mercoledì 21 dicembre 2011

Segnalazione certificata di inizio attività. Tutela del terzo 8/12/2011

La previsione dell'art. 19 della l. 7.8.1990, n. 241, come sostituito dall'art. 49, l. 122/2010, contempla un procedimento autorizzatorio denominato segnalazione certificata di inizio attività – s.c.i.a. nel quale il consenso dell’amministrazione è dovuto per lan presenza dei presupposti di legge posti in essere dal richiedente.
L’attività amministrativa è da considerarsi vincolata  e l’esame della richiesta presentata dal privato non può entrare nel merito del provvedimento. Il contenuto stesso dell’attività è contemplato nella segnalazione.
L’amministrazione non ha alcun margine di discrezionalità nella sua azione poiché deve solo prendere atto che l’attività denunciata sia conforme ai dettati di legge.
Il più recente  indirizzo giurisprudenziale ritiene che la d.i.a. e la scia che la ha sostituita, siano impugnabili direttamente dal terzo entro 60 giorni dalla conoscenza del consenso. La svolta è giustificata dal dettato normativo degli art. 21 quinquies e 21 nonies, l. 241/1990, intr. art. 3, l80/2005, che prevedono il potere dell’amministrazione di compiere atti di autotutela. Centofanti N. e Centofanti P., La nuova disciplina del silenzio della p.a.., Maggioli, Rimini, 2011, 160 e 174.  
L’art. 19, comma 6-ter, della L. 7 agosto 1990, n. 241, mod. dall’art. 6, comma 1, lett. c), D.L.vo 138/2011, dispone che la segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività si riferiscono ad attività liberalizzate.
Esse non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Gli interessati possono sollecitare l'esercizio delle verifiche spettanti all'amministrazione e, in caso di inerzia, esperire l'azione di cui all'art. 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104».
La disposizione corregge quanto affermato dalla  giurisprudenza.
Questa aveva ammesso che il terzo, che subisca una lesione dallo svolgimento dell'attività dichiarata con la d.i.a. in un arco di tempo anteriore al decorso del termine perentorio fissato dalla legge per l'esercizio del potere inibitorio da parte dell'Amministrazione, può esperire l'azione di accertamento tesa ad ottenere una pronuncia che verifichi l'insussistenza dei presupposti di legge per l'esercizio dell'attività oggetto della denuncia, con i conseguenti effetti conformativi in ordine ai provvedimenti spettanti all'autorità amministrativa.
L'assenza del definitivo esercizio di un potere ancora in fieri, afferendo ad una condizione richiesta ai fini della definizione del giudizio, non preclude l'esperimento dell'azione giudiziaria anche se - per evitare la violazione del principio, dettato dall'art. 34, comma 2, c.p.a., secondo cui “in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati” - è preclusa l'adozione di una sentenza di merito ai sensi del c itato capoverso dell'art. 34.
E’ possibile per il giudice adottare, nella pendenza del giudizio di merito, le misure cautelari necessarie, ai sensi dell'art. 55 c.p.a., al fine di impedire che, nelle more della definizione del procedimento amministrativo di controllo e della conseguente maturazione della condizione dell'azione, l'esercizio dell'attività denunciata possa infliggere al terzo un pregiudizio grave ed irreparabile, nonché le misure cautelari ante causam, al fine di assicurare gli effetti della sentenza di merito, in presenza dei presupposti all'uopo sanciti dall'art. 61 c.p.a. Consiglio Stato a. plen., 29/07/2011, n. 15, Red. amm. CDS, 2011, 7-8. C. LAMBERTI, L’Adunanza Plenaria si pronuncia sulla d.i.a., in Urb. App., 2011, 10.

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