelli di protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori.
La l. 23 luglio 2009, n. 99, art. 25 comma 1, delega, inoltre, il Governo ad adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi di riassetto normativo che hanno il compito di riformare la disciplina della localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare e di fabbricazione del combustibile nucleare[15].


5.1. Il ricorso alla Corte Costituzionale contro l’esautoramento degli enti locali a proposito della scelta dei siti.

Le regioni Calabria, Toscana, Liguria, Piemonte ed Emilia Romagna hanno impugnato la l. 99/2009, recante disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia, con la quale è stato votato il ritorno all’energia atomica.
L’articolo 25 della l. 99/2009 prevede la costruzione di impianti per la produzione di elettricità da energia nucleare e la realizzazione di strutture per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi. Secondo la norma tutte le opere sono soggette ad un’autorizzazione unica, rilasciata dal Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il ministro dell’ambiente e con il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, d’intesa con la Conferenza Unificata. Gli enti locali sono chiamati a pronunciarsi al termine di un procedimento al quale partecipano le Amministrazioni interessate. Non sono però previsti accordi vincolanti tra Governo e territorio. L’Esecutivo può inoltre sostituirsi a Regione ed enti locali in caso di loro disaccordo sulla localizzazione scelta per gli impianti.
Secondo gli enti locali la disposizione, escludendo le Regioni dal processo decisionale su localizzazione degli impianti, smaltimento delle scorie radioattive e smantellamento delle strutture non più in attività, infrange non solo il Titolo V della Costituzione, che prevede poteri concorrenti in materia di governo del territorio, ma anche il principio di leale collaborazione.
L’intesa con gli enti locali, lamentano le Regioni, è prevista solo per la costruzione e l’esercizio degli impianti. Al contrario la Conferenza Unificata non può pronunciarsi sulla localizzazione dei siti, che vengono equiparati ad aree militarizzate gestite da privati [16].
Successivamente anche la Basilicata ha deciso di ricorrere davanti alla Corte Costituzionale denunciando la contrarietà della disposizione all’articolo 117 della Costituzione, che stabilisce la potestà normativa delle Regioni in materia di uso del territorio e localizzazione degli impianti produttivi. Nello stesso tempo le intese tra Stato e Regioni costituiscono condizione minima e imprescindibile per la legittimità costituzionale della legge statale.
Il ricorso alla Corte Costituzionale è giustificato anche dalla contrarietà della legge al Piano di indirizzo Energetico Ambientale della Basilicata, che al nucleare preferisce la diffusione delle fonti energetiche rinnovabili.
La dottrina comunque sottolinea che giurisprudenza costituzionale, a partire dalla sentenza 303/2003 relativa alla cosiddetta legge obiettivo, ha dato una interpretazione dinamica della competenza concorrente e ha abbandonato l'idea di un riparto di competenze cristallizzato in senso verticale.
Essa ha definito un sistema di relazioni costruito sulle cosiddette “intese” tra stato e regioni e sul principio della “leale collaborazione”. Inoltre, come si è espressa la Corte Costituzionale nella sentenza 6/2004 relativa al d.l. 7/2002 - il cd decreto sblocca centrali, conv. in l. 55/2002 “Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale” - è indispensabile una ricostruzione che tenga conto dell'esercizio del potere legislativo di allocazione delle funzioni amministrative secondo i principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. Di conseguenza il livello nazionale acquisisce la competenza a ridefinire in modo unitario i procedimenti di modifica o ripotenziamento dei maggiori impianti di produzione di energia elettrica [17].



