mercoledì 5 settembre 2012

Espropriazione Utilizzazione senza titolo. Nuovi profili di costituzionalità.


L’art. 43, 1o e 2o co., d.p.r. 8.6.2001, n. 327, dà disposizioni in merito alla possibilità di acquisire un bene immobile utilizzato in assenza di un valido ed efficace titolo abilitante ovvero qualora l’atto di esproprio sia stato annullato dal giudice amministrativo. N. Centofanti, M. Favagrossa e P. Centofanti, Diritto urbanistico, 2012, 496.
Non può essere invocata pertanto la norma nel caso di cessione di area a condizione che la volumetria rinveniente dalla estensione dell'area di proprietà possa essere comunque realizzata attraverso la formazione di comparti trattandosi di atti  estranei alla libera disponibilità delle parti
Il rapporto contrattuale è esplicitamente sottratta alla libera disponibilità delle parti, come ha confermato la disciplina sopravvenuta della l. 241 del 1990 che, all'art. 13, ha confermato che, per l'attività della pubblica amministrazione diretta all'emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione.
Nel caso in specie il procedimento espropriativo non si sia perfezionato e che mai il Comune abbia potuto acquisire la proprietà dei beni di proprietà dell'attuale appellata.
Il Comune nella fattispecie ha unicamente la possibilità di ottenere il consenso della controparte per la stipula di un contratto di vendita, anche con funzione transattiva, oppure agisca con un nuovo procedimento espropriativo. (Consiglio di Stato, sez. IV, 28 gennaio 2011, n. 676)
L’amministrazione, quindi, per potere giungere ad un provvedimento di acquisizione non deve utilizzare semplicemente il bene altrui, ma deve avere in precedenza provveduto a modificarlo, materialmente, anche se si tratta di perseguire scopi di interesse pubblico.
L’azione di restituzione del privato può essere paralizzata proprio per effetto delle modifiche apportate al terreno i cui costi di ripristino giustificano una scelta in favore dell’interesse pubblico alla conservazione di un provvedimento nonostante la sua illegittimità.
L’atto di acquisizione deve contenere la descrizione del procedimento o dei comportamenti materiali che hanno portato la amministrazione ad utilizzare l’area, indicando la data in cui il fatto si è verificato.
È implicito che debba essere indicato, in vigenza della l. 241/1990, il nominativo del responsabile del procedimento.
L’atto deve riportare la misura del risarcimento, ex art. 46, 6o co., d.p.r. 8.6.2001, n. 327 e disporne il relativo pagamento che è requisito essenziale per l’emanazione dell’atto di acquisizione
La Corte Costituzionale ha  dichiarato  l’illegittimità costituzionale dell’art. 43, d.p.r. 8.6.2001, n. 327, per violazione dell’art. 76 della Costituzione.
È incostituzionale, in relazione all'art. 76 cost., l'art. 43 d.p.r. 8.6.2001 n. 327 per violazione dei principi e criteri direttivi stabiliti con legge delega di mero riordino n. 50 del 1999.
La norma censurata ha ad oggetto la disciplina dell'utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico e consente all'autorità che abbia utilizzato a detti fini un bene immobile in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, di disporne l'acquisizione al suo patrimonio indisponibile, con l'obbligo di risarcire i danni al proprietario (cd. "acquisizione sanante").
La disposizione regola, inoltre, tempo e contenuto dell'atto di acquisizione, l'impugnazione del medesimo, la facoltà della p.a. di chiedere che il g.a. "disponga la condanna al risarcimento del danno, con esclusione della restituzione del bene senza limiti di tempo", fissando i criteri per la quantificazione del risarcimento del danno; anche la disciplina inerente all'acquisizione del diritto di servitù, di cui al comma 6 bis, appare strettamente ed inscindibilmente connessa con gli altri commi censurati, sia per espresso rinvio alle norme fatte oggetto di censura, sia perché ne presuppone l'applicazione e ne disciplina ulteriori sviluppi applicativi. Orbene, la legge-delega aveva conferito, sul punto, al legislatore delegato il potere di provvedere soltanto ad un coordinamento "formale" relativo a disposizioni "vigenti"; viceversa, l'istituto previsto e disciplinato dalla norma impugnata è connotato da numerosi aspetti di novità, rispetto sia alla disciplina espropriativa oggetto delle disposizioni espressamente contemplate dalla legge-delega 15 .3. 1997, n. 59, sia agli istituti di matrice prevalentemente giurisprudenziale.
Alla stregua dei rilievi svolti, va dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'intero art. 43, d.p.r. n. 327 del 2001, poiché la disciplina inerente all'acquisizione del diritto di servitù, di cui al comma 6 bis, appare strettamente ed inscindibilmente connessa con gli altri commi, sia per espresso rinvio alle norme fatte oggetto di censura, sia perché ne presuppone l'applicazione e ne disciplina ulteriori sviluppi applicativi.
(Corte cost., 8.10.2010, n. 293, FACDS, 2011, 4, 1119).
La norma censurata è contenuta nel testo unico, in materia di espropriazioni che aveva previsto un generale strumento permanente di semplificazione e di delegificazione. La legge-delega aveva conferito, sul punto, al legislatore delegato il potere di provvedere ad un coordinamento formale relativo a disposizioni vigenti; l’istituto previsto e disciplinato dalla norma impugnata, viceversa, è connotato da numerosi aspetti di novità. L’ art. 43, d.p.r. 8.6.2001, n. 327, infatti, ha anzitutto introdotto la possibilità per l’amministrazione e per chi utilizza il bene di chiedere al giudice amministrativo, in ogni caso e senza limiti di tempo, la condanna al risarcimento in luogo della restituzione.
Esso estende tale disciplina anche alle servitù, rispetto alle quali la giurisprudenza aveva escluso l’applicabilità della c.d. occupazione appropriativa, trattandosi di fattispecie non applicabile all’acquisto di un diritto reale in re aliena, in quanto difetta la non emendabile trasformazione del suolo in una componente essenziale dell’opera pubblica. Infine, la norma censurata differisce il prodursi dell’effetto traslativo al momento dell’atto di acquisizione.  (Corte cost., 8.10.2010, n. 293) .

