venerdì 26 ottobre 2012

Domanda di assegnazione di Alloggi di edilizia residenziale pubblica senza firma. Effetti.


Buonasera,
navigando in internet alla ricerca di una spiegazione ad un dubbio che mi tormenta dal mese di maggio c.a. ho trovato il suo indirizzo di posta elettronica.
Spero mi possa aiutare.
Sono lavoratore part-time al 50%  di una cooperativa addetta  alla raccolta dei rifiuti ,con moglie e tre figli a carico.
Il bando di concorso comprensoriale alloggi di edilizia residenziale pubblica è indetto dal Comune di       con scadenza 30 aprile 2011.
Al Comune vengono assegnati  15 alloggi.
Le domande, fatte in periodo elettorale (agli atti esiste lettera del Sindaco di Vallo  al Comune di . di mancata pubblicità e richiesta di riapertura termini), sono state 13.
Il Comune di. esaminate le domande (in commissione nessun rappresentante del Comune di Vallo)  predispone la scheda per ogni concorrente ed invia tutto  alla Commissione assegnazione alloggi della Provincia di .
La Commissione di stipula la graduatoria provvisoria e sette persone dei tredici vengono escluse, di cui io che ho dimenticato di sottoscrivere la domanda (ho accluso fotocopia del documento di identità).
Ho fatto ricorso, anzi lo hanno fatto tutti, ma io tramite legale ma non è valso a niente se non solo spese.
Alla pubblicazione della graduatoria definitiva, sei concorrenti venivano inclusi anche se non avevano risposto ad alcuni punti della domanda mentre io, che avevo risposto a tutto e nonostante il ricorso legale sono stato l’unico ad essere escluso. Non posso pensarci escluso per aver dimenticato di apporre una firma.
Adesso non mi resta che ricorrere  al TAR e affrontare altre spese e sempre con la speranza che il Giudice di turno capisca la mia situazione familiare, anche se non ha nulla a che vedere con la legge.
Le chiedo se la mia speranza avrà un buon fine o se non c’è niente da fare e di cercare di non pensarci più.
La ringrazio
[francodonato@hotmail.it]

Domanda di assegnazione di Alloggi di edilizia residenziale pubblica senza firma. Effetti

La domanda di assegnazione di Alloggi di edilizia residenziale pubblica senza firma comporta la sua nullità
Il documento redatto da un aparte e inviato alla amministrazione inevitabilmente è da dichiararsi nullo.
La giurisprudenza specifica sul punto non c’è ma tutte le sentenze che valutano casi analoghi sono concordi
È legittima l'esclusione da una gara pubblica di un'impresa che abbia prodotto una dichiarazione con firma non autenticata relativa all' assenza di procedure di fallimento, essendo almeno necessaria, ai sensi dell'art. 2, comma 11, l. 16 giugno 1998 n. 191, l'autenticazione in forma semplificata, e cioè la sottoscrizione in presenza del dipendente addetto o l'invio della fotocopia del documento di riconoscimento. T.A.R.  Napoli  Campania  sez. I,:  09 agosto 2000,  n. 3262

La mancanza di un interesse giuridico idoneo a supportare la richiesta di accesso e la mancanza di sottoscrizione dell'istanza da parte dell'interessato, essendo non idonea la sola sottoscrizione del legale, rispettano l'obbligo motivazionale di un diniego di accesso, giacché la l. n. 241 del 1990 garantisce il diritto medesimo esclusivamente a chi possa vantare "un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso". T.A.R.  Firenze  Toscana  sez. I,  15 luglio 2009,:  n. 1282

La norma che disciplina l'autenticazione delle firme posta dall'art. 21 d.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445 testualmente dispone che: "l'autenticazione deve essere redatta di seguito alla sottoscrizione e consiste nell'attestazione da parte del pubblico ufficiale che la sottoscrizione stessa è stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell'identità della persona che sottoscrive"; ne deriva che la indicazione delle modalità di identificazione costituisce una parte essenziale della autenticazione delle firme, autenticazione che per poter produrre i suoi speciali effetti probatori deve precisare come l'identificazione è avvenuta per esibizione di un documento di riconoscimento o per conoscenza personale. Non può quindi ammettersi, in un procedimento rigorosamente formale e caratterizzato da tempi ristretti, la carenza della indicazione delle modalità attraverso le quali è stata effettuata l'identificazione dei sottoscrittori di una lista elettorale, con l'effetto che non esiste autenticazione di una firma se la stessa non risulta apposta in presenza dell'ufficiale autenticante previo accertamento della identità di chi sottoscrive mentre l'attestazione dell'ufficiale autenticante deve riguardare entrambe le due circostanze di fatto. Né possono assumere rilievo mere presunzioni di conoscenza dei sottoscrittori da parte dell'ufficiale che provvede all'autentica, presunzioni che non possono sostituire gli elementi cui la legge subordina il riconoscimento della fede privilegiata; a maggior ragione, non si può consentire la integrazione di elementi che, per essere essenziali, non possono essere integrati o sostituiti. Consiglio Stato  sez. V, 24 agosto 2010,  n. 5924

In tema di gare di appalto, l'accertata omissione dell'allegazione ad una istanza della copia fotostatica, sia pure non autenticata, del documento di identità dell'interessato, di cui al combinato disposto degli artt. 21, comma 1, e 38, commi 2 e 3, d.P.R. n. 445 del 2000, non può essere sanata con la successiva regolarizzazione della carenza così riscontrata, in quanto la mancata allegazione del documento di identità non costituisce un'irregolarità sanabile con la produzione postuma, ma integra gli estremi di una palese ed insanabile violazione della disciplina regolatrice della gara: in tal senso deve essere interpretato anche il bando di gara, indipendentemente dall'espressa previsione dell'esclusione per inosservanza della prescrizione così imposta (nella fattispecie tutte le dichiarazioni richieste dal bando erano state rese e firmate dall'amministratore delegato della società concorrente senza che la firma fosse stata preventivamente autenticata o, in alternativa, fosse stata allegata fotocopia del documento di identità, così come prescritto dal d.P.R. n. 445 del 2000). T.A.R.  Venezia  Veneto  sez. I, 23 maggio 2008, n. 1568.

lunedì 22 ottobre 2012

Permesso costruire. Silenzio assenso. Tutela terzi. Annullamento p.a.


Permesso costruire. Silenzio assenso. Tutela terzi. Annullamento p.a.