6. Le modalità di adozione ex articolo 20 della legge n. 59 del 1997.

La l. 23.7.2009, n. 99, art. 25 comma 1, prevede, poi, che i decreti legislativi devono essere adottati secondo le modalità e nel rispetto dei criteri di cui all’articolo 20 della l. n. 59 del 1997.
L’articolo 20 della l. 15.3.1997, n. 59, disciplina le procedure per l’emanazione della legge annuale di semplificazione, nonché dei decreti legislativi e regolamenti adottati in attuazione di essa.
Il comma 5 dell’articolo 20 della l. 15.3.1997, n. 59, dispone che essi siano emanati su proposta del Ministro competente, di concerto con il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per la funzione pubblica, con i Ministri interessati e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata successivamente, dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti, che sono resi entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento della richiesta.
Quanto ai principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega che è amplia ed articolata, il comma 3, dell’articolo 20 della l. 15.3.1997, n. 59, dispone che i decreti legislativi devono prevedere:
a) la definizione del riassetto normativo e codificazione della normativa primaria regolante la materia, previa acquisizione del parere del Consiglio di Stato, reso nel termine di novanta giorni dal ricevimento della richiesta, con determinazione dei princìpi fondamentali nelle materie di legislazione concorrente;
a-bis) il coordinamento formale e sostanziale del testo delle disposizioni vigenti, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo ;
b) l’indicazione esplicita delle norme abrogate, fatta salva l'applicazione dell'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile;
c) l’indicazione dei principi generali, in particolare per quanto attiene alla informazione, alla partecipazione, al contraddittorio, alla trasparenza e pubblicità che regolano i procedimenti amministrativi, nell'ambito dei principi stabiliti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni;
d) l’eliminazione degli interventi amministrativi autorizzatori e delle misure di condizionamento della libertà contrattuale, ove non vi contrastino gli interessi pubblici alla difesa nazionale, all'ordine e alla sicurezza pubblica, all'amministrazione della giustizia, alla regolazione dei mercati e alla tutela della concorrenza, alla salvaguardia del patrimonio culturale e dell'ambiente, all'ordinato assetto del territorio, alla tutela dell'igiene
e della salute pubblica;
e) la sostituzione degli atti di autorizzazione, licenza, concessione, nulla osta, permesso e di consenso comunque denominati che non implichino esercizio di discrezionalità amministrativa e il cui rilascio dipenda dall'accertamento dei requisiti e presupposti di legge,con una denuncia di inizio di attività da presentare
da parte dell'interessato all'amministrazione competente corredata dalle attestazioni e dalle certificazioni eventualmente richieste;
f) la determinazione dei casi in cui le domande di rilascio di un atto di consenso, comunque denominato, che non implichi esercizio di discrezionalità amministrativa, corredate dalla documentazione e dalle certificazioni relative alle caratteristiche tecniche o produttive dell'attività da svolgere, eventualmente richieste, si considerano accolte qualora non venga comunicato apposito provvedimento di diniego entro il termine fissato per categorie di atti in relazione alla complessità del procedimento, con esclusione, in ogni caso, dell'equivalenza tra silenzio e diniego o rifiuto;
g) la revisione e riduzione delle funzioni amministrative non direttamente rivolte:
1. alla regolazione ai fini dell'incentivazione della concorrenza;
2. alla eliminazione delle rendite e dei diritti di esclusività, anche alla luce della normativa comunitaria;
3. alla eliminazione dei limiti all'accesso e all'esercizio delle attività economiche e lavorative;
4. alla protezione di interessi primari, costituzionalmente rilevanti, per la realizzazione della solidarietà sociale;
5. alla tutela dell'identità e della qualità della produzione tipica e tradizionale e della professionalità;
h) la promozione degli interventi di autoregolazione per standard qualitativi e delle certificazioni di conformità da parte delle categorie produttive, sotto la vigilanza pubblica o di organismi indipendenti, anche privati, che accertino e garantiscano la qualità delle fasi delle attività economiche e professionali, nonché dei processi
produttivi e dei prodotti o dei servizi;
i) per le ipotesi per le quali sono soppressi i poteri amministrativi autorizzatori o ridotte le funzioni pubbliche condizionanti l'esercizio delle attività private, la previsione dell'autoconformazione degli interessati a modelli di regolazione, nonché di adeguati strumenti di verifica e controllo successivi. I modelli di regolazione vengono definiti dalle amministrazioni competenti in relazione all'incentivazione della concorrenzialità, alla riduzione dei costi privati per il rispetto dei parametri di pubblico interesse, alla flessibilità dell'adeguamento dei parametri stessi alle esigenze manifestatesi nel settore regolato;
l) l’attribuzione delle funzioni amministrative ai comuni, salvo il conferimento di funzioni a province, città metropolitane, regioni e Stato al fine di assicurarne l'esercizio unitario in base ai princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza; determinazione dei princìpi fondamentali di attribuzione delle funzioni secondo gli stessi criteri da parte delle regioni nelle materie di competenza legislativa concorrente;
m) la definizione dei criteri di adeguamento dell'organizzazione amministrativa alle modalità di esercizio delle funzioni di cui al presente comma;
n) l’indicazione esplicita dell'autorità competente a ricevere il rapporto relativo alle sanzioni amministrative, ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
I decreti legislativi di cui al comma in esame sono adottati su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata, e successivamente delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario. I pareri delle Commissioni parlamentari sono espressi entro sessanta giorni dalla data di trasmissione degli schemi medesimi. Con i decreti di cui al comma 1 in commento sono, altresì, stabilite le procedure autorizzative e i requisiti soggettivi per lo svolgimento delle attività di costruzione, di esercizio e di disattivazione degli impianti.