L’art. 42 bis, d.p.r.327/2001.

Il legislatore è intervenuto con una nuova norma l’art. 34, d. l. 6 .7.2011, n. 98, che introduce l’art. 42 bis al posto dell’abrogato art. 43 , d.p.r.327/2001, a regolare l’istituto per adeguarsi ai dettati della Corte .
Il provvedimento di acquisizione deve essere motivato in riferimento alle attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico che ne giustificano l’emanazione valutate comparativamente con i contrapposti interessi privati ed evidenziando l’assenza di ragionevoli alternative alla sua adozione.
Il corrispettivo complessivo risulta formato da tre addendi: il valore venale del bene, l’indennità per il pregiudizio non patrimoniale e l’indennità per il periodo di occupazione senza titolo.
Per il pregiudizio non patrimoniale deve essere corrisposto forfettariamente il 10% del valore venale del bene.
L’indennità per il periodo di occupazione, se il ricorrente non prova il maggior danno, è determinata nel 5% del valore venale.
La dottrina nota che tale indennità è inferiore a quella prevista per la indennità di occupazione che è calcolata in 1/12 del valore venale ossia in percentuale pari al 8,33%, ex art. 50, d.p.r. 327/2001, con conseguente illegittimità costituzionale della stessa disposizione per violazione al principio di uguaglianza.
La dottrina nota che l’adozione di un meccanismo di sanatoria dell’illecita occupazione esteso non solo ai casi sostenuta da una valida dichiarazione di pubblica utilità , ma anche  a quella radicalmente illeciti è andato oltre le condanne pronunciate dalla giurisprudenza europea.
Essa auspica la soluzione dei problemi tanto per i casi di occupazione usurpativa che di quelli di occupazione acquisitiva suggerendo comunque il meccanismo di restituzione del bene a proprietario.
L'art. 42 bis risulta conforme alle disposizioni della Cedu e alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo che ha più volte condannato la Repubblica Italiana proprio perché i giudici nazionali avevano riscontrato la perdita della proprietà in assenza di un provvedimento motivato, previsto da una specifica previsione di legge. (Cons. Stato, sez. VI 15.3.2012 n. 1438)
Nel caso si specie la società espropriante  ha disposto l'acquisizione al proprio patrimonio dell'area sulla quale è stata realizzata l’opera pubblica nell’ipotesi  la scogliera protettiva del tratto ferroviario.
La sentenza ha pertanto deciso che la domanda di restituzione dell'area non può essere accolta ed è divenuta improcedibile, in quanto sulla base di un provvedimento autoritativo sopravvenuto - consentito dallo ius superveniens - la società ha acquisito il diritto di proprietà dell'area di cui già aveva il possesso;
Ogni contestazione avverso questo nuovo provvedimento  può essere fatta valere nel caso di sua impugnazione in sede di cognizione.
La domanda risarcitoria, altresì riproposta, non può essere accolta in ragione della avvenuta emanazione del provvedimento di acquisizione, ai sensi dell'art. 42 bis.

