mercoledì 28 marzo 2012

Atto amministrativo. Revoca. Obbligo d’indennizzo. L’illegittimità comporta il risarcimento del danno.

L’art. 21 quinquies l. 241/1990, prevede che per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge.
La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti.
Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere al loro indennizzo.
La giurisprudenza (Cos. Stato, Sez. V, n. 283/2011, n. 2244/2010) ha già avuto modo di affermare che il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge, in via alternativa, o per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario.
Tale provvedimento, assunto in esercizio di potere di autotutela, deve essere adeguatamente motivato, in particolare allorché incide su posizioni in precedenza acquisite dal privato, non solo con riferimento ai motivi di interesse pubblico che giustificano il ritiro dell’atto, ma anche in considerazione delle posizioni consolidate e all’affidamento ingenerato nel destinatario dell’atto da revocare.
L’obbligo di indennizzo, gravante sulla P.A., ex art. 21 quinquies l.241/1990, non presuppone elementi di responsabilità della stessa, ma si fonda su valori puramente equitativi considerati dal legislatore, onde consentire il giusto bilanciamento tra il perseguimento dell’interesse pubblico attuale da parte dell’amministrazione e la sfera patrimoniale del destinatario (incolpevole) dell’atto di revoca, di cui non possono essere addossati integralmente i conseguenti sacrifici.
Attualmente l’attribuzione dell’indennizzo a favore del soggetto che direttamente subisce il pregiudizio presuppone innanzitutto la legittimità del provvedimento di revoca, atteso che in caso di revoca illegittima subentra eventualmente, sussistendone gli ulteriori presupposti, la diversa ipotesi di risarcimento del danno (Cons.Stato, Sez.V, n.7334/2010 e Sez. VI n.5266/2009).
L’indennizzo spettante al soggetto direttamente pregiudicato dalla revoca di un provvedimento va circoscritto al “danno emergente”, sia perché ciò è espressamente stabilito dalla norma, sia perché esso risponde ai principi generali in tema di obbligo di indennizzo da parte della P.A. per pregiudizio derivante da sua attività legittima o lecita, sia perché esso costituisce applicazione particolare di una previsione in via generale introdotta per le conseguenze dell’esercizio del potere di autotutela. (Cons. Stato Sez. IV, n. 662/2012).
Diversamente, l’obbligazione della P.A. per responsabilità contrattuale o extracontrattuale ha natura risarcitoria e, nel caso della responsabilità precontrattuale si fonda ai sensi dell’art. 1337 c.c., sulla violazione dei principi di correttezza e buona fede “nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto”.
Ai fini della configurabilità della responsabilità precontrattuale della P.A. non si deve tener conto della legittimità dell’esercizio della funzione pubblica cristallizzato nel provvedimento amministrativo, ma della correttezza del comportamento complessivamente tenuto dall’Amministrazione durante il corso delle trattative e della formazione del contratto, alla luce dell’obbligo delle parti di comportarsi secondo buona fede ai sensi dell’art. 1337 c.c (Cons.Stato, Sez.V n.5245/2009).
Il danno risarcibile a titolo di responsabilità precontrattuale da parte della P.A a seguito della mancata stipula del contratto deve intendersi limitato: a) al rimborso delle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative svolte in vista della conclusione del contratto (danno emergente); b) al ristoro della perdita, se adeguatamente provata, di ulteriori occasioni di stipulazione con altri contratti altrettanto o maggiormente vantaggiosi, impedite proprio dalle trattative indebitamente interrotte (lucro cessante), con esclusione del mancato guadagno che sarebbe stato realizzato con la stipulazione e l’esecuzione del contratto (ex plurimis Cons. Stato. Sez. IV, n. 2680/2008, n. 1667/2008 e Cons. Giust. Sicilia n.63/2011).
La responsabilità precontrattuale comporta obbligo di risarcimento del danno nei limiti del cd. interesse negativo, e cioè dell’interesse del soggetto a non essere leso nell’esercizio della sua libertà negoziale (laddove l’interesse positivo è interesse all’esecuzione del contratto). Va pertanto fornita la prova dell’esistenza di ulteriori occasioni di stipulazione di altri contratti, impedite nel loro realizzarsi proprio dalle trattative indebitamente interrotte.

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