7. La legislazione regionale che preclude l’installazione di impianti di produzione di energia elettrica nucleare. L. R. Puglia 4 dicembre 2009, n. 30. L. R. Campania 21 gennaio 2010, n. 2. L. R. Basilicata 13 gennaio 2010, n. 1.

 

Nelle more della definitiva approvazione del d. lg. 31/2010, alcune regioni hanno approvato norme che precludono l’installazione di impianti di produzione di energia elettrica nucleare nel territorio regionale.
 La L. R. Puglia 4 dicembre 2009, n. 30, art. 1, riafferma la sua piena autonomia in materia energetica.

Essa ritiene di essere l’unica autorità legittimata a promuovere nel territorio regionale lo sviluppo sostenibile del sistema energetico garantendo che vi sia una corrispondenza tra energia prodotta, il suo uso razionale e la capacità di carico del territorio e dell’ambiente.

Non solo si parla di produzione di energia, come nel testo costituzionale, ma anche dell’uso dell’energia. Una sovrapproduzione di energia o un uso indiscriminato dell’energia - come lo sperpero dell’energia o la mancata certificazione energetica di un uso corretto dell’energia per impianti industriali o anche residenziali - può essere disciplinato dalla regione a tutela dello sviluppo del territorio. Fatte dette premesse la norma afferma che il territorio della Regione Puglia è precluso all’installazione di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di fabbricazione del combustibile nucleare, di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi e di depositi di materiali e rifiuti radioattivi. La norma è possibilista solo nel consentire la libera circolazione dell’energia ribadendo la volontà di non porre vincoli e ostacoli al passaggio di elettrodotti nel territorio regionale.

La L. R. Campania 21 gennaio 2010, n. 2, art. 1, ripropone la necessità di intese preventive con lo Stato in merito alla loro localizzazione, il territorio della regione Campania.

Il metodo affermato dallo schema del d.lg. - che sostanzialmente delega la localizzazione all’operatore – è ritenuto preclusivo all’installazione di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di fabbricazione e di stoccaggio del combustibile nucleare nonché di depositi di materiali radioattivi.
La regione Campania, parimenti, punta a disciplinare l’uso dell’energia cominciando da quella utilizzata per usi pubblici.
A tal fine la regione si pone l’obiettivo di predisporre un programma di interventi al fine di migliorare, con riferimento agli impianti di pubblica illuminazione, l’efficienza energetica, la sicurezza pubblica e la salvaguardia dell’ambiente attraverso un bando che ha come obiettivo l’efficienza energetica e come destinatari i comuni della regione.
La L. R. Basilicata 13 gennaio 2010, n. 1, che approva il Piano di indirizzo energetico ambientale regionale, stabilisce che in considerazione delle caratteristiche del territorio regionale, della vocazione economica e dello sviluppo delle risorse energetiche da esse ricavabili, l'ipotesi di produrre o impiegare l'energia nucleare non è compresa nelle ipotesi di sviluppo del sistema energetico della Regione [18].
Nel provvedimento di legge è specificato anche che non è ritenuta possibile l'ipotesi che alcuna parte del territorio regionale possa ospitare un deposito di scorie nucleari anche superficiale, che accolga rifiuti nucleari provenienti da un'altra parte di Italia o del mondo.
La Regione riafferma la volontà di voler sviluppare e valorizzare le risorse del territorio per raggiungere lo sviluppo sostenibile della regione Basilicata.
L'ipotesi nucleare non è considerata tra le scelte di generazione energetica possibili. Il rifiuto è categorico diversamente dalla regione Campania che sembra ammettere delle intese con lo stato.