Il permesso di costruire è adottato dal dirigente o dal responsabile dell'ufficio, entro il termine di trenta giorni dalla proposta oppure entro quaranta giorni dalla stessa qualora il dirigente o il responsabile del procedimento abbia comunicato all'istante i motivi che ostano all'accoglimento della domanda, ai sensi dell'art. 10-bis della l. 7 8. 1990, n. 241.
E’ confermato dall’art. 13, d.l. 2012, n. 83 , conv. l. 7.8.2012, n. 134, mod. art. 20, d.p.r. 380/2001, che i termini per il rilascio del provvedimento sono tassativi. ».  N. Centofanti, P. Centofanti e M. Favagrossa, Diritto urbanistico, 2012, 625.
I termini per il rilascio del provvedimento  sono raddoppiati per i Comuni con più di 100.000 abitanti, nonché per i progetti particolarmente complessi secondo la motivata risoluzione del responsabile del procedimento.
Decorso inutilmente il termine si forma il silenzio  assenso.
La dottrina  sottolinea che il silenzio assenso non può aver altro significato che quello di una misura di semplificazione tesa ad evitare che gli effetti impeditivi riconducibili alla mancata emanazione del provvedimento abilitativo vengano a gravare sul richiedente nelle situazioni di patologica inerzia dell’amministrazione.
La procedura è stata ulteriormente semplificata dal d.l. 17.10.2012 che elimina il silenzio rifiuto nei casi in cui siano presenti vincoli ambientali, paesaggistici o culturali.
Non è più tollerata l’inerzia delle Amministrazioni, che devono sempre giungere a un provvedimento espresso. 
Il testo prevede che, una volta decorso il termine di quarantacinque giorni per la pronuncia da parte del soprintendente sull’autorizzazione paesaggistica, l’amministrazione competente abbia l’obbligo di provvedere sulla domanda di autorizzazione.
C’è da chiedersi se il richiedente è tutelato da tutta questa semplificazione.
Nei casi di silenzio significativo, ossia quelli in cui la norma attribuisce al comportamento inerte dell'Amministrazione protratto per un certo termine il valore legalmente tipico di assenso o di rigetto della domanda è l'autorità della legge che sostituisce al comportamento silente un provvedimento .
Tale provvedimento soggiace al regime di impugnazione in quanto il rischio di ricorsi di terzi che si sentano lesi dal comportamento assentivo e che possono chiederne l’annullamento pere carenza dei requisiti di legge è sempre presente
L’autotutela della p.a. consente, inoltre, l’esercizio dei poteri di ritiro in autotutela comuni a tutti gli atti amministrativi. Consiglio di Stato comm. spec., 17/01/2001, n. 1242.
L’unica tutela effettiva non è contemplata.
Il danno automatico per il ritardo e l’azione per danni nei confronti del funzionario responsabile del procedimento sono rimaste nella penna del legislatore.

Segnalazione certificata di inizio attività. Tutela del terzo. Sollecitare l'esercizio del potere sanzionatorio.


Segnalazione certificata di inizio attività. Tutela del terzo. Sollecitare l'esercizio del potere sanzionatorio.


L’art. 19, comma 6-ter, della L. 7 agosto 1990, n. 241, mod. dall’art. 6, comma 1, lett. c), D.L.vo 138/2011, modifica l’interpretazione giurisprudenziale, disponendo che la segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività si riferiscono ad attività liberalizzate.
Esse non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Gli interessati possono sollecitare l'esercizio delle verifiche spettanti all'amministrazione e, in caso di inerzia, esperire l'azione di cui all'art. 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104».  N. Centofanti, P. Centofanti e M. Favagrossa, Diritto urbanistico, 2012, 754.
La giurisprudenza ha precisato che  dopo la presentazione al Comune di una DIA  ed il consolidamento di questa con il decorrere dei termini di legge, il terzo agisca dinanzi al g.a. chiedendo l'annullamento del silenzio e l'emanazione di una pronuncia di condanna del Comune all'adozione del provvedimento inibitorio all'esecuzione dei lavori di cui alla DIA, il ricorso è inammissibile: visto l'art. 19 comma 6 ter, l. n. 241 del 1990, introdotto dal d.l. 13 agosto 2011 n. 138, conv. dalla l. 14 settembre 2011 n. 148(il quale prevede che « in caso di inerzia, esperire esclusivamente l'azione di cui all'art. 31 commi 1, 2 e 3, d.lg. 2 luglio 2010 n. 104 »), il soggetto che si oppone all'intervento è legittimato a presentare un'istanza all'Amministrazione affinchè, quest'ultima, ponga in essere i provvedimenti sanzionatori e di autotutela previsti dalla normativa vigente; in presenza di un'eventuale inerzia, e della successiva attivazione della procedura del silenzio, il terzo, presumibilmente leso, non potrà chiedere al giudice il riesercizio del potere inibitorio (potere esauritosi a seguito del decorso del termine di legge), ma potrà sollecitare l'esercizio del generale potere sanzionatorio proprio della P.A a reprimere l'abuso perpetratosi; pertanto, è evidente l'inammissibilità del ricorso in s.g. che, in quanto tale, non appaia, in nessuna parte di esso, strutturato utilizzando lo strumento dell'impugnativa del silenzio ai sensi di quanto previsto dall'art. 31 del codice del processo, non essendovi, infatti, traccia alcuna della presentazione di un'istanza all'Amministrazione affinchè quest'ultima eserciti i poteri di vigilanza ed eventualmente di autotutela. Nella specie si tratta della realizzazione di un parcheggio esterno in un terreno. T.A.R. Veneto Venezia, sez. II, 12/04/2012, n. 519.

domenica 21 ottobre 2012

Riforma del Catasto. Mercato immobiliare


La Camera ha dato il via libera alla Riforma del Catasto: gli immobili saranno valutati in base alla superficie e l'Imu sarà allineata al valore di mercato.
Il colpo di grazie alle imprese edili ed al mercato immobiliare.
E’ facile prevedere una ulteriore desertificazione dei piccoli comuni dove nessuno acquisterà più nulla visto che l'investimento è in perdita.
Una rovina per chi ha creduto nel mattone che sarà spinto verso il mercato dei prodotti finanziari che buona prova hanno dato ai risparmiatori facendo guadagnare moltissimo.
Chi ha immobili non a reddito se non ha altri redditi sarà costretto a vendere al ribasso per pagare tasse e manutenzioni.
Il rendimento immobiliare soprattutto su immobili destinati ad abitazione  non paga più!


giovedì 18 ottobre 2012

Balle spaziali. Concorso abilitazione nazionale università.



Balle spaziali. Concorso abilitazione nazionale università.Continuano le iniziative per dare lavoro ai giovani.
Il concorso abilitazione nazionale università dà l’opportunità ai giovani di presentare domanda.
Ad un costo ridottissimo poiché si tratta di domande on line?
Si ma le pubblicazioni devono essere inviate  a mezzo pdf e l’editore vuole dai 20 ai 30 euro a elaborato.
Per ottenere cosa se tutti sanno che all'Università si accede per chiamata e non per titoli?
Un leggero prelievo a vantaggio dell’editore?
Un diploma da appendere come trofeo?
Sorgono perplessità, inoltre, sul modo di valutare i punteggi .
Gli articoli verrebbero valutati in relazione alla rivista su cui si scrive e non al valore del loro contenuto.
Quindi, dopo avere speso tempo e denaro, un bel ricorso al giudice amministrativo azzererebbe tutto!
Per fortuna che al Ministero abbiamo eccellenti pensatori in fatto di selezione dei migliori futuri professori universitari, come l'esperienza ci ha dimostrato.

lunedì 15 ottobre 2012

Diritto amministrativo paritario.

