giovedì 13 settembre 2012

Urbanistica centri commerciali. Localizzazione in zona F.


La realizzazione di un centro commerciale non è compatibile con la destinazione dell’area in zona F   prevista dal piano.
La norma di piano , nel caso di specie,  prevede che la Zona F1 debba essere destinata a "servizi per l'urbanizzazione secondaria", essendo ivi consentita la realizzazione di "a) asili nido, scuole materne, elementari e medie inferiori; b) attrezzature di interesse comune: religiose, culturali, sociali, assistenziali amministrative, per pubblici esercizi....".
Secondo l'amministrazione l'intervento progettato di realizzazione di un centro commerciale sarebbe sussumibile nella categoria di cui alla lett. b), e ciò per due concorrenti motivi: 1) il centro polifunzionale contemplerebbe, accanto ad alcuni pubblici esercizi di natura commerciale, una serie di attività rientranti nell'ambito dello sport e del benessere, ossia attività private contrassegnate da una generale fruibilità pubblica; 2) il titolare del permesso di costruire si è impegnato, con dichiarazione trascritta presso la competente Conservatoria, e come tale anche opponibile ad eventuali terzi aventi causa, a mantenere la destinazione a pubblico servizio della struttura assentita.
La tesi della compatibilità dei centri commerciali, o comunque delle medie e grandi strutture di vendita con la Zona F1 si scontra con la ratio della Zona F1 e la relatva natura di area adibita a servizi per l'urbanizzazione secondaria.
Gli interventi di urbanizzazione secondaria sono descritti dall'art. 16 comma 8 del dPR 380/2001 ed individuati negli "asili nido e scuole materne, scuole dell'obbligo nonché strutture e complessi per l'istruzione superiore all'obbligo, mercati di quartiere, delegazioni comunali, chiese e altri edifici religiosi, impianti sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere, centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie.... impianti destinati allo smaltimento, al riciclaggio o alla distruzione dei rifiuti urbani, speciali, pericolosi, solidi e liquidi, alla bonifica di aree inquinate".
Sebbene l'elencazione non possa considerarsi tassativa anche a fini diversi dalla quantificazione degli oneri, essa lascia intuire il legame che unisce le varie tipologie di intervento, tutte tese a soddisfare interessi essenziali della persona di natura non commerciale, salvo che per i mercati di quartiere, i quali costituiscono una forma distributiva storicamente presente ed importante nel contesto commerciale italiano, caratterizzata dalla presenza di più operatori commerciali su aree pubbliche, specializzati nella vendita di prodotti "freschi" a prezzi tendenzialmente più bassi grazie ai minori costi fissi di gestione della struttura ed alla concorrenza resa possibile dalla presenza di una moltitudine di piccoli operatori.
In questo senso i mercati di quartiere possono considerarsi "pubblici esercizi" rientranti nell'ampia nozione di intervento di urbanizzazione secondaria, ossia strutture commerciali pubbliche adibite al piccolo commercio al minuto di generi alimentari di prima necessità o comunque di uso quotidiano.
Non possono però farvisi rientrare anche le medie o grandi strutture commerciali private, sebbene inserite in contesti integrati nei quali insistono bar, piccoli negozi, od anche locali adibiti ad uso ricreativo, sportivo o parasanitario.
L'esistenza di tali altre attività non vale, del resto, a configurare l'intero centro quale "attrezzatura di interesse comune" fruibile dall'intera collettività poiché, anche a volere considerare la funzionalità delle stesse a garantire il soddisfacimento di bisogni connessi alla sport o alla salute, esse non giustificano il contestuale insediamento di strutture squisitamente commerciali di grandi dimensioni che sfuggono ictu oculi alla nozione di attrezzatura di interesse comune..
L'impegno a mantenere la destinazione pubblica della struttura assentita rimane priva di utilità ove si consideri che l'aver autorizzato l'edificazione per l'insediamento, tra l'altro, di una media struttura di vendita e di altri esercizi commerciali, rende ab inizio la dichiarazione contraddittoria e vaga, implicitamente presupponendo che la struttura citata possa essere considerata pubblico esercizio o che il mantenimento delle ulteriori e diverse attività possa essere, di per sé solo, sufficiente a garantire, nel complesso, una configurazione infrastrutturale pubblica all'iniziativa economica.
La sentenza ha precisato, inoltre che l'apertura di un centro commerciale di notevoli dimensioni, in località caratterizzata dalla presenza di importanti collegamenti stradali e con ampia disponibilità di parcheggi, per effetto del grande richiamo notoriamente esercitato sui consumatori dalla possibilità di procedere ad acquisti di ogni genere con un solo spostamento verso un unico centro ed a condizioni di prezzo spesso più vantaggiose, è in grado di esercitare un impatto economico.
L’interesse ad impugnare la localizzazione non può essere ristretto ai commercianti siti nell'area nella quale la nuova struttura commerciale è stata autorizzata a collocarsi, ma inevitabilmente si riverbera sugli esercenti dei Comuni vicini;  ad essi quali va di conseguenza riconosciuta la legittimità ad insorgere avverso il provvedimento che ne ha autorizzato l'apertura. Consiglio di Stato, sez. IV, 04/05/2012, n. 2578.

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