[1]   Brambilla P., La normativa comunitaria, nazionale e regionale relativa alla protezione dell'ambiente dalle radiazioni ionizzanti, in Riv. giur. Ambiente, 2006, 5, 591.
[2]   Mammarella P., Nucleare, i siti a rischio dopo l’accordo Italia – Usa. Incoraggiata la ricerca e le opportunità commerciali, primo megawatt atteso per il 2018. Regioni sul piede di guerra. 5.10.2009, in WWW. edilportale.it
[3]       Grillo C.M., Ubicazione di centrali nucleari: meccanismi decisori e conflitti tra Stato ed enti locali, in Riv. Giur. Edilizia, II, 1986, 270.
[4]      T.A.R. Lazio, sez. III, 21.7.1987, n. 1297, in Riv. Giur. Enel, 1988, 545.
[5]   Corte cost., 13.2.1981, n. 31, GC, 1981, I, 198.
[7]    La giurisprudenza ha affermato che: L'Autorità per l'energia elettrica e per il gas ha il potere di modificare ed abrogare i provvedimenti già adottati dal Comitato interministeriale prezzi in ordine ai criteri per il rimborso degli oneri connessi alla sospensione ed all'interruzione dei lavori per la realizzazione di centrali nucleari. T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 31 maggio 1999, n. 1939.
[8]  Deliberazione dell'autorità per l’Energia Elettrica e il Gas 26 giugno 1997, n. 70/1997  Razionalizzazione ed inglobamento nella tariffa elettrica dei sovrapprezzi non destinati alle entrate dello Stato. Art 1.  Sono inglobati nella tariffa: a) il sovrapprezzo termico ordinario; b) l'aliquota di recupero dell'imposta di fabbricazione sugli oli combustibili impiegati per generare direttamente o indirettamente energia elettrica; c) l'aliquota aggiuntiva provvisoria di sovrapprezzo per il ripianamento del conto per l'onere termico relativo agli anni 1994, 1995 e 1996; d) la maggiorazione straordinaria di cui all'art. 33, l. 9/1991, per la parte relativa alla reintegrazione degli oneri derivanti dalla sospensione e interruzione dei lavori per la realizzazione di centrali nucleari; e) il sovrapprezzo nuovi impianti di cui al titolo VI, del provvedimento CIP n. 6/1992, relativo alla nuova energia elettrica prodotta con fonti rinnovabili e assimilate.
[9]   Corte cost., 29.1.2005, n. 62, Foro Amm. CDS, 2005, 1, 38.
[10]   Corte cost., 29 gennaio 2005, n. 62, in Riv. giur. edilizia 2005, 384.
[11]   Corte cost., 29 gennaio 2005, n. 62, op. cit. 2005, 386.
[12]   Corte cost., 29 gennaio 2005, n. 62, op. cit. 2005, 388.
[13]   Corte cost., 28 giugno 2006, n. 246, in Giur. cost. 2006, 3.
[14]   Corte cost., 28 giugno 2006, n. 246, in Giur. cost. 2006, 6
[15]   Mammarella P. L’Italia torna all’energia nucleare. Sardegna, Puglia e Piemonte le regioni in cui sorgeranno probabilmente gli impianti di produzione e stoccaggio, 14.5.2009, in WWW. edilportale.it . La stampa ha annunciato il via libera al nucleare in Italia dopo la pronuncia positiva alla Camera dei Deputati. Il Senato ha proseguito senza ostacoli nella discussione del ddl 1195, collegato alla manovra finanziaria e recante disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia.
       “Ddl Sviluppo”: l’Italia dopo 22 anni torna nel nucleare. Questa la novità più rilevante di una legge che ha impiegato quasi dieci mesi per completare il suo percorso, ha passato quattro “letture” parlamentari, ha attraversato 60 sedute in commissione e altrettante in aula tra Camera e Senato, ha affrontato l’esame di oltre 2.800 emendamenti, Torna il nucleare in Italia. Che smantella le vecchie centrali.  in blog.panorama.it
[16]   Mammarella P. Nucleare: impugnata la legge, Regioni: è incostituzionale. Calabria, Toscana, Emilia Romagna, Liguria e Piemonte accolgono l’appello ambientalista, 23.09.2009, in WWW. edilportale.it
[17]   Ammannati L  Spina E. L, Il “ritorno” al nucleare. Il contesto regolatorio e l’ Agenzia per la Sicurezza Nucleare, in Amministrare, 2009, fasc. 2,  235.
[18]   Nel novembre del 2003 la decisione del Governo di realizzare a Scanzano Jonico (Matera) il deposito nazionale delle scorie nucleari provocò una protesta popolare. Basilicata legge n. 1 anno 2010, in www. tiscali.notizie.it.

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