Una delle principali battaglie condotta dagli studiosi di diritto amministrativo
Benvenuti, Giannini, Sandulli, Landi, Potenza, Gallo, Cassese, è quella di cercare di ottenere l'attuazione del  principio di parità fra amministrazione e privato.
La battaglia trova completamento con la legge sull'accesso al procedimento che da all'amministrazione regole nuove rispettose della parte privata basate sul principio della semplificazione del procedimento
Ora questa legge viene fatta a pezzi da tante piccole norme che svuotano di fatto gli uffici pubblici di poteri che vengono affidate a terzi cui l'amministrazione delega importanti funzioni, ma essendo privati paradossalmente non sono più soggetti alle regole del procedimento amministrativo.
Il cittadino, inoltre, è vessato da una miriade di norme, innanzitutto prolisse , che lo rendono succubo di un confuso potere amministrativo
Oggi le norme sono particolari e concrete tanto è vero che i vari emendamenti che le hanno introdotte prendono il nome del soggetto cui si riferiscono.
Le norme sono  confuse, scritte male valgono solo per richiedere a chi le ha scritte interpretazioni e pareri che trovano riscontro a seconda dell'importanza del richiedente.
Per  semplificare i funzionari migliori, quelli scelti direttamente dal politico di riferimento completano l'opera attribuendo a soggetti esterni dell'amministrazione incarichi particolarmente complessi che naturalmente gli uffici non sono più in grado di espletare.
A tal punto il cittadino cosa deve fare?
lavorare per farsi spogliare dal fisco?
 lavorare per incorrere nei rigori delle norme.
Massacrati i piccoli operatori per fortuna che ci pensano i grandi gruppi i grandi concessionari che poi chiedono il conto ad una politica che aspetta solo di dare aiuti e finanziamenti ai potenti per legittimarsi.
Se il legislatore voleva mandare in crisi un paese ha scelto la strada migliore.

 

mercoledì 10 ottobre 2012

Vincoli piano. Indice.


I VINCOLI ALLA PROPRIETÀ
(in corso di aggiornamento)

1.1         INDICE SOMMARIO

1.2         PARTE PRIMA LA PIANIFICAZIONE


CAPITOLO I Le fonti.

1. Le fonti normative dei vincoli di piano. Dalla legge urbanistica ai tt.uu. in materia di edilizia e di espropriazioni.
2. Le fonti normative dei vincoli ex lege alla proprietà privata. Caratteristiche.
3. La disciplina del procedimento amministrativo. Il legittimato all’accesso al procedimento.
4. La comunicazione dell’avvio del procedimento.
5. L’illegittimità del provvedimento finale.
6. L’accesso al procedimento pianificatorio.

CAPITOLO II I vincoli alla proprietà privata disposti dalla pianificazione sovracomunale

7. Il piano territoriale di coordinamento.
8. Il contenuto. Gli effetti.
9. Le funzioni regionali in materia.
10. Il piano territoriale regionale.
11. La procedura di formazione.
12. La difformità delle disposizioni di piano regolatore rispetto al piano territoriale regionale.
13. Il piano territoriale di coordinamento provinciale. Le funzioni della provincia.
14. Gli effetti. La tutela.
15. I limiti alle disposizioni del piano provinciale.
16. La procedura di formazione nella legislazione regionale dell’Emilia Romagna.
17. La procedura di formazione nella legislazione regionale della Lombardia.
18. Il piano territoriale paesistico.
19. Le questioni di costituzionalità.
20. La procedura di approvazione. La partecipazione dei comuni.
21. L’obbligatorietà del piano paesistico.
22. Gli effetti dell’approvazione. Il recepimento da parte dei comuni. 22.1. L'applicazione delle misure di salvaguardia.
23. Il piano di bacino.
24. I parchi nazionali.
25. I parchi regionali.
26. La legislazione regionale della Lombardia. Il piano territoriale di coordinamento del parco.
27. La procedura per l'approvazione dei piani dei parchi. La fase amministrativa.
28. La procedura per l'approvazione dei piani dei parchi. La fase legislativa eventuale.
29. I rapporti con gli strumenti di pianificazione territoriale.
30. Le misure di salvaguardia.
31. La non indennizzabilità del vincolo di interesse storico o ambientale.
32. La conformità ai principi della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.


CAPITOLO III I vincoli nella pianificazione generale comunale

33. Il contenuto del piano regolatore generale.
34. La zonizzazione.
35. La localizzazione.
35.1. La localizzazione di opere realizzate da amministrazioni statali.
36. Il procedimento di formazione. L’informazione. Le osservazioni.
37. Le opposizioni.
38. Il recepimento delle osservazioni e l’obbligo di ripubblicazione del piano.
39. L’accesso al procedimento di formazione.
39.1. Le varianti agli strumenti urbanistici nel caso di approvazione di progetto di opera pubblica.
39.2. La partecipazione al procedimento.
39.3. Il silenzio sull’approvazione di variante di p.r.g.
40. I vincoli conformativi nella pianificazione generale comunale.
40.1. Vincoli derivanti da atti diversi dai piani urbanistici generali.
40.2. L’accesso.
41. I vincoli che rinviano alla pianificazione esecutiva.
42. I vincoli espropriativi.
43. I criteri di distinzione fra vincoli conformativi e quelli destinati all’espropriazione.
44. La illegittimità dei vincoli a tempo indeterminato.
44.1. Il vincolo quinquennale.
45. Gli effetti della decadenza del vincolo.
46. La reiterazione dei vincoli de iure e de facto.
47. La partecipazione al procedimento.
48. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.
49. Il rilascio del permesso di costruire in presenza di vincoli di piano.


CAPITOLO IV L’indennizzo

50. La previsione di indennizzo per i vincoli scaduti nella giurisprudenza della Corte costituzionale.
51. Le modalità dell’indennizzo per i vincoli scaduti, ex art. 39, d.p.r. 8.6.2001, n. 327.
52. I vincoli e il procedimento ablatorio. Criteri per la determinazione dell’indennità di esproprio. Rinvio.














CAPITOLO V I vincoli nella pianificazione attuativa a gestione privata.

53. Il piano particolareggiato strumento di attuazione dei vincoli di piano.
54. I rapporti fra pianificazione generale e pianificazione attuativa.
55. La partecipazione nel procedimento di approvazione.
56. Gli effetti dell’approvazione.
57. Le procedure attuative del piano particolareggiato.
58. La procedura coattiva. L’intervento sostitutivo del comune.
59. La rettifica dei confini. L’intervento sostitutivo del comune.
60. La cessione dei terreni per la formazione di vie e piazze.
61. Il vincolo su aree sistemate a giardini privati.
62. Il comparto edificatorio.
63. La diffida ai proprietari ad eseguire gli interventi.
64. Il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente. La programmazione degli interventi.
65. I limiti alle disposizioni di piano.
66. L'approvazione del piano di recupero.
67. Gli effetti della individuazione delle aree di recupero comunale. La decadenza dei vincoli di piano.
68. La lottizzazione del territorio. Il piano esecutivo di iniziativa privata.
69. L’obbligatorietà del piano di lottizzazione.
70. Il procedimento di approvazione.
71. Il termine perentorio per il procedimento di approvazione.
72. La convenzione comunale e gli oneri di urbanizzazione.
73. L’adeguamento della lottizzazione alla pianificazione urbanistica comunale sopravvenuta.
74. L’obbligo di motivazione.
75. I rapporti tra lottizzazione e i vincoli ambientali.
76. Il rilascio della super d.i.a. in presenza di pianificazione attuativa.
77. La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
78. Il giudizio di ottemperanza all’obbligo di provvedere.
79. Il risarcimento del danno ingiusto.

