sabato 17 marzo 2012

Permesso di costruire in sanatoria. Diniego. Motivazione. Integrazione nel corso del giudizio.

Provvedimento amministrativo. Diniego di permesso di costruire in sanatoria. Motivazione. Integrazione nel corso del giudizio.

L'esistenza di una condizione ostativa alla sanatoria edilizia prevista espressamente dalla legge, in presenza della quale l'azione dell'amministrazione risulta rigidamente vincolata alla pronuncia legittima il diniego permesso di costruire in sanatoria. Centofanti N., Diritto urbanistico, 2007, 602.
Si pone il problema se sia consentito integrare la motivazione dell'atto impugnato anche in corso di giudizio.
Il nuovo atto, costituente una integrazione della motivazione del provvedimento originariamente impugnato, pone il problema della ammissibilità di una motivazione postuma che si aggiunga a quella precedentemente utilizzata dall'amministrazione.
Un primo orientamento giurisprudenziale (Tar Aosta 63/2008) - che risulta però minoritario in giurisprudenza - ribadisce con fermezza il tradizionale divieto per la PA di integrare la motivazione dei propri atti, anche dopo l'introduzione dell'art. 21 octies della L. 241/90 che dichiara nona annullabile il provvedimento che non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato..
Si afferma che tale ultima norma abbia fatto salvi solo i vizi formali e procedimentali che inficiano l'atto, ma non anche quelli sostanziali (al novero dei quali sarebbe riconducibile il difetto o l'insufficienza della motivazione).
Altro orientamento - certamente prevalente - appare, invece, assestato su conclusioni del tutto opposte, che aprono le porte all'integrazione postuma della motivazione. T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 17/11/2011, n. 2691Red. amm. TAR 2011, 11
Viene precisato che la motivazione suppletiva non può essere contenuta ed introdotta validamente in giudizio attraverso una memoria difensiva dell'Amministrazione (T.A.R. Palermo 14041/2010), mentre occorrerebbe a tal fine l'adozione di un nuovo atto amministrativo che si inserisca nel medesimo procedimento e contenga - ad integrazione di quello impugnato - un ulteriore supporto motivatorio (Tar L'Aquila, 455/2008). In tale ultimo caso - si precisa - l'effetto "sorpresa" inevitabilmente ingenerato nel destinatario verrebbe comunque controbilanciato dalla possibilità di reagire in via giurisdizionale contro il nuovo atto amministrativo attraverso l'istituto dei motivi aggiunti, con la conseguenza che la nuova motivazione risulterà legittima e non porterà all'annullamento dell'atto ove il ricorrente non abbia tempestivamente proposto i suddetti motivi aggiunti .
Un terzo indirizzo (Cons. Stato, V, 5271/2007) tende a contemperare il tradizionale divieto di motivazione postuma con l'art. 21 octies della L. 241/90 e ritengono ammissibile la motivazione suppletiva solo se introdotta al fine di dimostrare in giudizio che "il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato", con conseguente irrilevanza - ai fini dell'annullamento giurisdizionale - della carente motivazione censurata dal ricorrente.
Su quest'ultimo filone si inseriscono le pronunce che fanno leva esclusivamente sulla natura vincolata del provvedimento per giustificare la legittimità (o meglio la non patologicità) della "integrazione in corso di giudizio della motivazione in considerazione della natura vincolata del provvedimento di diniego di titolo edilizio gravato e della circostanza che tale provvedimento non sia del tutto sfornito di un substrato motivazionale posto che l'istanza di concessione edilizia presentata dal ricorrente sia stata rigettata a motivo del contrasto della scala esterna "con le norme tecniche di attuazione della variante al p.r.g. per le zone territoriali omogenee "E"," (T.AR. Venezia 2392/2010).

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