lunedì 26 marzo 2012

Class action. La normale disorganizzazione diventa sistema.


I soggetti legittimati ad agire. I presupposti dell’azione.

Il d.l. 112/2008, art. 36 estende alla pubblica amministrazione la class action e, al fine di individuare specifici strumenti di tutela nei confronti della pubblica amministrazione, ne proroga di un anno l’entrata in vigore.
Solo con l’art.. 4, L. 4 marzo 2009, n. 15, viene data delega al Governo per prevedere mezzi di tutela giurisdizionale degli interessati nei confronti delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici che si discostano dagli standard qualitativi ed economici fissati o che violano le norme preposte al loro operato.
La delega è stata attuata con D.L.vo 20 dicembre 2009 n.198. C.E: Gallo La class action nei confronti della pubblica amministrazione, in Urb App.,5,2010, 501
L’art. 1,afferma che sono legittimati ad agire i titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori possono agire in giudizio.
Si tratta di una legittimazione riconosciuta non soltanto al titolare di una interesse individuale in sé ma anche a colui vuole fare valere in giudizio l’interesse di una categoria alla quale appartiene nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei concessionari di servizi pubblici.
L’interesse pare essere limitato dalla dizione dello stesso articolo che ammette l’azione solo se , se derivi una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi: la dizione è diversa da quella contenuta dalla delega che riconosce l’azione per la lesione di interessi giuridicamente rilevanti.
La limitazione di tutela è evidente nell’interpretazione giurisprudenziale. Essa afferma, ad esempio, che i regolamenti possono formare oggetto di autonoma ed immediata impugnazione solo quando sono suscettibili di produrre, in via diretta ed immediata, una concreta ed attuale lesione dell'interesse di un determinato soggetto. Le disposizioni regolamentari possono essere impugnate soltanto congiuntamente al provvedimento applicativo, poiché è soltanto questo a rendere attuale e certa la lesione dell'interesse protetto. T.A.R. Toscana Firenze, sez. II, 6 novembre 2009, n. 1586.


L’oggetto dell’azione.

L’oggetto dell’azione è dato dalla violazione di termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento, dalla violazione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi ovvero dalla violazione di standard qualitativi ed economici stabiliti, per i concessionari di servizi pubblici, dalle autorità preposte alla regolazione ed al controllo del settore e, per le pubbliche amministrazioni
La dottrina intravede una limitazione rispetto a quanto previsto dalla legge delega cha si limita a consentire l’azione in carenza di emanazione di atti generali.
Fissando l’azione solo nel caso di ai generali che devono essere emanati per legge entro termini prefissati la limitazione è evidente nei casi - e sono la maggioranza - in cui la legge lascia l’emanazione del’atto alla discrezionalità della amministrazione essendo così impossibile agire contro l’inerzia dell’amministrazione
C.E: GALLO La class action op. cit., in Urb App.,5,2010, 505.

La fase amministrativa.

Per esercitare la class action il ricorrente deve esperire un preventivo tentativo per costringere l’amministrazione ad intervenire autonomamente in via di autotutela
Il ricorrente, pertanto, deve notificare preventivamente una diffida all'amministrazione o al concessionario ad effettuare, entro il termine di novanta giorni, gli interventi utili alla soddisfazione degli interessati.
La diffida è notificata all'organo di vertice dell'amministrazione o del concessionario, che assume senza ritardo le iniziative ritenute opportune, individua il settore in cui si e' verificata la violazione, l'omissione o il mancato adempimento
L’amministrazione deve curare che il dirigente competente provveda a rimuoverne le cause.
Tutte le iniziative assunte sono comunicate all'autore della diffida.
Le pubbliche amministrazioni determinano, per ciascun settore di propria competenza, il procedimento da seguire a seguito della notifica della diffida.
L'amministrazione o il concessionario destinatari della diffida, se ritengono che la violazione, l'omissione o il mancato adempimento sono imputabili altresì ad altre amministrazioni o concessionari, invitano il privato a notificare la diffida anche a questi ultimi.
Il ricorso è proponibile se, decorso il termine di novanta giorni l'amministrazione o il concessionario non ha provveduto, o ha provveduto in modo parziale, ad eliminare la situazione denunciata.
Il ricorso può essere proposto entro il termine perentorio di un anno dalla scadenza del termine fissato dalla diffida .
Il ricorrente ha l'onere di comprovare la notifica della diffida e la scadenza del termine assegnato per provvedere, nonché di dichiarare nel ricorso la persistenza, totale o parziale, della situazione denunciata, ex art. 3, D.L.vo 20 dicembre 2009 n.198.
Il ricorrente non è, invece, soggetto all’esperimento del tentativo di conciliazione previsto come obbligatorio
dal 20 marzo 2011, ex art. 5 , D.L.vo 4 marzo 2010 , n.28.