CAPITOLO VI I vincoli nella pianificazione attuativa a gestione pubblica.

80. Il piano di zona. I vincoli di destinazione ad interventi di edilizia residenziale pubblica.
81. La scelta delle aree.
82. L’obbligatorietà dell’intervento ablatorio nell’attuazione dei piani di zona.
83. La durata del vincolo.
84. Gli effetti del vincolo sulla determinazione dell’indennità di espropriazione.
85. Il provvedimento di individuazione delle aree necessarie per la esecuzione delle opere di edilizia scolastica.
86. Il piano regolatore delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale.


PARTE SECONDA I VINCOLI EX LEGE



CAPITOLO VII I vincoli alla proprietà privata disposti dalla legge

87. I vincoli di rispetto dei beni di interesse paesaggistico nel t.u. dei beni culturali e ambientali.
88. I vincoli regionali e ministeriali.
89. Il procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico.
90. L’autorizzazione regionale.
91. Il potere ministeriale.
92. I vincoli di rispetto del patrimonio artistico. I beni soggetti.
93. Il procedimento di vincolo. L’accesso.
94. La dichiarazione dell’interesse storico ed artistico. I poteri del Ministero.
95. L’autorizzazione per interventi edilizi su immobili di interesse storico ed artistico.
96. Il vincolo indiretto.
97. I vincoli di destinazione.
98. I vincoli cimiteriali.
99. I vincoli di rispetto per le aree distrutte dall’incendio.
100. I vincoli aeronautici.
101. Il rilascio del permesso di costruire.
102. I vincoli stradali. La definizione del centro abitato.
103. Le distanze dalle strade.
104. Le distanze per gli edifici preesistenti.
105. I vincoli autostradali.
106. I vincoli ferroviari.
107. I limiti nell’applicazione del vincolo.
108. I vincoli di rispetto delle acque pubbliche.
109. I limiti all’applicazione della normativa.
110. I vincoli di rispetto delle acque per consumo umano.
111. I vincoli di rispetto delle distanze dalle farmacie.
112. I vincoli di rispetto degli elettrodotti.
113. La disciplina regionale integrativa alla luce delle decisioni della Corte costituzionale.
114. La differenza fra i vincoli imposti ex lege ed i vincoli di piano. La mancanza dell’indennizzabilità.

1.3         PARTE TERZA I VINCOLI DI PIANO ED ESPROPRIAZIONE

CAPITOLO VIII

La dichiarazione di pubblica utilità e l’indennità di espropriazione.

115. La pianificazione urbanistica e l’espropriazione.
116. La dichiarazione esplicita di pubblica utilità.
117. La dichiarazione implicita di pubblica utilità.
118. I termini.
119. La proroga dei termini.
119.1. L’annullamento della dichiarazione di p.u. Effetti.




120. La cessione bonaria.
120.1. Il corrispettivo dell’atto di cessione. L’area edificabile. La costruzione edificata.
120.2. L’area non edificabile. La coltivazione da parte del proprietario.
121. L’indennità di esproprio per le aree edificabili.
122. Le possibilità legali ed effettive di edificazione.
123. L’indennità di esproprio per aree non edificabili.
124. Il calcolo dell’indennità per area edificata.

1.3.1        PARTE QUARTA LA TUTELA


CAPITOLO IX La tutela giurisdizionale

125. La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nel d. lg. 80/1998.
126. I problemi di costituzionalità. La l. 205/2000.
127. L'interesse ad impugnare.
128. Il silenzio nel caso di vincolo decaduto.
129. La tutela penale.
130. La pianificazione privata in contrasto col vincolo di piano. La lottizzazione abusiva
131. La realizzazione di costruzioni in variazione essenziale e in totale difformità o in assenza di concessione in zone vincolate.
130.1. La valutazione autonoma del reato di lottizzazione abusiva.
132. L’abuso d’ufficio.
133. Il rilascio di provvedimenti autorizzatori contro le disposizioni di piano.
134. L’omessa vigilanza sull'attività edilizia.
135. Il reato di omissione di atti d’ufficio.
136. La giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche per violazioni ai vincoli imposti dal regime delle acque pubbliche.


1.4         PARTE QUINTA I VINCOLI NELLA LEGISLAZIONE REGIONALE


CAPITOLO X Le funzioni regionali in materia di esproprio

137. L’armonizzazione della disciplina statale in materia di espropriazione con quella regionale. L’esperienza dell’Emilia Romagna.
138. La pianificazione urbanistica comunale e l’apposizione del vincolo espropriativo.
139. La difformità dell’opera dal Piano Strutturale Comunale o dal Piano Operativo Comunale.
140. La durata del vincolo espropriativo. La dichiarazione di pubblica utilità.

Indice normativo.

Indice bibliografico.

Indice analitico


Vincoli piano. 1 Fonti.


1.1         PARTE PRIMA LA PIANIFICAZIONE


CAPITOLO I Le fonti.

SOMMARIO: 1. Le fonti normative dei vincoli di piano. Dalla legge urbanistica ai tt.uu. in materia di edilizia e di espropriazioni.
2. Le fonti normative dei vincoli ex lege alla proprietà privata. Caratteristiche.
3. La disciplina del procedimento amministrativo. Il legittimato all’accesso al procedimento.
4. La comunicazione dell’avvio del procedimento.
5. L’illegittimità del provvedimento finale.
6. L’accesso al procedimento pianificatorio.


1. Le fonti normative dei vincoli di piano. Dalla legge urbanistica ai tt.uu. in materia di edilizia e di espropriazioni.

LEGISLAZIONE: l. urb. 1150/1942, artt. 5, 7 - l. 167/1962, art. 9 - l. 5.8.1975, n. 412, art. 10 - d.p.r. n. 218/1978, art. 51 - d.lg. 18.8.2000, n. 267. art. 20 - d.p.r. 8.6.2001, n. 327, art. 9.

Il vincolo è un obbligo che ci costringe a realizzare un determinato comportamento.
Il concetto legato alla proprietà fondiaria realizza una costrizione e una limitazione all’esplicarsi del diritto del proprietario.
Ad esso, infatti, è riconosciuto dall’ordinamento un diritto di disporre in maniera esclusiva del proprio bene.
La legislazione ha regolato l’utilizzo della proprietà, ponendo al proprietario degli schemi preordinati di utilizzo del suo diritto, che deve essere esplicato in conformità alle leggi di pianificazione urbanistica e delle altre leggi speciali che ne regolano le modalità di realizzazione.
La dottrina evidenzia il progressivo svuotamento delle funzioni originariamente attribuite alla proprietà.

