giovedì 15 marzo 2012

Espropriazione. Riduzione dell’indennità in rapporto alla dichiarazione ICI.

L'art. 16 del d.lg. 504/1992, ispirandosi al principio per il quale non può essere riconosciuta ad un soggetto una indennità di esproprio che abbia un valore superiore a quello dichiarato dalla stesso soggetto ai fini fiscali, prevede che l'indennità di esproprio sia ridotta ad un importo pari al valore denunciato nell'ultima dichiarazione ICI.
Lo stesso principio è stato ribadito dall’art. 37, 7° e 8° co., d.p.r. 327/2001 (Centofanti N. L’espropriazione per pubblica utilità 2009, 513).
La norma afferma che l'indennità è ridotta ad un importo pari al valore indicato nell'ultima dichiarazione o denuncia presentata dall'espropriato ai fini dell'imposta comunale sugli immobili prima della determinazione formale dell'indennità nei modi stabiliti dall'art. 20, comma 3, e dall'art. 22, comma 1 e dell’art. 22 bis, qualora il valore dichiarato risulti contrastante con la normativa vigente ed inferiore all'indennità di espropriazione come determinata in base ai commi precedenti.
La norma mira a ristorare il proprietario del pregiudizio a lui derivante nel caso in cui l'imposta versata nei cinque anni precedenti all'espropriazione, conteggiata sul valore venale del bene, sia superiore a quella che sarebbe risultata se fosse stata calcolata sull'indennità di espropriazione effettivamente corrisposta; né tale disciplina, nella parte in cui non si applica al periodo di tempo antecedente agli ultimi cinque anni rispetto alla data dell'espropriazione, pone dubbi di legittimità costituzionale in riferimento agli art. 2, 3 e 53 cost.
(Cass. Civ., sez. trib., 4.10.2004, n. 19750).
Per contro l'ammontare discendente dai criteri di legge è suscettibile di riduzione, ai sensi dell'art. 16, 1° co., d.lg. 30.12.1992, n. 504, qualora l'espropriante provi che l'espropriato ha presentato denuncia ai fini dell'imposta comunale sugli immobili inferiore al valore disposto per legge (Cass. Civ., sez. I, 9.5.2006, n. 10682).
Altra giurisprudenza ha ribadito che l'evasione dell'I.C.I. non impedisce al soggetto espropriato di ottenere l'erogazione dell'indennità (Corrado L.R., Espropriazione per pubblica utilità: l'evasore dell'Ici non perde il diritto all'indennità. Nota a Cass. Civ., sez. I, 3.1.2008, n. 19, in Dir. Giust., 2008, 20, 1).
Il diritto all'indennità di esproprio non va penalizzato in caso di omessa od infedele dichiarazione I.C.I.
La disciplina che regola il rapporto tra i due istituti, va interpretata nel senso che l'evasore totale non perde il suo diritto all'indennizzo espropriativo, ma è unicamente destinato a subire le sanzioni per l'omessa dichiarazione e l'imposizione per l'I.C.I. che aveva tentato di evadere, potendo l'erogazione dell'indennità di espropriazione intervenire solo dopo la verifica che essa non superi il tetto massimo ragguagliato al valore accertato per l'I.C.I. stessa, ed a seguito della regolarizzazione della posizione tributaria con concreto avvio del recupero dell'imposta e delle sanzioni.
Analogamente l'evasore parziale resta soggetto alle stesse conseguenze per il minor valore dichiarato e, salva rettifica da parte dello stesso proprietario, il comune può procedere ad accertamento del maggior valore del fondo agli effetti tributari per poi commisurare, in via definitiva, l'indennità espropriativa che, quindi, non va liquidata con riferimento alla dichiarazione infedele”
La questione di legittimità costituzionale dell'art. 16 del d. lg. 504 del 1992 è apparsa rilevante e non manifestamente infondata per cui le Sezioni Unite della Cassazione hanno chiesto lumi alla Consulta.
Tale impostazione, portata alle estreme conseguenze, finisce per svuotare il diritto di proprietà rendendo il terreno edificabile soggetto ad una vera e propria confisca. Il problema di fondo, quindi, riguarda la legittimità della norma nella parte in cui rende possibile "l'esproprio a costo zero” del suolo edificabile (Palombella D. Il proprietario dell'area edificabile non versa l'ICI? Allora non ha diritto all'indennità. Nota a Cass. Civ., sez. un.,, 14.4.2011 n. 8489, Dir e Giust., 2011, 184).
Secondo le Sezioni Unite la norma può presentare dei profili di illegittimità costituzionale nella parte in cui prevede l'azzeramento dell'indennità di esproprio nel caso di evasione totale. La sanzione, in tale ipotesi, potrebbe apparire sproporzionata rispetto alla violazione effettuata dal proprietario svuotando di contenuti il diritto di proprietà
È rilevante e non manifestamente infondata la q.l.c. del d.p.r. 8 .6.2001 n. 327, art. 37, comma 7, nella parte in cui, in caso di omessa dichiarazione/denuncia I.C.I. o di dichiarazione/denuncia di valori assolutamente irrisori, non stabilisce un limite alla riduzione dell'indennità di esproprio, idoneo ad impedire la totale elisione di qualsiasi ragionevole rapporto tra il valore venale del suolo espropriato e l'ammontare della indennità, pregiudicando in tal modo anche il diritto ad un serio ristoro, spettante all'espropriato, con riferimento all'art. 117 cost., comma 1, e art. 42 cost., comma 3, anche in considerazione del disposto dell'art. 6 e dell'art. 1, del primo protocollo addizionale della convenzione Europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali”
La Corte Costituzionale ha successivamente dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504. La norma censurata, nell’interpretazione offerta dalle Sezioni Unite civili, viola sia l’art. 42, terzo comma, Cost., sia l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 1 del primo protocollo addizionale alla CEDU. La disciplina stabilita dall’art. 16 non è, infatti, compatibile con il citato nucleo minimo di tutela del diritto di proprietà, in quanto non contempla alcun meccanismo che, in caso di omessa dichiarazione/denuncia ICI, consenta di porre un limite alla totale elisione di tale indennità, garantendo comunque un ragionevole rapporto tra il valore venale del suolo espropriato e l’ammontare della indennità. Peraltro, tale vulnus si determina anche per il caso di dichiarazione/denuncia di valori irrisori, o di valori che potrebbero condurre comunque ad elidere il necessario vincolo di ragionevolezza e proporzionalità fra il comportamento tributario illecito e la sanzione, e quindi la pronuncia di illegittimità costituzionale deve necessariamente riguardare anche siffatto profilo della disciplina. Resta ferma la discrezionalità del legislatore di stabilire sanzioni che, eventualmente, incidano anche sull’indennità di espropriazione, purchè non realizzino una sostanziale confisca del bene, sacrificando illegittimamente il diritto di proprietà all’esclusivo interesse finanziario leso dal contribuente, tenuto conto della diversità di procedimenti e di garanzie che sovrintendono all’accertamento tributario ed alle relative sanzioni, peraltro già autonomamente previste dal d.lgs. n. 504 del 1992. (Corte Cost., 22.12.2011, n. 338, in Red. Giuffrè 2011).

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