La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo
                                                                                                              

La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo va riconosciuta anche per ciò che attiene alle controversie relative alle espropriazioni cd. "sananti" ed in presenza di domande che volte ad ottenere la condanna dell'Amministrazione al risarcimento dei danni.
La norma prevede una normativa speciale sugli effetti dell'illegittimità dell'atto, che appare prevalente rispetto a quella generale, pur successiva, rintracciabile nella legge sul procedimento.
Essa stabilisce, infatti, che qualora sia impugnato un provvedimento di acquisizione ovvero sia esercitata una azione volta alla restituzione di un bene utilizzato per scopi di interesse pubblico, l'amministrazione che ne ha interesse o chi utilizza il bene può chiedere che il giudice amministrativo, nel caso di fondatezza del ricorso o della domanda, disponga la condanna al risarcimento del danno, con esclusione della restituzione del bene senza limiti di tempo".
Il legislatore ha così ipotizzato non solo che l'acquisizione possa essere comunque disposta senza che venga seguita la via maestra del procedimento, con tutte le garanzie per esso previste, ma ha anche previsto che nel caso di pendenza di ricorso per annullamento dell’occupazione si  possa addivenire ad acquisizione.
L’art. 42 bis, innova profondamente la norma non consentendo più la richiesta al g.a.
Essa impone alla p.a. di adottare il provvedimento di acquisizione.
Non serve un processo teso all’annullamento dell’atto ablatorio illegittimo perché l’amministrazione può attivarsi in via di autotutela ed in ogni caso non può paralizzare l’azione giudiziaria ma solo duplicare il procedimento impugnato..

La determinazione del risarcimento del danno.