E’ divenuto quasi un luogo comune ricordare come il contenuto e la posizione istituzionale della proprietà immobiliare siano alquanto mutate a partire da un mitico tempo in cui il proprietario poteva dirsi despota, più realizzato, mentre appaiono molto concrete le liste di restrizioni che la disciplina urbanistica ambientale, ovvero di carattere sociale, rovesciano sul capo del singolo proprietario teorico
(Gambaro 1995, 242).

La legge urbanistica 1150/1942 definisce i vincoli che la pianificazione territoriale può imporre alla proprietà privata.
La legislazione individua tre tipi di vincolo.
Essi sono imposti dalla programmazione sovraterritoriale, da quella generale e da quella attuativa, artt. 5 ss., l. urb. 1150/1942.
Sotto il profilo delle competenze sono coinvolte tre diverse autorità: quella regionale e provinciale che hanno la funzione di approvare i piani territoriali di coordinamento e quella comunale che ha la funzione di approvare i piani generali e quelli attuativi.
La subordinazione del potere pianificatorio a diverse autorità determina l’effetto di non rendere direttamente applicabili i vincoli relativi alla pianificazione territoriale sovracomunale ai soggetti direttamente interessati.
Sono, infatti, i comuni che devono adeguare la loro programmazione agli indirizzi del piano territoriale.
L’autorità comunale, di fatto, diviene arbitra dei destini del suo territorio.
Il comune ha, infatti, il potere di dotarsi di piano, ha il potere di adeguarlo ai dettami della pianificazione territoriale, ha, infine, il potere di reprimere l’abusivismo edilizio senza che la regione sia garante dell’attuazione del processo pianificatorio conformemente agli indirizzi da essa imposti.
Le regioni non hanno fatto grande utilizzo degli strumenti di pianificazione, poiché le risorse e la pianificazione delle grandi opere infrastrutturali competono ad altri soggetti.
Con l’introduzione del potere programmatorio alle province sicuramente vi è stato un maggiore coinvolgimento degli enti locali nella pianificazione sovracomunale con una maggiore rispondenza dei livelli pianificatori, art. 20, d.lg. 18.8.2000, n. 267.
Le grandi opere infrastrutturali sono in ogni caso realizzate attraverso programmi speciali legati a finanziamenti statali che necessariamente derogano alle scansioni procedurali della pianificazione urbanistica comunale.
Il potere pianificatorio sovracomunale incide comunque sulle posizioni giuridiche dei destinatari in maniera sostanzialmente diversa da quello comunale.
Il piano sovraordinato si dirige verso l’ente subordinato imponendogli di recepire il piano.
Le disposizioni del piano sovraordinato incidono solo indirettamente sulle posizioni dei terzi.
Il comune deve opporre alle richieste contrarie alle disposizioni di piano sovracomunale presentate dai proprietari - che sono comunque terzi rispetto alle disposizioni dello stesso piano - l’applicazione delle misure di salvaguardia disposte dalla normativa regionale.
La pianificazione comunale generale, invece, vincola direttamente le aree imponendo ai destinatari prima le misure di salvaguardia e poi i vincoli di piano.
La normativa dei vincoli di piano, redatti in primo momento a tempo indeterminato, è stata successivamente verificata alla luce dei principi costituzionali che tutelano la proprietà privata, Vedi Cap. III.
Il vincolo di piano generale ha la durata quinquennale come riafferma l’art. 9, d.p.r. 8.6.2001, n. 327.
Se l’amministrazione non procede all’attuazione di quella porzione di piano soggetta al vincolo, le ipotesi che si possono verificare sono le seguenti.
L’amministrazione non attua il piano e deve reiterare i vincoli stessi pagando il relativo indennizzo oppure può giungere ad una pianificazione attuativa.
La pianificazione attuativa, di fatto, proroga i vincoli di piano.
Il legislatore, infatti, attribuisce all’amministrazione un ulteriore termine per giungere ad attuare il piano secondo una pianificazione di dettaglio che presenta forme diverse di intervento, Vedi Cap. V.
Il piano particolareggiato che è lo strumento principale di attuazione ha una durata decennale.
Altre forme attuative, come, ad esempio, il comparto edificatorio, impongono ai proprietari l’esecuzione unitaria degli interventi che riguardano una determinata zona.
Vincoli particolari sono posti dai piani di recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente che limitano l’attività edificatoria in attesa della individuazione delle aree di recupero comunale.
La stessa lottizzazione del territorio, che è piano esecutivo di iniziativa privata comporta la obbligatorietà per i lottizzanti ed i loro aventi causa ad eseguire gli interventi previsti dal piano.
L’amministrazione per contro è tenuta a valutare la convenzione di lottizzazione nel provvedere successivamente alla modifica della pianificazione urbanistica comunale.
L’imposizione dei vincoli di piano attraverso una pianificazione attuativa a gestione pubblica comporta effetti diversi essendo prodromica all’espropriazione delle arre soggette al vincolo, Vedi Cap. VI.
Il piano di zona è lo strumento esecutivo che dà un particolare vincolo alle aree da esse comprese che sono destinate solo all’esecuzione di interventi di edilizia residenziale pubblica, imponendo l’obbligatorietà dell’intervento ablatorio nella sua attuazione, ex art. 9, l. 167/1962.
Altri interventi a contenuto speciale sono il provvedimento di individuazione delle aree necessarie per la esecuzione delle opere di edilizia scolastica, l. 5.8.1975, n. 412, art. 10, e il piano regolatore delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale, d.p.r. n. 218/1978, art. 51.
Le posizioni giuridiche dei privati si espandono legittimamente solo dopo che viene a scadere il termine dato dal legislatore all’amministrazione comunale per tradurre in interventi sul territorio la pianificazione attuativa.






2. Le fonti normative dei vincoli ex lege alla proprietà privata. Caratteristiche.

LEGISLAZIONE: cost. art. 23 - ex t.u. 25.7.1904, n. 523, art. 96, lett. f) - r.d. 27.7.1934, n. 1265, art. 338 - r.d. 30.3.1942, n. 327, artt. 28, 55, 715 - l. 1150/1942, art. 40 - l. 4.2.1963, n. 58, art. 1 - l. 475/1968, art. 1 - d.p.r. 11.7.1980, n. 753, art. 49 - d.p.r. 24.5.1988, n. 236, art. 6 - d.p.c.m. 23.4.1992 - d.p.r. 16.12.1992, n. 495, artt. 26, 28 - d.lg. 29.10.1999, n. 490, artt. 49, 146 - l. 22.11.2000, n. 353, art. 10 - l. 21.2.2001, n. 36 - d.lg. 22.1.2004, n. 41, artt. 45, 142.