La tutela sulla disorganizzazione degli uffici.

Esaurita la fase amministrativa l’istante può inoltrare il ricorso alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Centofanti N. e Centofanti P. e Favagrossa M..Formulario del diritto amministrativo 2012, 245.
L'art. 1 d.lgs. 198/2009 - attuazione dell'art. 3 della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici - dispone che, al fine di ripristinare il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio, i titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori possono agire in giudizio nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei concessionari di servizi pubblici, se derivi una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi, dalla violazione di termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento, dalla violazione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi ovvero dalla violazione di standard qualitativi ed economici stabiliti, per i concessionari di servizi pubblici, dalle autorità preposte alla regolazione ed al controllo del settore e, per le pubbliche amministrazioni, definiti dalle stesse in conformità alle disposizioni in materia di performance contenute nel decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, coerentemente con le linee guida definite dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 del medesimo decreto e secondo le scadenze temporali definite dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.
Il comma 1-bis dell'art. 1 stabilisce che, nel giudizio di sussistenza della lesione, il giudice tiene conto delle risorse strumentali, finanziarie e umane concretamente a disposizione delle parti intimate.
Nella fattispecie il T.A.R. - pur ritenendo che quanto prospettato dai ricorrenti circa la concreta esigenza di una celere implementazione del personale di magistratura ed amministrativo presso il Tribunale Amministrativo sia meritevole di adeguata considerazione in sede amministrativa - rileva nondimeno che, in presenza di altre sedi giudiziarie con scoperture pari o superiori a quella manifestata dalla sede giudiziaria in discorso, trova necessariamente applicazione il richiamato comma 1 bis dell'art. 1 d.lgs. 198/2009, secondo cui, nel giudizio di sussistenza della lesione, il giudice tiene conto delle risorse strumentali, finanziarie ed umane concretamente a disposizioni delle parti intimate.
Ne consegue che, tenendo conto delle risorse a disposizione sia del Ministero della Giustizia, per quanto attiene al personale amministrativo, sia del CSM, per quanto attiene al personale di magistratura, la lesione deve essere esclusa. T.A.R. Roma Lazio , sez. I, 13. 2. 2012, n. 1416.
D'altra parte, ove si dovesse ritenesse la lesione sussistente per ogni accertata situazione di scopertura di una sede giudiziaria rispetto alla pianta organica, si perverrebbe alla paradossale e non accettabile conclusione che tutte le azioni collettive, riferite ad ogni distretto, dovrebbero essere accolte, a prescindere dall'entità della scopertura, con conseguente obbligo di ripianamento della stessa anche in assenza delle relative risorse umane e strumentali, atteso che il numero complessivo di personale di magistratura e di personale amministrativo a livello nazionale costituisce una variabile indipendente nel giudizio.
In altri termini, in presenza di un dato esogeno, costituito dal numero complessivo di personale a livello nazionale inferiore a quello previsto dalla somma delle piante organiche relative ad ogni distretto, la mera sussistenza di una scopertura a livello locale non può di per sé sola determinare una lesione dell'interesse tale da determinare l'accoglimento del ricorso a ciò ostandovi la norma contenuta nel richiamato comma 1 bis dell'art. 1 d.lgs. 198/2009, evidentemente ispirato al principio di cui al brocardo ad impossibilia nemo tenetur.
In tal maniera la struttura legittima sé stessa poiché nessun altro può contestare lo schema organizzativo prescelto

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