Il danno è quantificato dalla legge e l’amministrazione condannata ha gli elementi per formulare un ipotesi risarcitoria.
Nella fattispecie il giudice amministrativo , ai sensi dell'art. 34, comma 4, del c.p.a., ha condannato il Comune ad emanare, entro 60 giorni dalla comunicazione o notificazione, se antecedente, della presente sentenza, un provvedimento di acquisizione, ex art. 42 bis t.u. espropriazioni, contenente la indicazione del risarcimento dovuto ai ricorrenti per la perdita della proprietà del fondo;
La sentenza ha precisato che  la quantificazione del risarcimento deve avvenire secondo le disposizioni di cui al più volte citato art. 42 bis, d.p.r. n. 327/2001, integrato dai criteri ricavabili dalla stima fatta dal consulente tecnico d'ufficio .
Il Comune deve inoltre offrire gli interessi quale risarcimento per il periodo di occupazione senza titolo;
Il giudice amministrativo è investito di giurisdizione esclusiva ed ha, quindi, la possibilità di condannare la pubblica amministrazione anche oltre che al risarcimento del danno ad un facere .
Qualora il Comune non adotti un atto formale volto all'acquisizione del bene dei ricorrenti ed al correlativo risarcimento i ricorrenti potranno chiedere l'esecuzione della presente decisione, per l'adozione delle misure consequenziali, rientrando nei poteri di questo Tribunale la nomina di un commissario ad acta e la trasmissione degli atti alla Corte dei Conti per la valutazione dei fatti, che dovessero condurre a tale ulteriore fase del giudizio. Le spese di consulenza tecnica sono state poste a carico del Comune. ( T.A.R. Sicilia Catania, sez. III, 19.8.2011, n. 2102, DG, 2011).
L'art. 43, d.p.r. n. 327/2001, ribadisce il principio per il quale, nel caso di occupazione sine titulo, vi è un illecito il cui autore ha l'obbligo di restituire il suolo e di risarcire il danno cagionato, salvo il potere dell'Amministrazione di fare venire meno l'obbligo di restituzione ab extra, con l'atto di acquisizione del bene al proprio patrimonio. In altri termini, a parte l'applicabilità della disciplina civile sull'usucapione (per la quale il possesso ultraventennale fa acquistare all'Amministrazione il diritto di proprietà pur in assenza dell'atto di natura ablatoria), l'art. 43 testualmente preclude che l'Amministrazione diventi proprietaria di un bene in assenza di un titolo previsto dalla legge.
Analogo principio è riaffermato dall’art. 42 bis.
Nella fattispecie il ricorrente è tuttora proprietario dei suoli che il comune ha occupato per la realizzazione dell'impianto di incenerimento dei rifiuti.
Di conseguenza il comune detiene tali suoli illecitamente ed è tendenzialmente obbligato a restituirli previa rimessione allo stato pristino, salvo che ne acquisti la proprietà facendo ricorso al potere attribuiti dalla norma.
L'unico danno allo stato risarcibile è quello derivante dallo spossessamento dei suoli e, venendo in rilievo un illecito permanente deve essere respinta l'eccezione di prescrizione.
Per la determinazione dell'importo dovuto è decisiva la verifica se il comune intenda acquisire la proprietà dell'area, ovvero se intenda restituirla al ricorrente, fermo restando il suo diritto al risarcimento dei danni per il periodo di mancata utilizzazione del fondo.
Il quantum deve essere  determinato dal comune in base alle disposizioni sostanziali del testo unico sugli espropri.
Il valore da corrispondere al privato, dovrà tenersi conto di quello di mercato dell'immobile, individuato "non già alla data di trasformazione dello stesso (non potendo più individuarsi in tale data, una volta venuto meno l'istituto della c.d. accessione invertita, il trasferimento della proprietà in favore dell'Amministrazione), e nemmeno a quella di proposizione del ricorso introduttivo (non potendo, come detto, ravvisarsi in tale atto un effetto abdicativo), bensì alla data in cui sarà adottato il più volte citato atto transattivo, di qualsiasi tipo, al quale consegua l'effetto traslativo de quo"  (Consiglio di Stato, sez. IV, 28 gennaio 2011, n. 676)
In relazione poi al danno intervenuto medio tempore, e quindi a quello conseguente dall'illegittima occupazione, intercorrente tra i termini iniziali e finali sopra precisati, "i danni da risarcire corrisponderanno agli interessi moratori sul valore del bene, assumendo quale capitale di riferimento il relativo valore di mercato in ciascun anno del periodo di occupazione considerato; le somme così calcolate andranno poi incrementate per interessi e rivalutazione monetaria dovuti dalla data di proposizione del ricorso di primo grado fino alla data di deposito della presente sentenza". Consiglio di Stato, sez. IV, 01/06/2011, n. 3331