Il principio costituzionale sancito dall'art. 23 afferma che nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge.
Da questo principio deriva l’impossibilità di comprimere l’esercizio del diritto di proprietà al di fuori di disposizioni di legge che, direttamente o attraverso l’esercizio dell’azione amministrativa, consentono la compressione dei diritti dei proprietari.
La proprietà di questi beni, pur rimanendo nominativamente rapportata alla disponibilità del privato, può essere limitata per la forte presenza d’interessi pubblici che li caratterizzano (Centofanti 2003, 116).
Caratteristica comune di questi vincoli e che essi comprimono il diritto di proprietà di quei beni che si trovano nella situazione prevista dalla legge, non consentendo al proprietario l’esercizio di quelle attività che normalmente egli può porre in essere.
Egli, infatti, non può edificare in via assoluta o deve tenere determinate distanze ovvero ristrutturare o modificare il bene o realizzare determinate cautele.
La ratio delle limitazioni è spesso la vicinanza delle proprietà private a beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dello Stato o degli enti pubblici.

La ragione di queste limitazioni alla proprietà privata consiste sempre in un rapporto tra bene privato e bene demaniale che svolge, per sua natura, una funzione di pubblica utilità, o bene privato che svolge parimenti una pubblica funzione
(Mengoli 2003, 528).

Tali vincoli devono trovare fondamento in una disposizione di legge che direttamente o attraverso l’instaurazione di un procedimento amministrativo consente le limitazioni all’esercizio del diritto di proprietà.
La legislazione speciale regola questi limiti posti alla proprietà privata.
I vincoli ambientali sono sicuramente la tipologia più rilevante.
Essi sono stati introdotti con la l. l497/1939 e ribaditi dall’art. 146, d.lg. 29.10.1999, n. 490, mod. art. 142, d.lg. 22.1.2004, n. 41.
Tali vincoli comportano il divieto assoluto di edificabilità, che persiste fino all’approvazione formale del piano paesistico regionale.
A rafforzamento di tali vincoli si pone quello che allo scopo di combattere il fenomeno degli incendi dolosi finalizzati a trovare aree idonee all’attività edificatoria a fini speculativi; la norma sancisce il divieto di edificazione nei suoli interessati da incendi per almeno dieci anni dal verificarsi del fatto, ex art. 10, l. 22.11.2000, n. 353.

1.2         I vincoli di rispetto delle distanze nel patrimonio artistico fissano speciali distanze per le costruzioni da beni aventi particolare interesse storico od artistico, ma attribuiscono, in ogni modo, al Ministero per i beni e le attività culturali il potere di stabilire le distanze tese a proteggere l’immobile da interventi ritenuti dannosi, ex art. 49, d.lg. 29.10.1999, n. 490 art. 49, mod. art. 45, d.lg. 22.1.2004, n. 41.


A tale categoria di vincoli si possono comprendere anche quelli imposti dall’art. 338, r.d. 27.7.1934, n. 1265, per la realizzazione di cimiteri.
La categoria principale dei vincoli riguarda quelli che impongono, generalmente per ragioni di sicurezza, di tenere una certa distanza nell’eseguire delle costruzioni, qualora le stesse confinino con determinate opere.
I vincoli aeronautici impediscono la realizzazione di costruzioni in prossimità di impianti aeronautici, ex art. 715, r.d. 30.3.1942, n. 327, mod. art. 1, l. 4.2.1963, n. 58.
I vincoli stradali, disposti dal d.p.r. 16.12.1992, n. 495, artt. 26, 28, non consentono la realizzazione di opere in vicinanza delle strade variando i limiti di rispetto in rapporto alla classificazione delle strade.
I vincoli ferroviari tutelano le distanze dalle ferrovie onde garantire la sicurezza dei trasporti via treno, ex d.p.r. 11.7.1980, n. 753, art. 49.
I vincoli di rispetto delle distanze dalle acque pubbliche garantiscono la tutela delle acque, escludendo che interventi edificatori o di compromissione del terreno circostante ne riducano la efficienza, ex t.u. 25.7.1904, n. 523, art. 96, lett. f).
I vincoli di rispetto delle distanze dalle acque per consumo umano, garantiscono l’igiene e tutelano la salute degli utenti impedendo interventi che ne compromettano la sicurezza, ex d.p.r. 24.5.1988, n. 236, art. 6.
I vincoli di rispetto delle distanze dal demanio marittimo vietano - senza autorizzazione dell’autorità competente - l’esecuzione di nuove opere entro una determinata zona di rispetto, ex r.d. 30.3.1942, n. 327, artt. 28, 55.
Altri vincoli sono disposti per garantire l’esercizio di attività economiche che potrebbero essere compromesse dal sovraffollamento delle stesse ove esse sono già presenti.
Così è regolamentato il numero delle autorizzazioni per le farmacie in rapporto al numero degli abitanti del comune, ex art. 1, l. n. 475 del 1968.
Altri vincoli sono posti per garantire la sicurezza degli abitati rispetto ad impianti od attività che possono causare danni alla salute degli abitanti.
In tal caso gli elementi forniti dalla scienza contribuiscono in maniera sempre più frequente a stabilire nuove tutele fra le attività svolte e gli insediamenti residenziali.
La l. 21.2.2001, n. 36 - attuata con il d.p.c.m 8.7.2002, GU, 29.8.2003 n. 199, e il d.p.c.m 8.7.2002, GU, 29.8.2003 n. 200 - definisce i limiti di esposizione, i valori di attenzione, gli obiettivi di qualità e i parametri per la previsione di fasce di rispetto per gi elettrodotti a tutela della salute, ponendo un limite alla concessione dell’autorizzazione ad opere realizzate nelle loro vicinanze.
Tali vincoli imposti direttamente dalla legge differiscono da quelli che trovano fonte nelle norme urbanistiche, ai sensi dell’art. 40, l. 1150/1942.
Il privato soggetto al vincolo ha un interesse legittimo alla legalità dell’azione amministrativa essendo la sua posizione giuridica soggettiva compressa dalle norme che la regolano.
E’ la norma stessa che determina la situazione di limitazione dell’espandersi del diritto soggettivo, che permane finché si protrae la fattispecie configurata.
La generalità della disposizione fa sì che i beni ad essa soggetti siano compresi in una unica categoria che trova uniforme disciplina; ciò giustifica il regime di appartenenza e il mancato pagamento di un indennizzo per la compressione.
Per tale ragione, di regola, non si prevede il pagamento di una indennità per queste limitazioni.

Le limitazioni in oggetto si riferiscono come previsione generale, a tutti gli immobili e non comportano alcun sacrificio particolare delle proprietà private, le quali, potenzialmente, vi sono tutte soggette: non possono essere qualificare, pertanto, come vincoli di inedificabilità preordinati all’edificazione, soggetti a decadenza quinquennale non comportano l’obbligo dell’indennizzo
(Assini e Mantini 1997, 523).

Le limitazioni alla proprietà privata portate da provvedimenti legislativi di carattere generale, in realtà, non determinano alcun sacrificio particolare per i beni soggetti.
Non vi è un atto della pubblica amministrazione che diminuisca ex novo la facoltà connessa al diritto di proprietà, ma una disciplina generale preventiva dello stesso tipo di quella disposta dal codice civile (Mengoli 2003, 528).




3. La disciplina del procedimento amministrativo. Il legittimato all’accesso al procedimento.

LEGISLAZIONE: l. 7.8.1990, n. 241, artt. 2, 9, 22.