L’ottemperanza

La sentenza della Corte Cost. n. 293 del 2010, nel rilevare un eccesso di delega e nel dichiarare l'incostituzionalità dell'art. 43, ha fatto tornare l'ordinamento ad una peculiare situazione, in cui di certo da un lato non poteva disconoscersi il perdurante diritto di proprietà del titolare, malgrado la avvenuta costruzione dell'opera pubblica o di interesse pubblico, e dall'altro non poteva negarsi l'immanente potere di disporre l'esproprio in sanatoria, per evitare la demolizione di quanto costruito a spese della collettività e che, se del caso, ancora risultava conforme alle esigenze di questa.
L'art. 42 bis del  d.l. 98 del 2011, conv. l. 111/2011, ha dunque reintrodotto il potere discrezionale già disciplinato dall'art. 43.
L'Amministrazione, valutati gli interessi in conflitto, possa disporre, con formale provvedimento, l'acquisizione del bene, con la corresponsione al privato di un indennizzo per il pregiudizio subito, patrimoniale e non patrimoniale; al comma 8 prevede poi che le sue disposizioni "trovano altresì applicazione ai fatti anteriori", sicché esso si applica senza alcun dubbio anche nella fattispecie in esame.
L’Amministrazione ha dunque l'obbligo giuridico di far venir meno la occupazione sine titulo e cioè deve adeguare la situazione di fatto a quella di diritto. Consiglio di Stato, sez. IV, 01/06/2011, n. 3331.
Essa o deve restituire i terreni ai titolari, demolendo quanto realizzato e disponendo la riduzione in pristino, oppure deve attivarsi perché vi sia un titolo di acquisto dell'area da parte del soggetto attuale possessore.
In assenza di atti di natura ablatoria ex art. 42 bis o di contratti di acquisto delle relative aree, sussiste il potere dovere del giudice amministrativo  di avvalersi, anche per il tramite del commissario ad acta, e di disporre - con le necessarie cautele per la pubblica incolumità - la materiale rimozione, anche con l'esplosivo, delle opere che attualmente risultano senza titolo.
Nel giudizio di ottemperanza il g.a. può avvalersi dei propri poteri tipici della giurisdizione di merito e dunque tenere in debito conto le esigenze di interesse pubblico che militano - in attesa delle determinazioni da fare assumere ai sensi dell'art. 42 bis - nel senso del provvisorio mantenimento del nodo stradale ormai completato e da tempo aperto al pubblico transito.
Il g.a. nella fattispecie ha disposto che:
a) entro il termine di novanta giorni (decorrente dalla comunicazione o dalla previa notifica della presente sentenza), il commissario ad acta trasmetta ai proprietari l'avviso di avvio del procedimento previsto dall'art. 42 bis del testo unico degli espropri, consentendo loro, entro un termine non inferiore a sette giorni, di rappresentare il loro punto di vista sia sulla complessiva vicenda e sulla sussistenza o meno di un interesse pubblico, tale da giustificare l'emanazione dell'atto di acquisizione, sia sul valore dell'area in questione (specificando il suo ipotizzato valore complessivo ovvero computandolo a metro quadrato);
b) decorsi i medesimi termini, entro i successivi sessanta giorni, il commissario:
b1) debba emanare il formale provvedimento di acquisizione dell'area, ai sensi dell'art. 42 bis, disponendo l'onere a carico della società che sarebbe risultata beneficiaria nel caso di emanazione del decreto di esproprio
b2) in alternativa, debba emettere un atto formale (di cui assumerà tutte le responsabilità), in cui dichiari che la p.a. non ritiene sussistenti i presupposti di emanazione dell'atto di acquisizione previsto dall'art. 42 bis, contestualmente dandone notizia al Genio Civile affinché tale organo si rechi sul posto e nel minore tempo possibile disponga la materiale demolizione del tracciato stradale, nonché alla procura competente della Corte dei Conti, affinché essa sia informata delle vicende che hanno condotto allo sperpero del denaro pubblico.
Il commissario, non appena avrà emanato uno dei due provvedimenti da emanare in alternativa come previsto dalle precedenti lettere b1) e b2), invierà una articolata e documentata relazione al g.a.
Ove tale termine trascorra inutilmente, senza atti formali, della vicenda sarà data notizia alla procura della Repubblica presso il Tribunale
In altra fattispecie il giudice amministrativo ha deciso che:
a) entro il termine fissato decorrente dalla comunicazione  il comune e ricorrente  possono addivenire ad un accordo, in base al quale la proprietà dei suoli venga trasferita al comune e al ricorrente corrisposta la somma specificamente concordata;
b) ove tale accordo non sia raggiunto entro il termine, il comune - entro i successivi sessanta giorni – può emettere un formale e motivato decreto, con cui dispone o la restituzione dell'area a suo tempo occupata, previa rimessione allo stato pristino, ovvero l'acquisizione di questa al suo patrimonio indisponibile, ai sensi dell'art. 43.
Nel caso di restituzione dell'area, il comune è tenuto a risarcire il danno relativo al periodo della sua utilizzazione senza titolo (cioè dalla data di scadenza dei termini di occupazione legittima e sino a quella della effettiva restituzione), danno che, in difetto di indicazioni da parte del ricorrente circa i redditi che egli ritraeva dal bene, può essere stimato in misura corrispondente agli interessi legali sul valore di mercato dei suoli a decorrere dal giorno in cui ciascuna occupazione è divenuta illecita.
Se invece le parti non concludano alcun accordo e il comune neppure adotti un atto formale volto alla restituzione o alla acquisizione dell'area in questione, decorsi i termini sopra indicati il ricorrente  può chiedere alla Sezione l'esecuzione della presente sentenza, per la conseguente adozione delle misure consequenziali
c) rientra nei poteri della Sezione la nomina di un commissario ad acta e la trasmissione degli atti alla Corte dei Conti, per la sua valutazione dei fatti (T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 20.5.2008, n. 576, FATAR, 2008, 5, 1362).

La comunicazione alla Corte dei Conti

L’autorità che emana il provvedimento deve darne comunicazione alla Corte dei Conti perché si attivi qualora riscontri nei comportamenti tenuti dall’amministrazione un danno erariale.
La richiesta di intervento dicontrollod ella Corte dei Conti prima ritenuto una facoltà della p.a . è ora ritenuto un obbligo , ex  art. 42 bis, co. 7, d.p.r. 8.6.2001, n. 327.
La giurisprudenza  ritiene che la ratio sia quella di garantire che l'espropriazione della proprietà privata per scopi di pubblica utilità non si trasformi in un danno ingiusto a carico del cittadino e che l'ablazione del bene ed i connessi effetti indennitari e/o risarcitori conseguano necessariamente ad un formale provvedimento della p.a.
Quanto all'accertamento dell'elemento soggettivo della responsabilità extracontrattuale, poiché il soggetto danneggiato può limitarsi ad indicare gli elementi costituenti indici presuntivi della colpa della pubblica amministrazione, sulla quale incombe l'onere di provare il contrario, ovvero la sussistenza di un errore scusabile.
La conduzione negligente del procedimento espropriativo che  non rispetta l'iter di formazione della deliberazione di localizzazione, secondo un costante indirizzo giurisprudenziale, e in carenza di dimostrazione circa la sussistenza di un eventuale errore scusabile da parte del Comune, fa presumere sussistente anche l'elemento soggettivo dell'illecito procedimento ablativo.( T.A.R. Sicilia Catania, sez. III, 19.8.2011, n. 2102, DG, 2011).

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