I principi cui deve necessariamente ispirarsi il procedimento sono stati via via definiti dalla giurisprudenza e dalla dottrina.
E’ mancata, infatti, in Italia, fino all’adozione della l. 241/1990, una legge generale sul procedimento amministrativo (Galli, 1996, 360).
La l. 7.8.1990, n. 241 rivoluziona il procedimento amministrativo, istituendo la possibilità di accedere allo stesso fin dalla fase preparatoria, che, in precedenza, era riservata esclusivamente alla amministrazione (Centofanti 2002 (3), 13).
Tale legge, inoltre, conferma i principi generali che disciplinano dei procedimenti amministrativi già introdotti dalla giurisprudenza: l’obbligo di comunicare la data dell’avvio del procedimento, la motivazione, la fissazione di un termine per provvedere ed, infine, l’obbligo di nominare il responsabile del procedimento (Franco 1995, 60).
La l. 7.8.1990, n. 241 sul procedimento amministrativo introduce l’obbligo per la pubblica amministrazione della conclusione dell’atto, mediante l’adozione di un provvedimento espresso, come sancisce l’art. 2, e l’obbligo della motivazione (Cerulli Irelli 1997, 477).
In carenza di termini già previsti per legge o in carenza di scadenze fissate da regolamenti adottati dall’amministrazione, le pubbliche amministrazioni devono precisare il termine entro cui i singoli procedimenti devono concludersi.
Nel caso di carenza di dizione espressa nelle fonti normative o regolamentari il termine è di 30 giorni.
Legittimato all'esercizio del diritto d'accesso è chiunque abbia un interesse, l. 7.8.1990, n. 241, art. 9.
La legittimazione comprende sicuramente una categoria di soggetti superiori a coloro cui l’amministrazione ha l’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento, vedi par. 3, ma sicuramente non comprende la generalità dei cittadini (Cerulli Irelli 1997, 454).
Il richiedente deve avere un interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, come precisa l’art. 22, l. 241/1990:

1. Al fine di assicurare la trasparenza dell'attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale è riconosciuto a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti il diritto di accesso ai documenti amministrativi, secondo le modalità stabilite dalla presente legge
(art. 22, l. 7.8.1990, n. 241).

La necessità di possedere dei requisiti soggettivi per fare la richiesta induce a ritenere che tale azione non può considerarsi esperibile dal quisque de populo.

L'accesso ai documenti dell'amministrazione non si atteggia come un'azione popolare diretta a consentire un controllo generalizzato sull'amministrazione, essendo tale accesso attribuito a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti
(Cons. Stato, sez. IV, 26.11.1993, n. 1036, CS, 1993, I, 1418. T.A.R. Lazio, sez. II, 17.3.1993, n. 311, T.A.R., 1993, I, 1187).

La dottrina classifica tre categorie di portatori di interessi nell’ambito del procedimento.

Enti e organismi pubblici, centri organizzativi esponenziali di interessi collettivi, soggetti privati. E così interessi pubblici, interessi collettivi, interessi privati
(Cerulli Irelli 1997, 457).

La giurisprudenza riconosce l’accesso a gruppi o ad associazioni, purché queste possano documentare il loro interesse.

Le associazioni di categoria sono legittimate ad esercitare il diritto di accesso ai documenti amministrativi a tutela degli interessi della collettività di cui esse sono centri di riferimento, nella specie si tratta di atti riguardanti l'organizzazione del personale e degli uffici
(T.A.R. Lazio, sez. III, 15.3.1993, n. 344, T.A.R., 1993, I, 1225).



4. La comunicazione dell’avvio del procedimento.

LEGISLAZIONE: l. 7.8.1990, n. 241, art. 7.

L'amministrazione è tenuta, ai sensi dell'art. 7 della l. 241/1990, a dare comunicazione dell’avvio del procedimento, poiché essa fissa un obbligo procedimentale non previsto in termini generali (Cerulli Irelli 1997, 432).
La dizione legislativa, prescrivendo l’obbligo dell’avvio per i procedimenti che l’amministrazione di sua iniziativa, sanziona direttamente il silenzio nella fase preparatoria che ha effetti sostanziali sul provvedimento finale.

L'obbligo di dare comunicazione dell'avvio del procedimento amministrativo, di cui all'art. 7, l. 7.8.1990, n. 241, sussiste soltanto per i procedimenti promossi autonomamente dalla pubblica amministrazione, mentre non è configurabile per quelli in cui l'amministrazione provvede su domanda del privato.
Quest'ultimo, infatti, con la presentazione della domanda, dimostra di essere a conoscenza dell'inizio del procedimento, nonché del responsabile dello stesso, al quale la domanda è stata presentata, ed è quindi nella condizione di parteciparvi pienamente
(T.A.R. Lazio Latina, 17.4.2003, n. 360).

L’obbligo all’avvio può essere evitato solo in presenza di particolari motivazioni da parte dell’amministrazione e rafforza implicitamente anche l’obbligo al provvedimento espresso.

1. Ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l'avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall'art. 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi. Ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l'amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell'inizio del procedimento.
2. Nelle ipotesi di cui al comma 1 resta salva la facoltà dell'amministrazione di adottare, anche prima della effettuazione delle comunicazioni di cui al medesimo comma 1, provvedimenti cautelari
(art. 7, l. 7.8.1990, n. 241).

Il cittadino ha un interesse qualificato, in relazione al suo diritto alla difesa, a prendere visione di tutti gli atti di un procedimento che lo riguarda, anche se rientranti nell'attività meramente preparatoria, anche non necessaria, che generalmente precede l'inizio del procedimento amministrativo e pur se essi non assumano un'autonoma rilevanza funzionale ai fini del procedimento.

La finalità della regola procedimentale, stabilita dall'art. 7 della l. 241 del 1990, va individuata nell'esigenza di assicurare piena visibilità all'azione amministrativa nel momento della sua formazione e di garantire, al contempo, la partecipazione del destinatario dell'atto finale alla fase istruttoria preordinata alla sua adozione.
La verifica circa la violazione delle garanzie partecipative non va compiuta con esclusivo riferimento all'adempimento formale della notifica all'interessato dell'avviso di avvio del procedimento, ma con riguardo alla realizzazione sostanziale degli interessi sottesi alla disposizione della cui osservanza si discute.
(Cons. St., sez. V, 17.4.2003, n. 2062).

La giurisprudenza estende l’obbligo di comunicazione ai terzi che possono avere pregiudizio dall’accesso.

In presenza di una richiesta di accesso ai documenti amministrativi ai sensi dell'art. 22 della l. 241/1990, l’amministrazione è obbligata a dare notizia dell'avvio del procedimento al soggetto che, dalla autorizzazione alla visione dei documenti, potrebbe ricevere un pregiudizio
(Cons. St., sez. IV, 26.11. 1993, n. 1036, CS, 1993, I, 1418).

La notizia dell'avvio del procedimento amministrativo dev'essere data ogni volta che una amministrazione intenda emanare un provvedimento cosiddetto di secondo grado: di annullamento, di revoca, di decadenza, ecc.
E’ possibile omettere tale formalità solo quando sussistano ragioni derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento stesso, ovvero quando all'interessato sia stato comunque consentito di evidenziare i fatti e gli argomenti a suo favore.
Le disposizioni del capo III, l. 7.8.1990, n. 241, concernenti la partecipazione al procedimento amministrativo - che consente all'interessato di far valere le proprie ragioni già nel corso della fase istruttoria, all'evidente scopo di ottenere provvedimenti basati su una più adeguata attuazione del principio di buona amministrazione, nonché la deflazione del contenzioso giurisdizionale - hanno una portata generalissima e si applicano, come precisa la giurisprudenza, anche quando l'autorità procedente sia un ente locale, senza alcuna limitazione d'ordine oggettivo o soggettivo, non rilevando la natura del provvedimento finale, né della amministrazione che lo emana.

La l. 241 del 1990 non è contraddetta dalle norme contenute nel capo III, l. 8.6.1990, n. 142, anch'esso recante gli istituti di partecipazione nell'ambito delle autonomie locali, ma il rapporto tra le due fonti si risolve secondo gli ordinari principi della prevalenza della legge entrata successivamente in vigore, nel senso che, stante la natura delle norme della l. 241/1990, che costituiscono principi generali dell'ordinamento, quest'ultima non ha abrogato in parte qua la l. 142/1990, ma ha solo fissato le regole essenziali e indefettibili, ferma restando la facoltà per gli statuti degli enti locali di fissare ulteriori regole partecipative nel loro specifico ambito. Nella specie si tratta di revoca di una concessione amministrativa per la costruzione della rete di distribuzione del gas e per la gestione del relativo servizio
(Cons. St., sez. V, 2.2.1996, n. 132, FA, 1996, 506).


5. L’illegittimità del provvedimento finale.

LEGISLAZIONE: l. 7.8.1990, n. 241, art. 7.

Un filone giurisprudenziale ammette la possibilità di fare dichiarare illegittimo l’intero procedimento con ricorso alla giustizia amministrativa.

L'omissione, da parte della amministrazione, della comunicazione dell'avvio del procedimento amministrativo nei confronti dei soggetti relativamente ai quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti, costituisce vizio di violazione di legge rilevabile, ai sensi dell’art. 8 della l. 241/1990 citata, dal soggetto nel cui interesse la comunicazione è prevista, con conseguente illegittimità del provvedimento finale adottato
(T.A.R. Veneto, sez. II, 13.5.1992, n. 442, GC, 1993, I, 828).

Un altro indirizzo giurisprudenziale ritiene che la legittimità dell’intero procedimento debba valutarsi in rapporto alla gravità della lesione dell’interesse leso; è necessario verificare che la mancanza dell’accesso abbia influito sostanzialmente sul contenuto del provvedimento finale.

La questione della legittimità degli atti amministrativi adottati in mancanza di una rituale comunicazione dell'avvio del procedimento non deve essere intesa in termini puramente formali, nel senso che occorre annullare ogni procedimento in cui sia mancato il prescritto avviso, ma richiede, caso per caso, una valutazione concreta delle ragioni addotte dall'amministrazione a giustificazione del suo agire al fine di verificare se, effettivamente, la mancata partecipazione del privato al procedimento possa avere in qualche modo influito sul contenuto dell'atto finale.
Laddove il presupposto di un atto amministrativo sia costituito da un fatto singolo agevolmente accertabile ed insuscettibile di vario apprezzamento, dal quale la conseguente azione amministrativa è interamente vincolata, non vi è ragione, né sul piano della ratio dell'art. 7, l. 7.8.1990, n. 241, né sotto il profilo dell'economia dei mezzi giuridici, di annullare quell'atto per una omissione che in tal caso si connoterebbe, in sostanza, come mera irregolarità
(T.A.R. Sardegna, 27.3.2003, n. 371).




6. L’accesso al procedimento pianificatorio.

LEGISLAZIONE: l. 7.8.1990, n. 241, artt. 13, 24, 6° co.

La l. 7.8.1990, n. 241, sull'accesso al procedimento amministrativo ha escluso la possibilità di partecipare al procedimento di formazione dei piani urbanistici.
I privati possono intervenire dopo l'adozione dello strumento da parte del consiglio comunale.

Il principio di partecipazione di cui agli art. 7 e 8, l. n. 241 del 1990, diversamente da quando accade nei procedimenti di adozione di strumenti urbanistici trova piana applicazione per le varianti c.d di utilità pubblica, previste dall'art. 1, 5° co., l. n. 1 del 1978.
In riferimento ai procedimenti di adozione di strumenti urbanistici non trova applicazione ex art. 13, l. n. 241 del 1990, l’accesso al rpocediemnto, anche perché, sul piano ontologico, l'esigenza del contraddittorio tra le parti pubbliche e private risulta già salvaguardata nell'ambito della vigente disciplina legale di formazione degli strumenti urbanistici primari: pubblicazione, presentazione di osservazioni, esame, controdeduzioni, approvazione
(Cons. St., sez. IV, 17.4.2003, n. 2004).

Il d.p.r. 27.6.1992, n. 352 approva il Regolamento che disciplina le modalità di esercizio nei casi di esclusione del diritto di accesso ai documenti amministrativi, ai sensi dell'art. 24, 2° co., l. 7.8.1990, n. 241.
Questa normativa consente la attuazione del più generale diritto, sancito dagli artt. 7 e ss., l. 241/1990 sulla partecipazione al procedimento amministrativo, che si attua nel prendere visione degli atti compiuti dall'amministrazione e nel poterne estrarre copia.
Il privato che vuole esercitare il diritto all’accesso, ad esempio per prendere visione della documentazione nella fase formativa di uno strumento urbanistico, deve prendere a fonte normativa la legislazione speciale.
L'art. 9 della l. urb. prevede la possibilità di prendere in visione, presso gli uffici comunali, del progetto di piano regolatore generale.
Negli altri procedimenti di vincolo si deve verificare le possibilità di accesso che la norma speciale consente.
Essi, comunque, non possono essere in contrasto con i principi fondamentali sanciti dalla l. 241/1990
Il comune non può sottrarsi all'obbligo di consentire la visione del progetto di piano, neppure nella fase di nuova ripubblicazione dovuta a modifiche richieste da parte della regione, in sede di approvazione.
L'art. 24, 6° co., l. 241/1990, che non consente l'accesso agli atti preparatori dei provvedimenti di pianificazione, non modifica, anzi lascia pienamente in vigore, le altre disposizioni di legge - quali appunto la legge urbanistica - che disciplinano già un procedimento di accesso.
La richiesta può essere evasa direttamente, in via informale, mediante l'esibizione del documento o la estrazione di copia, ovvero in via formale mediante un procedimento puntualmente previsto dal regolamento, che inizia con rituale domanda e finisce con un provvedimento di diniego nei casi di esclusione da tale diritto.
Essi sono tassativamente previsti, ad esempio, per la sicurezza e difesa nazionale, per ragioni di politica monetaria, per ragioni di ordine pubblico o sicurezza di terzi ovvero per salvaguardare esigenze di riservatezza dell'amministrazione.
Il procedimento di accesso è affidato al responsabile del procedimento amministrativo, individuato ai sensi dell'art. 4 della l. 241/1990.